Nella notte antichi guerrieri marciano sulle creste gelate del Caucaso: “Chi c’è ancora lassù sulle cime? / Sono loro, i fantasmi degli arcieri di Van”. Sono i silenziosi testimoni del nuovo dramma del popolo armeno, che si consuma in questi giorni tra le montagne del Nagorno Karabakh - Artsakh conteso con l’Azerbaigian. Versi scaturiti dal cuore e dalla mente di Antonia Arslan nel dormiveglia di una notte agitata: “Il buon sonno è stata sempre la mia difesa contro i malanni e le malattie, e ne ho avute parecchie – racconta la scrittrice –; è stato dunque abbastanza insolito per me svegliarsi nella notte qualche giorno fa. Avevo in mente la tragedia che si stava consumando nell’enclave armena del Nagorno Karabakh. Pensavo a questi giovani nelle trincee per difendere la loro terra e allo stesso tempo che questa piccola parte del popolo armeno non ha mai subito il genocidio: sentivo che venivano sconfitti, anche se non era stato ancora comunicato ufficialmente. Mi sono allora venuti in mente gli arcieri di Van, conosciuti nel medioevo come guerrieri straordinari al servizio dell’impero bizantino: all’improvviso ho sentito dentro come un fiume che mi portava, pieno d’angoscia ma anche di energia. Così ho preso un foglio e ho iniziato a scrivere”.
Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, riprese e montaggio di Elisa Speronello
L’antica città di Van, oggi in Turchia, fu anche teatro tra il 19 aprile e il 4 maggio 1915 dell’eroica resistenza della popolazione armena contro le truppe ottomane, e proprio l’intervento massiccio della Turchia a fianco dell’Azerbaigian ha risvegliato in Armenia e nelle comunità della diaspora memorie e paure mai sopite. Alla memoria del genocidio è dedicata una parte importante della produzione letteraria di Antonia Arslan, a partire da La Masseria delle allodole del 2004, trasposta in film dai fratelli Taviani e seguita da La strada di Smirne (2009), Il libro di Mush (2012) e Lettera a una ragazza in Turchia (2016). Libri che hanno contribuito a far conoscere in tutto il mondo il Medz Yeghern (‘grande crimine’), ancora ufficialmente negato dal governo turco. Strano destino per una studiosa che ha insegnato per anni letteratura italiana moderna e contemporanea all'università di Padova e che solo in tempi più recenti ha iniziato a pubblicare romanzi e, da La bellezza sia con te (2018), anche poesie.
“Il ricordo del genocidio continua ancora perché non è mai stato riconosciuto da chi l’ha perpetrato – continua Arslan –. Non si tratta solo della morte fisica ma della tragedia morale e mentale dei sopravvissuti, a cui non è concesso di affidarsi all’oblio, che non possono neppure riconciliarsi e perdonare perché nessuno ha chiesto loro scusa”. È possibile che un giorno nel Caucaso ci sia finalmente la pace? “Spero di sì, perché anche gli armeni hanno commesso errori. Avendo inaspettatamente vinto la guerra nel ‘94 conquistarono anche dei piccoli distretti di confine che sono poi serviti da zona cuscinetto. Penso che adesso questi territori siano stati in un certo senso restituiti all’Azerbaigian, e allo stesso tempo il Karabakh armeno è stato al momento risparmiato. Ha perso Shushi, una delle grandi città della Via della seta, che nell’Ottocento era chiamata la Parigi del Caucaso, ma c’è ancora la capitale Stepanakert. Il sogno è che a questo punto una trattativa serrata spinga l’Azerbaigian ad accontentarsi e che l’Artsakh possa essere riconosciuto come piccolo Stato indipendente. In fondo al mondo ce ne sono tanti, da San Marino ad Andorra, da Malta alle piccole isole oceaniche: perché non anche questo bellissimo posto con i suoi 150.000 abitanti?”.
“ Il genocidio continua perché non è mai stato riconosciuto da chi lo ha perpetrato Antonia Arslan
Arslan lancia inoltre un appello per la salvaguardia dei beni culturali della regione, in particolare le antiche chiese e i monasteri. “Il Nagorno Karabakh fu annesso all’Azerbaigian negli anni ’20 del Novecento da Stalin assieme al Nakhchivan: un altro territorio abitato da armeni che in questi cento anni è stato spogliato non solo della loro presenza fisica, ma anche di ogni resto culturale armeno. Persino i cimiteri sono stati bombardati”. La richiesta è che i siti di interesse artistico, culturale e religioso passati sotto il controllo azero vengano messi sotto la tutela dell’Unesco, nella speranza che i popoli tra il Mar Nero e il Caspio smettano di combattersi e che anche i fantasmi delle montagne possano trovare, un giorno, la pace.
Canto per una nazione che muore
Ballata caucasica
di Antonia Arslan
Chi c’è ancora lassù sulle cime?
Sono loro, i fantasmi degli arcieri di Van
Sfilano nelle nebbie di novembre.
Si trascinano nella neve sporca, gli stracci brillano di lumini di ghiaccio,
e camminano, camminano
verso quella luce lontana – ghiacciata – senza consolazione.
Non si sa dove vanno
da dove vengono.
Chi c’è ancora lassù sulle cime?
Sono loro, i fantasmi degli arcieri di Van
Non c’è donna che li accompagni
né madre.
Non ci sono più le sorelline danzanti
nei crepuscoli dorati
o le coppe di vino caldo nei crateri
gorgoglianti.
Le collane d’oro massiccio
sono sepolte e luccicano invano
in tombe sconosciute.
Chi c’è ancora lassù sulle cime?
Sono loro, i fantasmi degli arcieri di Van
Livida la terra li sostiene
nel loro andare infinito,
ma oltre le catene del male
cuore si lega a cuore
e brucia, brucia per sempre.
Chi c’è ancora lassù sulle cime?
Sono loro, i fantasmi degli arcieri di Van