CULTURA

Jannis Kounellis al Bo. I bozzetti di Resistenza e Liberazione

Come veniamo a sapere dai documenti accuratamente custoditi nell’Archivio Generale di Ateneo, nel 1994, durante il rettorato di Gilberto Muraro, l’Università di Padova ottiene dal Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Cinquantennale della Resistenza e della Guerra di Liberazione un finanziamento di 100 milioni di lire per un monumento da realizzarsi l’anno successivo, nell’occasione dell’anniversario. Il 20 maggio 1994 si insedia la commissione incaricata di scegliere l’artista e seguirne il lavoro. Ne è presidente il professore Arturo Borsatti, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia; gli altri membri sono il professore di Storia dell’arte moderna Alessandro Ballarin, l’architetto Vittorio Dal Piaz, delegato del rettore per i Beni storici e architettonici, il professore di Storia contemporanea Angelo Ventura, il professore Vincenzo Milanesi, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, e il responsabile della Divisione Patrimonio dottor Almerino Cacco, con funzione di segretario. La commissione si avvale inoltre del parere del professore Pier Giovanni Castagnoli, all’epoca supplente dell’insegnamento di Storia dell’arte contemporanea. Su proposta di Ballarin, è interpellato lo spagnolo Edoardo Chillida, che però declina. Ci si rivolge quindi a Jannis Kounellis (Il Pireo, 1936 – Roma, 2017), che comunica la propria disponibilità in una lettera datata 12 settembre. Il sopralluogo dell’artista ai Palazzi Bo e Liviano si svolge il 10 ottobre, occasione in cui l’artista rimane affascinato dalla «potenza evocatrice della cattedra di Galileo», come dichiarerà in un’intervista a Virginia Baradel per «Il Gazzettino» (15 maggio 1995), a ridosso dell’inaugurazione dell’opera.

Gli studi preparatori della grande installazione Resistenza e Liberazione, nel Cortile Nuovo del Bo, sono stati presentati per la prima volta al pubblico presso la Fondazione Alberto Peruzzo di Padova. Si tratta di cinque fogli, attualmente conservati presso l’Archivio Generale di Ateneo, che sono stati spediti via posta e ricevuti dal committente il 27 gennaio 1995. Essi consentono di ripercorrere le dinamiche dell’officina creativa kounellisiana. Con pochi tratti corsivi, dal sentore già fisico, l’artista mette in forma la sua visione e la elabora mirando a una struttura poderosa. Quattro fogli sono a matita, il quinto a china con limitati interventi ad acquerelli colorati. Nell’Archivio, separatamente dai bozzetti, ma probabilmente incluso nel plico che li conteneva, è presente una breve «descrizione del progetto» (in calce la firma a stampa dell’autore). Se ne riporta il testo completo:

Due sbarre di ferro verticali e parallele (tipo h), che si alzano dal pavimento alla soffitta [sic] e custodiscono all’interno tre aste con le bandiere semi arrotolate, legate fra loro con una corda marinara da una determinata altezza ad un’altra, ancora da stabilirsi, ed inserite nella cavità della h della sbarra.

Sulla destra delle sbarre, una costruzione di legno, fatta di vecchie aste, anch’essa posta ad una certa altezza da stabilirsi, per ricordare la Cattedra di Galileo.

Rappresentazione appena abbozzata e con meno retorica possibile dei valori ideali di un’Italia nuova accostata al patrimonio riconoscibile (tramite la struttura di legno che vagamente si riferisce alla Cattedra di Gallileo [sic]).

Naturalmente, il modo di comporre, usando il ferro e il legno in questa maniera, appartiene alla mia esperienza artistica, ed è stata usata in varie occasioni per formalizzare il mio lavoro.

Questi disegni, non dettagliati, contengono la struttura del progetto.

 

La fascinazione per la cattedra di Galileo è più che mai attiva nel bozzetto n. 1, che mostra una costruzione dove le tavole di legno sono disposte verticalmente, come quelle della cattedra. Questa è richiamata anche dalla progressione in altezza della struttura, da destra a sinistra, con il culmine simbolico della putrella contenente le bandiere italiane, con la differenza che Kounellis spezza in due livelli orizzontali l’obliqua che accompagnava il salire in cattedra. Il disegno presenta inoltre alcune annotazioni, di lettura risolvibile ma con qualche incertezza, anche perché non curate ortograficamente. A sinistra, l’indicazione «da alzare [?] al sofito» stabilisce l’altezza massima dell’opera, raggiunta appunto, nella prima concezione, solo dall’alloggiamento dei tricolori. È uno dei due cenni molto vaghi, espressi dai bozzetti, che considerano la relazione con lo spazio, fattore fondamentale per Kounellis e per l’installazione di Padova in particolare, ma che ancora non può precisarsi in quanto la collocazione sarà stabilita solo in seguito al secondo e decisivo sopralluogo, avvenuto a metà marzo 1995.

Sempre nel primo disegno, le altre scritte citano a uno a uno i materiali dell’opera, rivelando l’attitudine, tipica dell’artista, a rendere significativa la materia in sé. Si noti che i materiali sono quattro, numero che evoca le antiche ripartizioni degli elementi: in questo caso il «ferro», che è l’elemento possente e affidabile della trave (più precisamente acciaio nell’opera finita); le «3 bandiere», che sono colori e simbolo di un ideale; il terzo elemento è la «corda» di cui parla la descrizione del progetto ma poi espunta dalla realizzazione. Al proposito, prima di dire del quarto elemento, va notato che tutti e cinque gli studi, pur attestando ripensamenti notevoli, sono accomunati dall’idea della corda che si avvinghia alle bandiere in modo drammatico, avvolgendole in una spirale che richiama un nodo scorsoio. La corda è molto utilizzata da Kounellis tra gli anni Ottanta e Novanta, spesso per legare all’insieme componenti rigide, quali pietre o parti metalliche, esaltando così la forza celata nella natura morbida e organica del materiale. In questo caso la corda ha un significato ambiguo: è un qualcosa che si aggrappa con foga all’ideale e allo stesso tempo lo soffoca. Nell’opera finita le tre bandiere, con le loro aste di acciaio, sono semplicemente appoggiate alla putrella, una soluzione meno esuberante dal punto di vista espressivo ma efficace nel darsi come “grafia”: una sorta di freccia colorata, a imprimere il movimento ascendente che nel primo bozzetto è dato dai dislivelli della struttura.

Infine la scritta relativa al quarto elemento, la più ricca e circostanziata: «una paratia di lenio per ricordare la catedra di Galilio». L’elaborazione dell’artista muove dall’omaggio, esplicito e riaffermato in tutte le occasioni, al docente illustre e tragico dell’Ateneo, a colui che ha ben conosciuto il tormento sul cammino per la libertà.

Lo studio n. 2 ribadisce la medesima struttura, salvo il riquadro, di non facile interpretazione, che sta in alto a destra, là dove, nello studio precedente, le tavole lasciano spazio alla prima alzata. Dovrebbe essere questo il momento in cui l’artista decide di assorbirla in una parete di altezza uniforme, ma sempre più bassa della torre dei tricolori. Compare un’unica scritta, la seconda e ultima relativa alla collocazione, che prescrive una distanza di «60» centimetri a sinistra, non verificabile nella realizzazione.

Ben altri progressi sono attestati dal bozzetto n. 3, dove Kounellis ha innanzitutto ruotato le tavole sull’orizzontale, discostandosi dallo spunto galileiano e ritrovando il suo più proprio motivo della stratificazione, che infatti risulterà definitivo. Inoltre, concorre a rimandare a opere precedenti l’inserimento tra le tavole di piccole forme quadrate o circolari, probabilmente i frammenti eterogenei che l’artista ha già più volte sperimentato. Le scritte ribadiscono la poetica degli elementi: «ferro bandiere corda lenio» (seguito da una parola semicancellata dalla sottolineatura, forse «residuo»). Infine la spalliera lignea è ormai livellata in altezza, ma ancora sottostante alla trave di ferro.

Un dettaglio di quest’ultima, con l’indicazione della sezione a h, è oggetto del quarto studio. La trave continua a svettare accogliendo le bandiere, con il nodo in evidenza. Gli appunti ribadiscono i materiali di questa parte dell’opera («bandiere corda ferro»).

Anche se il foglio n. 5 dà ancora risalto al viluppo di bandiere e corda, tanto più che è colorato, per il resto esso attesta finalmente la crescita ad altezza intera della parete di legno e la sua assimilazione a una barricata sgangherata. Rimangono alcune differenze rispetto all’opera finita: l’affastellamento non si spiana nella parte superiore e certi circoletti tra le travi forse ancora immaginano degli inserti oggettuali.

Il monumento, ma sarebbe meglio definirlo “anti-monumento”, è inaugurato il 29 maggio 1995. Accanto vi è collocata una piccola lapide che recita: «alla fede civile e all’azione di Concetto Marchesi, Egidio Meneghetti, Ezio Franceschini e di quanti nell’Università seppero unire diversi ideali e culture in concorde lotta di popolo per riconquistare all’Italia la libertà». È la dedica dell’Ateneo ai professori che lo hanno fatto degno, nel 1945, della medaglia d’oro al valor militare per la guerra di Liberazione.

Tutte le immagini dei bozzetti sono state date per gentile concessione "Archivio Generale di Ateneo - Catalogo dei Materiali dei Consorzi Edilizi nn. 328-332".

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