SCIENZA E RICERCA

Il nazionalismo dei vaccini

Le politiche nazionaliste sul vaccino. Un titolo che contiene un’analisi e una denuncia. Poi argomentate, la denuncia e l’analisi, da David P. Fidler in un testo breve ma veemente pubblicato venerdì scorso dalla rivista Science. Bisogna porre attenzione e all’autore e alla rivista che ospita l’articolo e lo fa sua, visto che lo propone come editoriale.

Lui, David P. Fidler, è membro autorevole del Council on Foreign Relations, Washington: un’associazione apartitica di leader politici e uomini d’affari che studia i problemi globali e ha molta influenza sulla politica degli Stati Uniti d’America.

Lei, Science, è la rivista dell’American Association for the Advancement of Science (AAAS) degli Stati Uniti, ovvero la più grande associazione scientifica generalista del mondo. Anche Science, insieme all’inglese Nature, è la più diffusa e influente rivista scientifica generalista al mondo.

Dunque, quel titolo e quell’analisi (o meglio, quel J’accuse) non vanno presi sottogamba. Significa che una parte significativa dell’establishment scientifico, economico e politico degli Stati Uniti è passato (o meglio, conferma ancora una volta di essere passato) all’opposizione non solo e non tanto di Donald Trump e della sua politica, ma anche e soprattutto del fenomeno nazionalista nel mondo intero, vieppiù se applicato alla scienza e alla sanità.

David P. Fidler non le manda a dire a Donald Trump e ai governatori di molti stati della federazione. Li accusa di aver seguito una politica catastrofica nel fronteggiare la pandemia da SARS-CoV-2, di aver messo all’angolo la comunità scientifica e di avere troppo spesso sponsorizzati improbabili rimedi. Non è un’accusa da poco. Negli Stati Uniti la comunità scientifica è classe di governo e raramente un’Amministrazione è entrata in rotta di collisione così apertamente con il mondo della ricerca.

Ma l’altra accusa, quella che riguarda molti governi del mondo – compresi quelli europei – è ancor più significativa. David P. Fidler e Science rilevano e denunciano l’affermazione del “sovranismo vaccinale”. Non solo ognuno per sé, ma anche ognuno a danno degli altri, ovvero delle nazioni e delle popolazioni più povere del pianeta. L’analista politico rileva che non solo gli Stati Uniti, ma anche Cina, India, Regno Unito e numerosi paesi dell’Unione Europea (Italia inclusa) stanno perseguendo una strategia, appunto, nazionalista, sia impedendo la libera circolazione delle conoscenze acquisite sia stringendo accordi con le case farmaceutiche per l’accesso privilegiato a un eventuale vaccino.

La Russia per la verità gioca la medesima partita. E sebbene il vaccino Sputnik V sollevi per ora molte perplessità nella comunità scientifica, già qualcuno pensa a un accordo con Mosca sulla base del medesimo approccio nazionale.  

Purtroppo, sostiene l’editoriale, pochi passi avanti sta facendo la COVID-19 Vaccines Global Access (COVAX) Facility di cui Il Bo Live ha già parlato. Si tratta di un’iniziativa internazionale, sponsorizzata dall’Organizzazione Mondiale di sanità, che ha l’obiettivo di mettere a punto un vaccino da distribuire all’intera popolazione mondiale sulla base dell’efficacia, dell’equità e della solidarietà.

Questa impasse non è la prima volta che si verifica, per la verità. Il “nazionalismo dei vaccini” non è affatto nuovo. Ma questa volta, se possibile, è ancora più grave. Per tre motivi essenzialmente: il primo fa riferimento alla mancata libera e trasparente circolazione delle conoscenze. È persino banale dirlo: se un gruppo ha una certa probabilità di mettere a punto un vaccino efficace, sicuro e in tempi rapidi, l’intera comunità scientifica competente avrebbe una probabilità maggiore. Dunque sarebbe interesse di tutti un’azione globale. Purtroppo questa azione non c’è.

Il secondo motivo riguarda la sicurezza. Se tutti corrono l’un contro l’altro nel tentativo di arrivare primi (vista l’enorme portata degli interessi economici e di immagine in gioco), c’è il rischio – vedi caso russo – che la sicurezza passi in secondo piano.

Ma – ed è questo il motivo più importante – c’è in gioco l’equità della ricerca che deve essere alla base del rapporto tra scienza e società: la scienza, diceva già Francis Bacon, deve essere a vantaggio dell’intera umanità. In questo caso significa che la ricerca sul vaccino non deve essere a vantaggio dei più ricchi, come purtroppo sta accadendo.

A dirlo non sono gruppi politici mondialisti, ma la comunità scientifica americana e membri della classe dirigente economia e politica degli Stati Uniti. Forse sarebbe opportuno che qualcosa del genere avvenisse anche in Europa e in Italia.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012