SCIENZA E RICERCA

Le foreste europee sono in espansione ma aumenta anche la loro vulnerabilità

Le foreste europee sono in espansione. Nel corso degli ultimi trent’anni l’aumento è stato di circa il 9% e, secondo le ultime stime, nel 2020 hanno raggiunto i 227 milioni di ettari, pari a oltre un terzo dell’intera superficie del continente. A crescere è anche il patrimonio forestale italiano che ha raggiunto livelli mai visti prima nel corso degli ultimi secoli: 11,4 milioni di ettari (tra foreste e altre aree boscate come gli arbusteti) pari a quasi il 40% della superficie nazionale, con un incremento che se consideriamo gli ultimi 80 anni è stato additittura del 75%.

Nel nostro paese a trainare l’espansione di boschi e foreste sono stati soprattuto i cambiamenti che a partire dal dopoguerra hanno portato a una progressiva migrazione dalle aree montane a favore delle città, con il conseguente abbandono di terreni che prima erano coltivati ad uso agricolo. Potremmo non rendercene conto se osserviamo la natura esclusivamente da una prospettiva urbana dove i parchi cittadini sono spesso l’unico rifugio nel verde. Eppure, come ricordano gli esperti della Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale (Sisef), se pensiamo alle aree montane, i boschi hanno avuto l'opportunità di risalire sui terreni lasciati incolti e su quelli non più utilizzati per i pascoli, favorendo anche le popolazioni di lupi e orsi

Ma, come detto, l’aumento delle superfici forestali riguarda l’intera Europa e, con uno sguardo più globale, tutto l’emisfero settentrionale. Ed è un fenomeno opposto rispetto a quello che si osserva nella fascia tropicale ed equatoriale dove la deforestazione procede a ritmi allarmanti. 

Nel futuro delle foreste europee si colgono però chiari segnali di vulnerabilità che potrebbero mettere a rischio quasi il 60% della biomassa. E i motivi sono strettamente collegati ai cambiamenti climatici che amplificano fenomeni come gli incendi, le tempeste di vento e l’arrivo di insetti dannosi. A quantificare e mappare queste fragilità, sulla base dei dati relativi al periodo tra il 1979 e il 2018, è uno studio condotto dal Centro comune di ricerca della Commissione europea a Ispra, in Italia, in collaborazione con il Max-Planck Institute e le università di Firenze, Valencia ed Helsinki.

I risultati di questo studio, che oltre ai dati satellitari si è avvalso di sistemi di apprendimento automatico, sono stati pubblicati nei giorni scorsi sulla rivista Nature Communications e suggeriscono anche alcune strategie di gestione forestale che potranno avere un ruolo importante in chiave di adattamento.

Lo sviluppo di incendi, tempeste di vento in grado di sradicare gli alberi e la presenza di insetti e parassiti dannosi non sono minacce nuove per le foreste europee ma il riscaldamento globale ne aumenta la frequenza e compromette la capacità di difesa da parte delle piante. E non di poco visto che, secondo i ricercatori, il pericolo è quello di perdere oltre 33 miliardi di tonnellate di biomassa. Naturalmente i rischi si diversificano anche su base geografica ma il maggiore stress ambientale provocato dall’aumento delle temperature colpisce le foreste di tutto il continente. E il meno visibile tra i fattori di rischio, gli insetti dannosi, è anche quello in cui la variazione su scala temporale è risultata maggiore: l'impatto di insetti e parassiti è progressivamente aumentato, soprattutto sulle foreste del nord Europa la cui vulnerabilità è cresciuta di circa il 2% ogni dieci anni. 

Ne abbiamo parlato direttamente con Giovanni Forzieri, ricercatore del Joint Research Centre della Commissione europea a Ispra e primo autore dello studio, anche per conoscere più nel dettaglio la situazione delle foreste italiane e le strategie di adattamento che possono essere messe in atto.  

Intervista a Giovanni Forzieri, primo autore dello studio sulla vulnerabilità delle foreste europee

"Il nostro studio - introduce Giovanni Forzieri, ricercatore del Joint Research Centre della Commissione europea a Ispra - ha provato a utilizzare alcuni degli strumenti che stanno presentando delle nuove opportunità nell’analisi dei processi fisici. In particolare abbiamo usato tecniche di machine learning e dati satellitari e sono strumenti attraverso cui ci siamo proposti di superare alcuni dei limiti mostrati da studi precedenti". Il ricercatore si riferisce ai modelli climatici di ultima generazione che pur includendo l'aspetto relativo alle alterazioni delle foreste sono caratterizzati da una comprensione ancora parziale di questi processi e delle loro cause. E d'altro canto, sottolinea, "ci sono anche studi su scala locale che ci permettono di approfondire nel dettaglio certi processi legati ai disturbi forestali però, dal momento che riguardano piccole aree, non è ben chiaro se i risultati possano poi essere estesi su scala regionale o continentale. Il nostro approccio prova a superare questi limiti e a esplorare questi processi in un modo che è strettamente ancorato alle osservazioni", spiega Forzieri.

Ma cosa si intende per vulnerabilità? "Abbiamo usato questo termine in modo coerente con le linee guida dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) e quindi si riferisce alla frazione di biomassa potenzialmente vulnerabile a disturbi forestali: quella che, qualora si verificasse un incendio, una propagazione da insetto o un forte vento, sarebbe persa ed è espressa in tonnellate per metro quadrato", approfondisce il ricercatore. 

Incendi, tempeste di vento e diffusione di insetti o parassiti dannosi sono stati presi in considerazione "in quanto rappresentano tre dei disturbi forestali principali per l’Europa. E si è visto - continua Giovanni Forzieri - che presentano caratteristiche spaziali e temporali molto diverse tra loro. Se consideriamo le tempeste di vento le foreste più vulnerabili sono quelle della Norvegia, delle isole inglesi, del Portogallo, come anche alcune zone del sud Europa, in particolare quelle montuose. Davanti agli incendi le zone più vulnerabili sono invece le foreste della Svezia, dell’area europea della Russia e della penisola iberica. Se guardiamo alla suscettibilità davanti agli insetti le zone più vulnerabili sono quelle più a nord e in particolare le foreste che si trovano alle alte latitudini".

Fin qui le differenze spaziali per provare a disegnare una mappa geografica della vulnerabilità delle foreste europee. Ma lo studio ha analizzato anche come è variata la fragilità del patrimonio forestale nel corso degli ultimi 40 anni, per capire l'impatto del riscaldamento globale. "Abbiamo provato a isolare quali fossero i drivers di queste variazioni e quindi il contributo del cambiamento climatico. Da questo punto di vista abbiamo rilevato che seppure in Europa esistano aree forestali soggette a variazioni di vulnerabilità, anche significative, rispetto a incendi e tempeste di vento se poi aggreghiamo queste vulnerabilità locali su scala europea il trend è meno marcato. Più ampia è la magnitudo delle variazioni di vulnerabilità agli insetti: qui vediamo che le zone del nord Europa hanno manifestato un aumento di vulnerabilità di circa il 2% per decade".

"Abbiamo inoltre scoperto che questo aumento è stato costante a partire dall’anno Duemila, quando si è registrato un incremento della temperatura media di circa 0,5 C, rispetto ai trent’anni precedenti. Sembra quindi che questo abbia rappresentato una sorta di punto di non ritorno oltre al quale si è avuto un costante aumento di vulnerabilità, probabilmente in conseguenza della riduzione delle difese naturali delle piante e lo confermano anche i recenti eventi di insects outbreaks che si sono verificati in molte regioni dell’Europa, in particolare nelle aree orientali del continente", spiega Giovanni Forzieri con una riflessione che lascia immaginare cosa potrebbe accadere in futuro. Il 2020 è stato l'anno più caldo di sempre per l'Europa e a livello globale gli scenari del cambiamento climatico mostrano l'assoluta urgenza di intervenire. 

Restringiamo adesso lo sguardo sull'Italia. Nel 2019, per la prima volta dopo secoli, la superficie occupata da foreste ha superato quella utilizzata dall’agricoltura e l'espansione è confermata anche dall'ultima mappatura nazionale, realizzata nell'ambito del Global Forest Resources Assessment con cui la Fao ogni cinque anni fa il punto sul patrimonio forestale globale. Al riguardo Enrico Pompei, responsabile dell’Ufficio politiche forestali nazionali e internazionali del Ministero delle politiche agricole, ha affermato a Il Sole 24 ore che poiché le aree che hanno visto la crescita di boschi e foreste "sono zone ex agricole e quindi vicine ad aree antropizzate, sono più soggette a incendi. Per questo hanno più che mai bisogno di una gestione forestale sostenibile". 

Ma qual è il livello di vulnerabilità delle foreste italiane? "Alcune sono risultate particolarmente sensibili: in particolare quelle delle Alpi sembrano caratterizzate da un ecosistema molto fragile e questo dipende sia da una vulnerabilità di lungo periodo, sia da un concomitante e progressivo aumento determinato dai cambiamenti climatici. Non a caso recenti episodi sembrano confermare questa aumentata vulnerabilità. Si pensi all’episodio della tempesta Vaia ma anche ad incendi che mai avremmo immaginato potessero accadere nelle zone alpine, tipicamente caratterizzate da un regime piovoso. E anche episodi rilevanti di propagazione di insetti, sempre sull’arco alpino. Questo deve essere un segnale di allarme importante che ci suggerisce che è necessario mettere in atto delle strategie per provare a ridurre possibili rischi futuri", osserva Giovanni Forzieri.

 

Le foreste, ci ricordano gli esperti della Società di selvicoltura ed ecologia forestale, catturano 74 tonnellate di carbonio per ogni ettaro, tra tronco, rami e radici. Il loro ruolo nella mitigazione degli effetti del cambiamento climatico è decisivo, ma sono anche una risorsa fondamentale in termini di biodiversità. 

Il dato positivo è che le foreste possono essere aiutate a rispondere alle alterazioni che possono metterle a rischio. "Il nostro studio sottolinea che caratteristiche strutturali, come la densità delle piante, la loro altezza, l’indice di area fogliare, sono parametri molto importanti che a loro volta possono essere oggetto di gestione forestale. Bisogna però tenere presente che per sviluppare adeguate strategie di adattamento, finalizzate a rendere le foreste più resilienti ai cambiamenti climatici, non basta considerare la vulnerabilità e occorre integrare altri componenti, come il pericolo e il livello di esposizione delle foreste. Integrando questi tre elementi, quindi vulnerabilità, exposure ed hazard, siamo in grado di ricostruire i rischi effettivi a cui le foreste sono soggette e mettere a punto strategie di adattamento", conclude Forzieri.

 

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