SOCIETÀ

Eco: la moneta unica dell'Ecowas debutta nel 2020

Durante la 55esima riunione ordinaria dell'Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale, svoltasi recentemente ad Abuja, capitale della Nigeria, i Capi di Stato dei paesi membri hanno stabilito dei criteri per l'entrata in vigore della loro nuova moneta unica: l'Eco. Parte dei paesi di quest'area, in realtà, ha già adottato da molto tempo un'altra valuta unica, il Franco Cfa, retaggio della dominazione coloniale francese. Come interagiranno le due valute e quali conseguenze si prospettano sul piano economico per i paesi coinvolti?

Dario Fabbri, giornalista, consigliere scientifico e coordinatore America di Limes, spiega che il progetto Eco nasce diversi anni fa: "Se ne parlava già alla fine degli anni '90 e se ne è poi riparlato all'inizio degli anni 2000. La sua implementazione è stata rimandata più volte, adesso è stato annunciato che dovrebbe entrare in vigore dal 2020: i paesi coinvolti, per il momento, dovrebbero essere sei (Gambia, Ghana, Guinea, Liberia, Nigeria, Sierra Leone) tutti appartenenti all'Africa occidentale e tutti anglofoni, nella lingua coloniale, tranne la Guinea che è francofona. Siamo fuori dall'area di influenza francese: i paesi dell'Africa occidentale che utilizzano come valuta il Franco Cfa non dovrebbero far parte nell'immediato di questa unione monetaria. C'è un paese tra quelli aderenti che è nettamente il più importante sotto tutti i punti di vista: la Nigeria. Infatti, sul piano economico, il Pil nigeriano è uguale alla somma del Pil degli altri paesi coinvolti, ad eccezione di quello del Ghana. Questo grande potere economico, conseguentemente, porterebbe lo stato ad avere un ruolo di spicco anche in ambito geopolitico, se l'unione monetaria si concretizzasse".

Come spiega Dario Fabbri, il condizionale è d'obbligo. Infatti, oltre alle numerose incertezze che negli anni hanno ritardato la nascita dell'Eco, bisogna tenere conto degli standard di adesione stabiliti ad Abuja, obiettivi che devono essere raggiunti entro la fine del 2019: il deficit non dovrà essere superiore al 3%, il tasso d’inflazione annuo non dovrà essere inferiore al 10%, i paesi dovranno avere delle riserve lorde in grado di finanziare almeno tre mesi di importazioni e il deficit di bilancio delle banche centrali non dovrà esser superiore al 10% delle entrate fiscali dell’anno precedente.

Qual è, quindi, lo scopo ultimo di questo ambizioso progetto? "L'obiettivo che si ipotizza di raggiungere con questa decisione – continua Fabbri – è una maggiore interdipendenza sul piano economico dei paesi che dovrebbero accogliere la moneta e la facilitazione degli scambi fra questi, rendendo più semplici il trasporto e la vendita delle merci. Non è facile stabilire se tutto questo accadrà perché, inevitabilmente, se mai l'adozione della moneta avverrà nei tempi prestabiliti, l'Eco sarà dominata dalla Nigeria e quindi, essenzialmente, diventerebbe il suo strumento fiscale e commerciale. Questo potrebbe anche permettere un accesso più facile all'economia nigeriana da parte degli altri paesi coinvolti, costituendo per loro un vantaggio. Allo stesso tempo l'influenza nigeriana potrebbe renderli dipendenti anche nelle scelte geopolitiche, cosa che di per sé non è una novità nel continente africano, però per una volta – anche se non so dire se questo sia uno sviluppo positivo o negativo, magari è semplicemente neutro – potrebbero subire l'influenza di un paese autoctono".

Ha senso paragonare il ruolo della Germania nell'eurozona a quello che potrebbe avere la Nigeria? Dario Fabbri sostiene che le differenze tra i due contesti siano troppo grandi: "La Germania all'interno dell'eurozona è certamente il paese economicamente e produttivamente più importante, ma non esistono degli squilibri così evidenti. Detto in maniera più semplice: non c'è un'enorme differenza tra la Sierra Leone e la Nigeria come può esserci tra la Germania e il paese meno sviluppato sul piano economico dell'eurozona. Perciò è difficile fare parallelismi di questo tipo".

"Aggiungiamo il fatto che l'euro era stato pensato in funzione anti-tedesca da francesi e italiani, col sostegno esterno di americani e britannici. Nel caso specifico, se ci fosse una tendenza anti-nigeriana verrebbe spazzata immediatamente. Anzi, la Nigeria, dopo aver tentennato sembra aver abbracciato l'idea di avere l'Eco come sua moneta, invece la Germania faticò molto a far accettare l'euro ai suoi cittadini e barattò la riunificazione, cioè l'opportunità di annettersi ai Land della Germania orientale, con la cessione del marco. Le condizioni storiche sono quindi molto diverse, penso sia impossibile fare paragoni".

Quale rapporto potrebbero avere i paesi che utilizzano il Franco Cfa con la nuova moneta? "Nessun paese che utilizza il Franco Cfa dovrebbe entrare, per il momento, nell'Eco, spiega Fabbri. Si discute da sempre se sia necessario o meno, sia per i paesi dell'Africa occidentale che per quelli dell'Africa centrale, rinunciare a questa valuta. Infatti, questa moneta garantisce dei benefici rendendo più stabili le economie dei paesi africani che la adottano, grazie alla Banca di Francia che però, in cambio, impone loro di depositare nel tesoro francese il 50% delle loro riserve straniere. Allo stesso tempo, una moneta così inchiodata all'euro rende meno competitive le esportazioni dei paesi che la adottano, perché avere una moneta più pesante rende più difficile la vendita all'estero".

"Questo si unisce alla questione più volte dibattuta, che spesso assume delle connotazioni ideologiche, relativa all'aspetto coloniale o neo-coloniale del Franco Cfa. La sua adozione comporta dei benefici, ma ha anche degli evidenti contraccolpi negativi. Cosa accadrebbe se entrasse in vigore l'Eco? I paesi che manterrebbero il Franco Fca resterebbero fuori da questa unione, con alcuni svantaggi per quanto riguarda il rapporto con la Nigeria, ma già oggi questi paesi usano una moneta diversa, quindi non immagino grandi cambiamenti. La situazione diventerebbe più interessante qualora i paesi del Franco Fca decidessero di entrare nell'Eco, a quel punto i cambiamenti più che di natura economica, monetaria e fiscale sarebbero di tipo geopolitico e riguarderebbero soprattutto i rapporti con la Francia".

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