SCIENZA E RICERCA

Clima, le emissioni di CO2 continuano a crescere

Dall’inizio della rivoluzione industriale (che si fa coincidere con l’invenzione della macchina a vapore, nella seconda metà del 18° secolo) a oggi, la combustione di quantità crescenti di carbone, petrolio e gas e dall’industria, insieme alla distruzione delle foreste e alla trasformazione di uso del territorio, ha causato l’accumulo in atmosfera di anidride carbonica (CO2) e altri gas, come metano, biossido di azoto e altri gas di origine industriale. Nel 2018 la concentrazione atmosferica di CO2 ha superato 408 parti per milione, il 45% in più della concentrazione all’inizio della rivoluzione industriale e il 31% in più rispetto a 60 anni fa.

Ne è risultata una continua alterazione della fisica e della chimica dell’atmosfera, che ha portato all’effetto serra, al riscaldamento globale e al caos climatico che abbiamo di fronte. 

Le emissioni di gas-serra sono aumentate ogni decennio da una media di 11,4 miliardi di tonnellate (Gt)cdi CO2 l’anno negli anni '60 a una media di 34,4 GtCO2 l’anno nel periodo 2008-2017. Le emissioni nel 2017 avevano raggiunto 36,2 GtCO2, di cui il 40% era dovuto alla combustione del carbone, il 35% del petrolio, il 20% del gas, il 4% del cemento e l’1% del flaring, in leggera crescita rispetto al triennio 2014-2016, durante il quale c’era stata una pausa al trend di crescita delle emissioni di gas-serra.  Questa pausa aveva fatto sperare che si fosse raggiunto il picco delle emissioni clima-alteranti e che le politiche globali di riduzione delle emissioni basate sul progresso delle fonti rinnovabili di energia e dell’efficienza energetica, sui trasporti, sui rifiuti e su una migliore gestione del territorio, avrebbero piegato la curva delle emissioni verso il basso, fino ad annullarle, il prima possibile. 

Questa speranza era solo un desiderio. Alla fine del 2018 un articolo sulla rivista Earth System Science Data di un gruppo di ricercatori del Global Carbon Project, pubblicato in concomitanza con l’avvio del vertice sul clima (COP24) delle Nazioni Unite a Katowice (Polonia), ci ha detto che nel 2018 le emissioni di gas-serra da fonti fossili di energia e dall'industria hanno ripreso la loro corsa, aumentando del 2,7% rispetto al 2017 e raggiungendo la cifra record di 37,1 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, GtCO2eq.

Mentre nell’Unione Europea i gas serra sono rimasti pressoché stabili, in quasi tutti gli altri Paesi del mondo le emissioni sono cresciute, contribuendo, in misura diversa, alla crescita delle emissioni globali di gas-serra: la Cina (+ 4,7%), gli Stati Uniti (+2,5%) e l’India (+6,3%).  Gran parte dell’aumento è stato attribuito al maggior numero di veicoli sulle strade e alla ‘rinascita’ del carbone per la produzione di energia.

A questa cifra occorre poi aggiungere 4,5 miliardi di tonnellate di CO2eq che derivano dalla distruzione e degradazione delle foreste e da altre forme di trasformazione d’uso del suolo avvenute nel 2018, in leggera riduzione rispetto al 2017 e alla media del decennio 2008-2017 (5,3 GtCO2).  il 12% di tutte le emissioni.  Pertanto, le emissioni nel 2018 delle attività umane (combustibili fossili, industria, cambiamento dell'uso del suolo) sono state pari a 41,6 GtCO2 

Per effetto del rilascio in atmosfera di questa enorme quantità di gas, nel 2018 la concentrazione di CO2 in atmosfera è cresciuta ancora, fino alla quota record di 410 ppm (parti per milione), il 44% in più rispetto ai livelli preindustriali

L’Accordo di Parigi, il trattato Onu sottoscritto da 197 Paesi (tra cui l’Italia) all’interno del processo negoziale avviato con l’approvazione della Convenzione ONU sui cambiamenti climatici (UNFCCC), impegna i governi a mantenere l’aumento della temperatura media globale “ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5 °C”.  


Il processo UNFCCC in breve e gli impegni UE

La risposta politica internazionale ai cambiamenti climatici è iniziata con l'adozione, nel 1992, della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).  L’UNFCCC definisce il quadro giuridico e i principi fondamentali per la cooperazione internazionale con lo scopo di affrontare i cambiamenti climatici e con l'obiettivo di stabilizzare le concentrazioni atmosferiche di gas serra per evitare "pericolose interferenze antropogenica sul sistema climatico". 

La Convenzione, entrata in vigore il 21 marzo 1994, conta sulla partecipazione di 197 nazioni (Parties nel gergo UNFCCC).  Al fine di rafforzare l'efficacia dell'UNFCCC, nel dicembre 1997 fu adottato il protocollo di Kyoto. Esso impegna i Paesi industrializzati e i Paesi in transizione verso un'economia di mercato (38 Paesi complessivamente, tra cui l’Italia) a conseguire obiettivi quantificati di riduzione delle emissioni per un paniere di sei gas a effetto serra (anidride carbonica, metano, ossido di azoto e tre gas di origine industriale). Il protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005 e conta 192 parti. Il primo periodo di impegno ha avuto luogo dal 2008 al 2012. 

Nel 2012, fu approvato il Doha Emendment, il quale ha stabilito impegni più stringenti per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto, dal 2013 al 2020.  Per entrare in vigore, il Doha Emendment richiedeva un quorum di 144 ratifiche dalle Marti. Ad oggi, solo 121 Parti lo hanno ratificato.

Nel mese di dicembre 2015, le parti hanno adottato l'Accordo di Parigi. Secondo i termini dell'accordo, tutti i Paesi presenteranno i propri impegni nazionali di riduzione del carico di gas-serra in atmosfera (in gergo Nationally Determined Contributions, o NDC) e i progressi ottenuti in materia di mitigazione, adattamento.   I mezzi di attuazione saranno rivisti ogni cinque anni dopo aver eseguito un inventario globale dei risultati ottenuti. L'accordo di Parigi è entrato in vigore il 4 novembre 2016 e, ad oggi, 184 nazioni hanno ratificato l’accordo.

Complessivamente gli NDC dei Paesi UE mirano a ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030 rispetto a quelle registrate nel 1990, nell'ambito del più ampio quadro 2030 su clima e energia. Tutta la legislazione fondamentale per l'attuazione dell'obiettivo relativo alle emissioni 2030 è già stata adottata, compresi gli obiettivi più ambiziosi da conseguire entro il 2030 in materia di energie rinnovabili ed efficienza energetica. Qualora fosse pienamente attuata, la normativa EU potrebbe portare a una riduzione delle emissioni di gas serra dell'UE di circa il 45% entro il 2030.


Agli inizi di ottobre 2018 l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), la massima autorità scientifica mondiale sui cambiamenti climatici, ha pubblicato una sintesi del rapporto Global Warming of 1.5°C in cui, inter alia, ha confermato che dall’inizio dell’Ottocento a oggi il pianeta si è già riscaldato di 1°C; che si sta avviando pericolosamente a superare la soglia di un riscaldamento di 1,5°, enucleando le conseguenze che ciò potrebbe avere sul sistema climatico: eventi meteo estremi (ondate di calore, siccità prolungate, alluvioni, uragani, ecc.) sempre più catastrofici, frequenti ed estesi; scioglimento dei ghiacciai polari e alpini (e conseguenti impatti sulla disponibilità di acqua, sull’industria e sul turismo); distruzione e degradazione di habitat (in particolare di quelli più vulnerabili, come le barriere coralline e le aree umide); riduzione delle produzioni agricole; incendi più frequenti ed estesi;  innalzamento del livello del mare; povertà e migrazioni; estinzione di molte specie animali e vegetali. 


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Al ritmo attuale di emissioni di gas-serra, la Terra raggiungerebbe e supererebbe la soglia di 1,5°C di riscaldamento tra il 2030 e il 2052. Un ulteriore riscaldamento porterebbe il pianeta verso scenari climatici, anche per gli scienziati, ‘sconosciuti’. Più aumenta la temperatura più alti sono i rischi che s’inneschino effetti retroattivi (nel gergo: feedback positivi) devastanti: scioglimento dei ghiacciai polari e conseguente riduzione della superficie del pianeta che riflette il calore solare fuori dall’atmosfera (albedo); scioglimento del permafrost e conseguente rilascio di enormi masse di metano, un gas molto riscaldante; la perdita di vitalità del vortice polare, che potrebbe contribuire a rendere inarrestabile il caos climatico. 

L’IPCC sostiene che per stabilizzare il clima ed evitare la catastrofe occorre dimezzare il livello attuale delle emissioni di gas-serra entro il 2030 e azzerarle entro il 2050. Ciò significa che, da subito, dovremmo tagliare le emissioni di gas-serra di oltre un miliardo di tonnellate di CO2 l’anno. Ciò implica che abbiamo bisogno di un grande balzo delle fonti rinnovabili nella offerta globale d’energia. Entro il 2050 una quota compresa tra il 70% e l’85% della domanda mondiale di energia elettrica dovrà essere prodotta da eolico, solare, biomasse e altre rinnovabili. Il resto lo dovranno fare gli oceani e le foreste e gli ecosistemi naturali, ai quali è richiesto di assorbire anidride carbonica (e che quindi bisogna proteggerli) e le nuove tecnologie d’ingegneria geologica.  L’IPCC dice che non rimane molto tempo e che occorre agire subito, anche perché molti dei cambiamenti potrebbero richiedere decenni per avere un impatto globale aggregato. 

In questi anni ci sono stati progressi importanti, in tempi relativamente rapidi, anche se a macchia di leopardo, verso la decarbonizzazione e la transizione delle società e delle economie verso l’energia pulita e 100% rinnovabile. 

Purtroppo, come ritengono i ricercatori del Global Carbon Project, ulteriori aumenti delle emissioni nel 2019 sono ritenuti probabili, a causa della persistente crescita del petrolio e dell'uso di gas naturale e della forte crescita prevista per l'economia globale. 

L'uso del carbone è notevolmente diminuito negli ultimi anni, avendo potenzialmente raggiunto il picco, ma la sua traiettoria futura rimane incerta. Nonostante i progressi positivi in 19 Paesi le cui economie sono cresciute nell'ultimo decennio e le loro emissioni sono diminuite, la crescita dell'uso di energia da fonti di combustibili fossili supera ancora l'aumento di fonti e di attività a basse emissioni di carbonio.


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Una solida economia globale, un'insufficiente riduzione delle emissioni nei paesi sviluppati e la necessità di un maggiore uso di energia nei paesi in via di sviluppo in cui le emissioni pro capite rimangono molto al di sotto di quelle delle nazioni più ricche continueranno a esercitare pressioni al rialzo delle emissioni di CO2. Le emissioni massime si verificheranno solo quando le emissioni totali di CO2 fossile inizieranno finalmente a diminuire, nonostante la crescita del consumo energetico globale, con la sostituzione della produzione di energia fossile con tecnologie a bassa o nulla produzione di carbonio in rapida crescita.

Ci si aspettava che i nuovi dati sulla ripresa delle emissioni annunciati a Katowice dai ricercatori del Global Carbon Project potessero dare una spinta ai governi che si preparavano al negoziato del vertice sul clima. 

Le aspettative dalla COP24 erano tante. Katowice era l'ultima tappa per approvare il Programma di lavoro dell'Accordo di Parigi (Paris Agreement Working Programme, o PAWP) e renderlo operativo. Le nazioni si erano imposte questa scadenza nel 2016, subito dopo le ratifiche da parte di Cina e Stati Uniti (avvenute un mese prima della elezione di Donald Trump) dell’Accordo di Parigi, che avevano consentito di raggiungere un quorum minimo di Paesi e di emissioni di gas-serra per l'entrata in vigore dell’Accordo stesso.


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Purtroppo, a parte l’approvazione di un documento che definisce le regole per le nazioni per misurare, riferire e verificare i loro sforzi di riduzione delle emissioni di gas-serra, non è stato deciso molto di più.  Anche se le nazioni faranno bene il loro compito, rispettando gli impegni e le regole finora sottoscritte, in mancanza d’impegni più stringenti e in linea con le indicazioni dell’IPCC, il global warming continuerà la sua corsa, arrivando a +3°C. 

La COP24 ha dunque fallito nel fare proprie le raccomandazioni rivolte alla politica dal rapporto dell’IPCC, che avrebbero meritato una diversa accoglienza da parte dei governi presenti a Katowice. Ancora una volta, nella città polacca sono emersi i limiti della diplomazia e del processo negoziale nel complesso di fronte all’atteggiamento di Paesi come Russia, USA, Kuwait, Arabia Saudita Australia e Brasile, che intendono ritardare se non ostacolare il percorso per raggiungere gli impegni sottoscritti a Parigi.  Preoccupazioni sul destino del processo multilaterale arrivano anche dalla posizione timida tenuta a Katowice da tre Paesi chiave nelle politiche climatiche: la Gran Bretagna, distratta dalla Brexit; la Francia, alle prese con le proteste dei “Gilet Gialli”; la Germania, alle prese con le proprie difficoltà di abbandonare il carbone.

Cosa succederà ora? Io continuo a non credere che i governi nazionali e locali, le organizzazioni non-statali e i cittadini vorranno permettere un aumento senza controllo dell’effetto serra e del riscaldamento globale. Le risposte alla crisi climatica sono possibili, sia tecnicamente sia economicamente, in tutti i settori, dalla produzione di energia a quella agricola, dai trasporti alla gestione dei rifiuti. 

Purtroppo, molte persone, inclusi molti decisori politici, continuano a pensare che la protezione del clima e dell’ambiente sia incompatibile con la crescita economica. Viceversa il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio non è solo positivo per il clima, lo è anche per l'economia. Una ricerca pubblicata nel 2018 dalla Commissione Globale sull'Economia e il Clima, guidata dal noto economista Nicholas Stern, dimostra come un new deal per affrontare i cambiamenti climatici possa aprire una nuova era di crescita economica, solida, sostenibile e inclusiva: almeno 26 mila miliardi di dollari USA tra oggi e il 2030, più di 65 milioni di posti di lavoro a basse emissioni di carbonio, con il co-beneficio di limitare le oltre 700.000 morti premature l’anno dovute all'inquinamento atmosferico. Diversi Stati, sia in paesi industrializzati sia in via di sviluppo hanno affermato che la transizione verso un'economia a basso tenore di carbonio deve essere al centro dell'agenda di rivitalizzazione e di sviluppo delle economie. La Banca Mondiale investirà 200 miliardi di dollari USA per combattere i cambiamenti climatici.

Oggi le energie rinnovabili costituiscono almeno il 30% dell'approvvigionamento mondiale di energia elettrica e sono in continuo aumento. Nel 2017 l'energia rinnovabile ha contribuito per il 70% alla crescita netta della capacità di generazione d’energia globale, il più grande aumento della capacità di energia rinnovabile nella storia moderna, secondo il Global Status Report Renewables 2018 di REN21. Ma i settori del riscaldamento, del raffreddamento e dei trasporti - che insieme rappresentano circa i quattro quinti della domanda globale di energia finale - continuano a rimanere molto indietro rispetto al settore energetico.

La nuova capacità solare fotovoltaica ha raggiunto livelli record: le aggiunte solari fotovoltaiche sono aumentate del 29% rispetto al 2016, a 98 GW. Nel sistema elettrico è stata aggiunta più capacità di generazione di energia solare fotovoltaica rispetto alle aggiunte nette di capacità di carbone, gas naturale e energia nucleare combinate. L'energia eolica ha anche guidato l'adozione delle energie rinnovabili con 52 GW aggiunti a livello globale.

Nel 2017 gli investimenti in nuovi impianti di energia rinnovabile sono stati più del doppio di quelli in nuovi impianti di combustibili fossili e dell'energia nucleare messi insieme, nonostante i grandi sussidi di cui gode l’industria energetica fossili. Oltre due terzi degli investimenti nella produzione di energia elettrica sono stati sulle rinnovabili, grazie alla crescente competitività in termini di costi. E secondo gli esperti la quota di energie rinnovabili nel settore della produzione di energia elettrica dovrebbe continuare a salire.

Il settore finanziario ha avviato un percorso nuovo di distribuzione del capitale e mobilita già ora oltre 1 trilione di dollari l'anno per l'azione rivolta ad affrontare la questione climatica. La maggior parte degli investimenti viene dal settore privato. I governi, le banche private e i creditori come la Banca Mondiale devono emettere quote crescenti di "obbligazioni verdi" per finanziare gli sforzi di mitigazione del clima. Gli analisti ritengono che entro il mercato annuale aumenterà di 10 volte gli 81 miliardi di dollari di obbligazioni emesse nel 2016.

Il percorso verso la decarbonizzazione è dunque già segnato.  

Quello che è mancato (e che serve in futuro) è la volontà politica di indirizzare l’economia verso un modello a basso livello di carbonio.  Quando gli Stati Uniti entrarono nella seconda guerra mondiale, nel 1941, in pochi mesi passarono da un'economia civile a una militare. In un anno, la General Motors ha sviluppato e costruito 1.000 aerei Avengere 1.000 aerei Wildcat. Appena un anno dopo la società Pontiac ricevette un contratto dalla Marina Militare USA per costruire missili anti-aereo e da allora ha iniziato a fornire il prodotto agli eserciti di tutto il mondo. Alla fine della seconda guerra mondiale l’Italia era un Paese profondamente ferito, stanco e sfiduciato, senza prospettive. Quarant’anni dopo era diventato uno dei sette Paesi più industrializzati al mondo, con un tenore di vita tra i più alti del mondo. 

Questi due casi dimostrano che quando la volontà politica esiste è possibile attuare un cambio radicale (transfomational change) delle economie, anche nella direzione della sostenibilità ambientale, come vuole l’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile e delle strategie europee sull’economia low-carbon e circolare. 

Alcuni esperti dei negoziati hanno sostenuto che il ruolo delle organizzazioni non-statali (operanti in tutti i settori, dall’agricoltura alla finanza) e la crescita di tecniche e tecnologie energetiche e produttive verso forme più pulite e sostenibili farebbero molto di più per superare lo stallo a cui è giunta la politica climatica multilaterale e i complicati trattati internazionali.  Ne sono esempio Paesi come la Cina e l’India, che stanno andando avanti con le energie rinnovabili per ragioni interne, non perché hanno firmato un accordo


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Con o senza i governi, dunque, la strada è segnata .La prossima COP, che si svolgerà in Cile alla fine del 2019, dovrà possibilmente risolvere gli ultimi nodi lasciati irrisolti a Katowice e iniziare a lavorare sui futuri obiettivi di progressivo azzeramento delle emissioni. Ma la tappa decisiva sarà la Conferenza delle Parti 2020 (che l’Italia ha proposto ospitare), quando i Paesi dovranno rispettare la scadenza per i loro attuali impegni in materia di emissioni e produrre nuovi obiettivi per il 2030 e post-2030. Possibilmente ascoltando le grida di allarme della comunità scientifica e le loro indicazioni per procedere verso una decarbonizzazione delle società e verso una giustizia climatica.  

Spetta ora ai decisori politici tradurre gli avvertimenti e le indicazioni dell’IPCC in azioni concrete. E non sarà facileLa produzione di petrolio continua la sua corsa e, per la prima volta nella storia, è vicina a 100 milioni di barili al giorno. L'industria petrolifera si attende che la domanda salga fino al 2030.  In Germania, la cui transizione energetica è un modello per il mondo, i manifestanti sono stati malmenati dalla polizia mentre cercavano di difendere la famosa foresta di Hambacher dalla minaccia d’una miniera a cielo aperto di lignite, la forma più sporca di carbone. Nel 2017 il Canada ha raddoppiato  gli investimenti per l’estrazione di sabbie bituminose, la fonte di petrolio più sporca. Sempre il Canada ha annunciato la realizzazione di un nuovo terminal di gas naturale liquefatto da 40 miliardi di dollari. La Gran Bretagna sta portando avanti il gas fracking. La Norvegia continua l’esplorazione petrolifera nell'Artico. L’Italia prosegue con il progetto Trans-Adriatic Pipeline (TAP), il gasdotto trans-adriatico che trasporta gas estratto in Azerbaijan, attraverso Grecia, Albania e Mar Adriatico sulle coste salentine, per essere bruciato per produrre energia. In un anno in cui l’energia, viceversa, dovrebbe essere prodotta da fonti rinnovabili.

Infine, un pezzo d’informazione. Un giorno dopo la presentazione del rapporto dell’IPCC, i giudici della Corte d'Appello dell’Aia hanno confermato una precedente sentenza di condanna del governo olandese, invitandolo ad accelerare i tagli delle emissioni di carbonio. I giudici hanno stabilito che la gravità e la portata della crisi climatica richiedevano riduzioni di gas serra di almeno il 25% entro il 2020 - misurate rispetto ai livelli del 1990 - superiori al calo del 17% previsto dal governo liberale di Mark Rutte.

La sentenza metterà il vento nelle vele di una serie di casi analoghi in programma in tutto il mondo, dalla Norvegia alla Nuova Zelanda e dal Regno Unito all'Uganda. I paesi hanno l'obbligo di proteggere i loro cittadini dai cambiamenti climatici i governi non possono più fare promesse che non soddisfano. 

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