SOCIETÀ

La Costituzione italiana e la tutela dell'ambiente

Alla vigilia della giornata mondiale della biodiversità (il 22 maggio), il 19 maggio 2021 la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha approvato all’unanimità un testo che potrebbe modificare (integrare) l’articolo 9 della Costituzione italiana, il quale dal primo gennaio 1948 e ancora attualmente recita:

 

La Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Il secondo comma è progressivamente servito a tutelare il nostro paese da inquinamenti, dissesti e scempi, pur non citando espressamente ambiente ed ecologia. In molte legislature sono state presentate proposte di legge (da deputati) e disegni di legge (da senatori) per suggerire cambiamenti al testo originario; in qualche legislatura se ne è cominciato a discutere con iter legislativi in una o entrambe le camere; in almeno una legislatura si è arrivati anche abbastanza avanti nell’iter con formulazioni condivise e approvate, certo più avanti di questa attuale diciottesima legislatura 2018-2023 (si è appena concluso il terzo anno di vita sui cinque massimi previsti), mentre il voto in commissione al Senato è stato già esageratamente definito “storico” da più parti, politiche e giornalistiche. Vedremo. Sarebbe davvero auspicabile giungere tra un anno a una definitiva positiva modifica (integrazione) costituzionale. Rileggiamo il testo recentemente approvato per avviare il lungo percorso istituzionale; si tratterebbe di aggiungere ai due commi dell’articolo 9 in vigore il seguente terzo comma:

(La Repubblica…) Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni.

La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali." Ben venga! E ben vengano anche le connesse integrazioni all’articolo 41 per vincolare la libertà economica a criteri ambientali e sanitari.

In passato, la legislatura nella quale si andò più avanti fu la quattordicesima (2001-2006). Anche in quegli caso furono presentate proposte di legge costituzionale di modifica all’articolo 9 della Costituzione in materia di tutela degli ecosistemi e di promozione dello sviluppo sostenibile. Una, in particolare, fu depositata alla Camera il 17 luglio 2003, sottoscritta da circa novanta deputate e deputati di tutti i vari gruppi dell’allora centrosinistra (all’opposizione), con positiva accoglienza da parte di deputati e deputate dei gruppi della maggioranza (governativa), espressa con dichiarazioni o presentando autonomi testi nella stessa direzione. La discussione raggiunse un notevole avanzamento. Causa l’ostilità del ministro pro tempore, al Senato fu approvato il 24 settembre 2003 un primo testo che non era una buona base di partenza, piuttosto un inutile peggioramento della Costituzione italiana in materia ambientale, attraverso una citazione formale di “ambiente naturale”, peggiorativa del contesto sostanziale, giuridico e internazionale! Ne discusse solo la Commissione Affari costituzionali, non fu chiesto il parere di altre commissioni parlamentari, non furono previste audizioni esterne al parlamento. La giurisprudenza della Corte Costituzionale aveva già affermato e ottenuto molto di più per garantire ai cittadini un diritto all’ambiente. Alla Camera erano state presentate sette differenti proposte di legge sull’articolo (e altre sugli art. 2 e 32) da vari gruppi (ed anche “trasversali”), tutti consapevoli delle particolari procedure delle leggi costituzionali. La discussione a Montecitorio iniziò in modo migliore, con approfondimenti seri e spirito unitario; si concluse in aula la mattina del 28 ottobre 2004 con un consenso trasversale (favorevoli i gruppi di maggioranza e opposizione, astensione della Lega, solo 9 voti contrari) su un testo che suggeriva la seguente formulazione di un terzo nuovo comma dell’articolo 9:

La Repubblica tutela l’ambiente e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni; protegge le biodiversità e promuove il rispetto degli animali.”

Come si vede l’elaborato sanzionato in prima rilevante battuta da un ramo del Parlamento italiano nel 2004 è molto simile a quello ora concordato in una commissione nel 2021, vi sono le stesse novità di termini e concetti, quel che è utile non a migliorare nozioni del 1948, bensì a fissarne per un futuro attento a nozioni scientifiche e relativi valori da promuovere e non solo da proteggere: ambiente, ecosistema/i, biodiversità, future generazioni, animali. Il testo passò allora (sedici anni fa) dalla Camera al Senato, dove l’iter non si interruppe ma si arenò, la legislatura durò di fatto solo ancora un anno, nulla fu approvato di definitivo. Sarebbe davvero auspicabile che questa volta si vada fino in fondo, non c’è molto tempo, pur se, a differenza di venti anni fa, nell’attuale legislatura entrambi i Presidente del consiglio pro tempore, vari ministri ed esponenti dei partiti di maggioranza si sono espressi a favore di un’integrazione dell’articolo 9 coerente con la scienza dell’ecologia.

Ogni modifica della Costituzione italiana va valutata con grande attenzione e cautela, si maneggia una materia delicata e incandescente. Nell’ultimo trentennio (circa da quando si è iniziato a parlare di seconda repubblica) sono stati modificati 35 articoli della Costituzione italiana, più o meno un quarto del totale. Nello stesso periodo tre commissioni bicamerali sorte per cambiare tutta o quasi l’intera Costituzione non hanno portato nessun risultato di modifica e due volte i testi di riforma di intere parti della Costituzione sponsorizzati e fatti votare dai governi in carica sono stati bocciati dalla grande maggioranza degli elettori nel referendum “confermativo” (Berlusconi nel 2006 e Renzi 2016, in questo secondo caso con un’altissima percentuale di votanti). Ormai tutti dovrebbero aver compreso che è preferibile, se del caso, aggiornare singoli articoli piuttosto che avere la presunzione di cambiare tutto insieme sguaiatamente. Da qualche anno è stata così saggiamente abbandonata dai più l’idea di modifiche, tutte insieme in un unico blocco, di tanti articoli e addirittura di intere parti del testo. Prudenza particolare verso ogni superficialità meritano poi le singole modifiche dei primi articoli, quelli dove si affermano i principi fondamentali della nostra Repubblica, fra i quali lo stesso articolo 9. Il testo vigente ha una propria democratica storia costituzionale che va tenuta in debito conto.

La Costituzione italiana, la sua attuazione o il suo stravolgimento, la sua modifica faziosa o il suo aggiornamento unitario, non dovrebbe più essere occasioni di aspro conflitto politico-istituzionale. Quando si maneggia un oggetto prezioso, una norma fondamentale, se non ci sono condivise istruzioni per l’uso, è ancor più necessario adottare principi di cautela e di prevenzione. I due commi dell’attuale testo dell’articolo 9 vanno bene, hanno una loro acquisita interpretazione e attuazione. Possibile e maturo è integrarli con maggioranze molto ampie. Forse sarebbe stato opportuno già da vari decenni, non è mai troppo tardi se finalmente si riesce a farlo (bene) ora. Varie successive sentenze della Corte Costituzionale (omogenee nella qualificazione dell’ambiente come valore costituzionale, non sempre su tutto il resto), soprattutto dal 1986 in avanti (parallelamente alla nascita del Ministero dell’Ambiente), attraverso il combinato disposto di vari articoli (2, 3, 9, 32, 41, 42), hanno riconosciuto il bene ambientale come valore primario, assoluto e unitario, non suscettibile di essere subordinato ad altri interessi, un bene fondamentale garantito e protetto, da salvaguardare nella sua interezza. L’ambiente c’è, ormai, nella Costituzione italiana, formale e materiale. Il nostro problema principale sono le politiche ambientali, che non si fanno o si fanno male. Vale la pena toccare la Costituzione se la forma migliora e la sostanza consente di tutelare e valorizzare meglio il contesto vivente. Sarebbe importante che deputati e senatori, docenti ed esperti, associazioni e giornalisti, forze sociali e forze politiche seguissero la vicenda parlamentare dell’integrazione dell’articolo 9 in modo non episodico e scontato.

Nell’ultimo ventennio in altri paesi europei (come la Francia e la Germania) sono state introdotte modifiche costituzionali di aggiornamento scientifico condiviso. L’ecosistema è una nozione nuova, viene dalla scienza dell’ecologia, implica la convivenza e la coevoluzione di tutti i fattori biotici e abiotici, si nutre di biodiversità di piante e animali, arricchisce le abusate concezioni di progresso, di sviluppo e di crescita del PIL (nell’eterno presente) con il futuro sostenibile delle generazioni che oggi non votano. Si cerchino le migliori formulazioni, anche sulla base dei dibattiti parlamentari del passato, della comparazione con altre storie costituzionali, delle valutazioni interdisciplinari di scienziati. Si valuti se può essere utile un riferimento al diritto all’acqua (un bene comune) o ad altri aspetti per ora accantonati. Il testo varato dalla Commissione del Senato è un’ottima base di partenza, potrebbe già essere sufficiente ad arricchire e aggiornare i nostri principi fondamentali, senza pregiudizio. Pare che anche sondaggi e indagini demoscopiche confermino il consenso di un’ampia maggioranza di italiane e italiani.

Ognuno in carica oggi vuol fare qualche svolta, lasciare il segno, periodizzare la storia, personalizzare l’impegno istituzionale collettivo, fatelo con ironia e autoironia, con umiltà e pazienza, con disciplina e onore. Ci sta. Fate in fretta, tuttavia, visto che l’articolo 138 della Costituzione, prima di dire se e come serva eventualmente poi un referendum popolare, recita:

Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

E, soprattutto, acquisiamo la comune consapevolezza che oggi si passa tutti alla storia se, prima e oltre che le norme, cambiamo comportamenti pubblici e privati in merito alla riduzione delle emissioni e agli adattamenti ai cambiamenti climatici antropici globali. Ambiente, ecosistema, biodiversità, animali, future generazioni sono minacciati dal persistente uso dei combustibili fossili e non si sta facendo abbastanza per eliminarlo: raggiungere la neutralità climatica dopo il 2030 o addirittura nel 2050 sembra non tener conto della situazione drammatica e urgente. Altro che mininucleare! Greta Thunberg ha messo noi adulti maggiorenni votanti di fronte alle verità della vita contemporanea: la responsabilità umana per l’accelerato sconvolgente riscaldamento del pianeta e il ritardo accumulato nel temperarne gli effetti su tutti gli ecosistemi, una posizione suffragata da studi e previsioni. Sarebbe interessante che la stessa maggioranza ampissima che vuole integrare un articolo della Costituzione si ritrovasse ad approvare una posizione italiana ed europea più precisa e ambiziosa verso la Cop 26 di Glasgow e verso la concreta amministrazione quotidiana di trasporti ed energie a zero emissioni, di corretto uso del suolo e valorizzazione dei parchi; fatti e non solo parole.

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