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Una bussola nel mare dei dati Covid: il tasso di positività

Districarsi tra i dati, quando si parla di Covid-19, è sempre più complesso. Come abbiamo già visto è utile cercare di focalizzare l’attenzione sui parametri che possono permetterci di avere una visione chiara della situazione attuale, senza perdersi nel mare di numeri che da almeno sei mesi vengono quotidianamente sviscerati. In primis quindi, bisogna riconoscere come le statistiche quotidiane dei nuovi positivi siano riduttive e, a forza di aumenti e diminuzioni, si rischia di perdere il filo della pandemia. 

Facciamo un esempio concreto. Il 1 ottobre in Italia si sono riscontrati 2.548 nuovi positivi a fronte però di ben 118.236 tamponi, cioè quasi 13mila in più del giorno precedente.I nuovi positivi registrati il 1 ottobre quindi sono il 2,1% dei tamponi effettuati, una percentuale che non si discosta di molto rispetto al tasso di positività medio italiano riscontrato nella settimana dal 21 al 27 settembre 2020, che è stato di 1,76.

La statistica quotidiana quindi, oltre che creare un costante stato di tensione, dev’essere sempre presa per quello che è: una rappresentazione reale di un dato, considerato però in un tempo troppo ristretto per poter fare un’analisi diffusa dell’argomento. Sicuramente il dato quotidiano dei nuovi positivi può essere un punto di partenza ma, come spesso ci è capitato di notare, il dato varia molto anche da fattori non direttamente collegati con l’epidemia.

Nessun complottismo, per capire bene quest’ultima affermazione basta analizzare l’andamento del numero dei tamponi effettuati ogni giorno in Italia. Come vedete dal grafico sottostante, nonostante una tendenza crescente, che vedremo poi meglio analizzando i dati settimanali, si può notare che tutti i picchi più bassi della settimana cadano sempre di lunedì, giorno in cui è presumibile si analizzino i tamponi della domenica.

La statistica quotidiana quindi rischia, a volte, di essere anche fuorviante. Ciò su cui è interessante concentrarsi per capire come l’evoluzione dei nuovi positivi segua, e in che modo, un eventuale aumento dei test, è il tasso di positività settimanale. Il grafico sottostante mostra per l’appunto il tasso di positività, cioè quanti sono i nuovi positivi rispetto al numero di test effettuati.

Anche in questo caso, cerchiamo di fare un esempio concreto per capire di cosa stiamo parlando. Prendiamo come campione la Spagna. Nella settimana che va dal 21 al 27 settembre 2020, in Spagna sono stati effettuati 708.879 test, dei quali ne sono risultati positivi  73.714 che significa un tasso di positività del 10,19. Quello spagnolo è il secondo dato più alto dell’ultima settimana, superato solamente dalla Repubblica Ceca. L’Italia ha un tasso dell’1,76 e, anche se aumentasse di qualche punto com’è presumibile che accada questa settimana, ci potremmo assestare tra l’Irlanda e la Svezia.

Arriviamo quindi al numero di tamponi effettuati. Proprio la scorsa settimana il Comitato Tecnico Scientifico italiano ha dato il via libera all’utilizzo dei tamponi rapidi anche nelle scuole (qui per approfondire cosa sono e la loro differenza con i tamponi salivari). Rapidità significa, come dichiarato dall'immunologa dell'università di Padova e direttrice dell'istituto di ricerca pediatrica Fondazione Città della Speranza Antonella Viola “cambiare davvero le prospettive della riapertura delle scuole”.

Analizzare il numero dei tamponi effettuati quindi è importante sia per capire la capacità di monitoraggio della situazione, sia per confrontarlo con quelli dei positivi. Nella settimana presa in esame, cioè dal 21 al 27 settembre 2020, la nazione europea che ha fatto più tamponi di tutte è stato il Regno Unito (anche se il dato UK è riferito alla settimana precedente) con più di un milione di test. Al secondo posto la Francia con 924.687, seguita dalla Spagna con  750.490 e dall’Italia con 654.250 tamponi. Una classifica che però non coincide con quella dei nuovi positivi cioè i tamponi che nella 39esima settimana del 2020 hanno riscontrato tracce di RNA del virus. Al primo posto di questa lista troviamo la Francia, con 85.252, seguita dalla Spagna con 76.441 mentre l’Italia è più indietro con 11.535 casi di positività. 

 



 


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Un’ulteriore analisi, per quanto riguarda le politiche di diagnosi dei vari Paesi dell’Unione Europea, è vedere come nel tempo sia mutata la quantità di test effettuati. Il caso più emblematico è sicuramente quello del Regno Unito. Dopo un inizio avventato con delle politiche volte a non considerare così grave questa pandemia, l’UK ha di fatto mutato la sue idea, attuando una politica di screening basata su una grande quantità di tamponi. Il Regno Unito è di gran lunga il Paese che settimanalmente fa più tamponi, seguito dalla Francia, che dal 10 agosto in poi ha innalzato la sua capacità diagnostica attraverso l’uso dei tamponi, e dalla Germania, che ha preceduto l’aumento francese iniziando a fare più tamponi dall’ultima settimana di luglio.


 

Torniamo a parlare dell’Italia. L’aumento dei casi negli ultimi giorni deve preoccupare? A livello puramente numerico abbiamo capito le motivazioni per cui, nella giornata del 1 ottobre, i nuovi positivi siano stati più di 2.500. Per ora la situazione è diversa rispetto al periodo dell’inizio della pandemia, ciò non toglie che le buone pratiche che tutti noi abbiamo imparato a far nostre in ogni momento della giornata, non devono essere tralasciate, soprattutto nelle settimane in cui di fatto una buona fetta della popolazione, tra inizio scuole, università e dipendenti pubblici al 50%, ha iniziato nuovamente ad avere una quotidiana vita sociale non più solo con la propria cerchia ristretta di amici e conoscenti.

 


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