SOCIETÀ

I diritti invisibili dei bambini africani

Questo breve viaggio attorno al mondo degli invisibili comincia da quelle, forse più vicine a noi, centinaia di minori che in questi anni hanno perso la vita tentando di raggiungere il nostro Paese attraversando il Mediterraneo. Nel 2018 secondo quanto riferito dall'Oim, l'agenzia internazionale per l’immigrazione, i migranti morti o dispersi nell’area del Mediterraneo, sono stati 2.952 di cui 166 i minori. Dal 2014 a oggi, invece, i corpi di minori sepolti in quello specchio di mare tra Libia e Sicilia oggi tristemente conosciuto come il ‘cimitero del Mediterraneo’, sono stati oltre 1.200. Per quelli che invece ce la fanno, tanti sono i minori stranieri non accompagnati (MNSA) che una volta raggiunta l’Italia, se non hanno figure familiari pronte ad accoglierli (come accade per la maggioranza), sono destinati a rientrare nei progetti di prima e seconda accoglienza. Altri invece vengono risucchiati nelle reti dell’immigrazione irregolare e di loro si perde ogni traccia; circa il 30% degli MSNA, infatti, scompare nei primi giorni dall’arrivo, durante la prima fase di accoglienza. I minori non accompagnati in Italia presenti e registrati, secondo l’ultimo censimento effettuato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali a giugno 2018, sono oltre13.000 (nel 2017 erano 18.300).

Spostandosi a poche centinaia di chilometri a sud del Mediterraneo, s’incontrano l’Africa e le tante ragioni che spingono molti di questi bambini a scappare, lasciando tutto senza sapere cosa li aspetterà, accettando viaggi e condizioni disperate, assecondando la paura, fingendo il coraggio, combattendo il terrore.

Quelli che possono e riescono scappano, per molti di quelli che restano, la prospettiva può essere ancora più drammatica.

Nonostante sia difficile reperire dati ufficiali che restituiscano stime realistiche sul numero di minori detenuti in Africa, secondo i dati forniti dall’ African Child Policy Forum solo quelli trattenuti tra carceri, centri di detenzione, di riabilitazione, arriverebbero a 28.000. Anche per questi numeri, quella nel continente africano, è considerata una delle più gravi violazioni dei diritti umani nella società moderna. "In Africa a molti altri bambini è negato l'accesso alla giustizia, ha spiegato Alex Kamarotos, direttore esecutivo dell’Ong Defence for Children International nel corso della conferenza dedicata all’accesso alla giustizia per i bambini africani che si è tenuta lo scorso 8 maggio ad Addis Abeba. Pratiche disumane come le pene corporali sono ancora considerate punizioni accettabili in alcuni paesi dell'Africa, e persino nel sistema di giustizia formale, alcuni bambini - specialmente ragazze, bambini con disabilità, vittime di tratta e orfani - rischiano torture, violenze sessuali e violenza. L'accesso alla giustizia – ha detto - è uno dei diritti umani fondamentali e la capacità di accedervi è una pietra miliare per la protezione dei diritti dei bambini. Purtroppo, nonostante alcuni progressi limitati negli ultimi anni, il diritto alla giustizia rimane ancora uno dei più trascurati in Africa". L’Africa invisibile è anche quella delle centinaia di minori discriminati, allontananti o fatti sparire perché portatori di disabilità, perché vittime di tratta, quell’Africa che si rifà alla giustizia informale fatta di processi sommari in cui leggi e diritti non vengono tenuti in considerazione.

Secondo il rapporto del Consiglio di sicurezza dell’Onu relativo al ruolo dei bambini nei conflitti armati in Somalia, tra il 2010 e il 2016, i militanti dell’ organizzazione politico-militare al-Shaabab fondata nel Paese nel 2006 e affiliata ad al-Qaeda, ha arruolato centinaia di bambini soldato e dal 2017 ne ha intensificato la campagna di reclutamento. Un fatto, questo, che ha spinto moltissimi minori a scappare, lasciando tutto. A questo si aggiunge il fatto che centinaia di bambini sospettati di essere stati illegalmente associati al gruppo terroristico, dal 2015 sono stati imprigionati dalle forze militari governative. A denunciarlo è anche Human Rights Watch, organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani. La Somalia non ha ancora ratificato il Protocollo Opzionale dell’Onu sui bambini nei conflitti  della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia che impone, tra le altre cose, che i minori non vengano arruolati in modo obbligatorio nelle loro forze armate. E risale allo scorso luglio anche la missione del Comitato per la ratifica dell’African Charter on the rights and welfare of the Child, per spingere proprio la Somalia a firmare questa carta regionale, adottata nel 1990 e attiva dal 1999, che insieme ad altri sette Paesi africani non ha ancora approvato.  

L’Africa dei diritti negati ai bambini, purtroppo, non si ferma alla Somalia. È il Niger infatti il Paese al mondo dove l’infanzia è più a rischio, seguito da Mali, Repubblica Centrafricana, Ciad e Sud Sudan. In questi Paesi i bambini continuano a morire perché manca cibo, per le malattie (molte legate proprio alla malnutrizione), a causa dei cambiamenti climatici, dei conflitti armati e per la povertà che solo nell’Africa Sub-sahariana colpisce il 52% del totale di tutti i minori a livello globale.

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