SCIENZA E RICERCA

Nuovi modelli per decidere sugli obiettivi energetici europei

All’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, con il piano REPowerEU la Commissione Europea ha riveduto al rialzo alcuni obiettivi della transizione energetica per rendersi più indipendente dal gas importato da Mosca. Lo stesso ha fatto poco tempo dopo con altri pacchetti normativi del Green Deal europeo come il Net Zero Industry Act e il Critical Raw Materials Act.

L’Europa ad esempio punta a produrre da fonti rinnovabili il 42,5% dell’energia complessiva che consumerà nel 2030 e l’80% di quella elettrica. Come vengono fissate queste quote? La decisione ultima spetta ai rappresentanti politici, ma non senza prima aver ascoltato il parere della comunità scientifica.

EERA (European Energy Research Alliance) è un’associazione di oltre 250 organizzazioni da 30 Paesi che rappresenta la più ampia comunità europea di ricerca in ambito energetico. A dicembre 2023 ha pubblicato un vision paper che rivolge l’attenzione proprio su quanto i nuovi obiettivi energetici europei siano (o non siano) allineati con gli scenari energetici e socio-economici considerati dalla comunità scientifica.

Il focus del documento è sui modelli che producono tali scenari e dai quali si ricavano gli obiettivi da raggiungere. Il messaggio principale che EERA lancia si legge nella sintesi iniziale del paper: “la cassetta degli attrezzi dei modelli che attualmente viene usata per determinare le politiche energetiche europee dovrebbe essere espansa”.

Cosa sono i modelli

Durante la pandemia abbiamo familiarizzato con l’importanza dei modelli epidemiologici per le politiche sanitarie. Scienziati come Alessandro Vespignani si sono occupati di utilizzare i dati raccolti per generare simulazioni di quanto il virus si sarebbe potuto diffondere a seconda di alcune variabili (alcune note, altre no) come la disponibilità di vaccini, i comportamenti individuali, la capacità di trasmissione degli individui e così via. Una delle più comuni tipologie dei modelli epidemiologici è denominata SIR, che divide la popolazione in Suscettibili, Infettati e coloro che hanno Recuperato dalla malattia.

Tali modelli mettono in opportuna relazione tra loro le variabili e i dati a esse associati, che spesso richiedono grandi capacità computazionali. Eseguito il calcolo, i modelli restituiscono una serie di scenari (a seconda di come si sono modulate le variabili) che dicono ad esempio quanto si diffonde il virus a fronte di un certa percentuale di popolazione vaccinata.

I modelli epidemiologici non facevano previsioni di come sarebbero andate effettivamente le cose, dicevano soltanto come sarebbero andate se si fosse verificata una certa circostanza anziché un’altra.

Lo stesso vale per i modelli climatici che informano le politiche ambientali nazionali e internazionali: se continueremo a bruciare una certa quantità annua di combustibili fossili la temperatura del pianeta si alzerà di un certo numero di gradi, se ne consumeremo di meno avremo una certa probabilità di contenere il riscaldamento globale al di sotto di una certa soglia. Per generare gli scenari contenuti nei rapporti IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) si utilizzano modelli diversi che considerano diverse assunzioni, variabili e parametri. Incrociando i risultati di ciascuna simulazione in quello che viene chiamato un ensemble di modelli, si ottengono risultati più robusti.

Esistono anche i modelli energetici, di cui si occupano i ricercatori di EERA e che vengono usati a supporto dell’elaborazione delle politiche energetiche europee. Per formulare gli obiettivi fissati da REPowerEU e dal Net Zero Industry Act ad esempio è stato usato il modello PRIMES (Price-induced market energy system) che “fornisce proiezioni dettagliate sulla domanda energetica, le forniture, i prezzi, gli investimenti futuri e sulle emissioni”, riporta il vision paper. Tuttavia, secondo EERA “una maggiore varietà di scenari su politiche e sistemi energetici andrebbe indagata”.

Idrogeno, eolico e acciaio

In altri termini, gli scenari considerati per formulare i nuovi target energetici sarebbero troppo pochi, secondo EERA, e non prenderebbero adeguatamente in considerazione situazioni sub-ottimali che potrebbero verificarsi. “Servono i risultati di molti diversi scenari, che colgano le incertezze nell’evoluzione del sistema energetico”.

Uno degli esempi considerati dal vision paper riguarda la quantità di idrogeno verde che l’Europa vorrebbe avere a disposizione entro il 2030: 10 milioni di tonnellate prodotte in territorio europeo e altrettanti importati dall’estero. Secondo EERA, questi obiettivi non sarebbero un risultato ottimale del modello PRIMES ma piuttosto un’assunzione di partenza.

Per produrre idrogeno verde occorre avere a disposizione energia elettrica da fonti rinnovabili con cui far lavorare gli elettrolizzatori che scindono la molecola d’acqua in idrogeno e ossigeno. L’associazione europea di produttori di eolico Wind Europe ha già lanciato un monito sui colli di bottiglia che si possono presentare nell’aumento di produzione rinnovabile nei prossimi anni, soprattutto per quanto riguarda le capacità produttive, la forza lavoro a disposizione e lunghi tempi di rilascio dei permessi per l’istallazione degli impianti eolici.

Per costruire in casa le turbine eoliche, come prevede il Net Zero Industry Act, è anche necessario assicurarsi una fornitura adeguata di acciaio, la cui produzione oggi è ancora dipendente da prodotti carboniferi e dal gas. L’impiego di idrogeno verde in sostituzione dei combustibili fossili servirebbe proprio a decarbonizzare l’industria dell’acciaio, da cui dipende la produzione di turbine eoliche che generano l’elettricità necessaria a produrre idrogeno tramite elettrolisi. È un cerchio che si chiude e se uno degli anelli della catena salta tutto il sistema ne risente. Nel 2022 ad esempio gli investimenti in eolico sono rallentati quando invece la velocità di crescita dell’eolico dovrebbe almeno raddoppiare.

Un altro possibile collo di bottiglia è rappresentato dalla rete elettrica: i piani infrastrutturali presentati da ENTSO-E, il network europeo dei gestori dei sistemi di trasmissione di energia elettrica, “non sono sufficienti per raggiungere le ambizioni per le rinnovabili di REPowerEU”, sostiene EERA. Di conseguenza, “se una carenza della capacità rinnovabile prevista dovesse verificarsi, gli obiettivi per l’idrogeno verde dovrebbero venir rivisti, in quanto l’elettricità usata dagli elettrolizzatori cannibalizzerebbe quella necessaria ai trasporti e al riscaldamento”.

Se questi ed altri potenziali problemi non vengono presi adeguatamente in considerazione e le incertezze non vengono opportunamente quantificate, aumentano anche le esitazioni degli investitori, quali i produttori di acciaio.

Soluzioni e proposte

Il ruolo della politica è distinto da quello della comunità scientifica ed è legittimo che gli obiettivi energetici europei, che sono obiettivi politici, mettano in alto l’asticella per spronare la società a investire nella decarbonizzazione e in un modello di sviluppo più sostenibile. Nel gioco delle parti però compito della scienza è invitare i decisori a prendere decisioni informate sulle migliore evidenze a disposizione.

EERA invita quindi a integrare nei modelli usati per elaborare gli obiettivi energetici (come quelli fissati da REPowerEU) non solo gli aspetti tecno-economici, ma anche quelli relativi all’impatto sociale. Tra questi ci sono le capacità produttive, la disponibilità di materiali critici, i tempi di rilascio dei permessi, il costo dell’energia, i rischi geopolitici, l’adeguatezza della rete, ma anche il comportamento dei consumatori in diversi Stati membri, i piani e le previsioni di finanziamento, il funzionamento dei mercati.

EERA invita anche a una maggiore integrazione dei dati relativi al livello locale e nazionale e di quelli che fotografano il sistema energetico a livello continentale. Tutto ciò va fatto tenendo a mente che aumentando la complessità del modello si può diminuire la sua capacità di gestire e prevedere l’incertezza, sottolinea il vision paper.

Sulla capacità dei modelli di aderire ai sistemi reali che intendono rappresentare si continua a far ricerca e migliorarli significa proprio mantenere le capacità previsionali all’aumentare dei dettagli e della complessità. Destination Earth ad esempio è un progetto di ricerca finanziato dalla Commissione Europea che mira a costruire un gemello digitale della Terra in grado di replicarne il sistema climatico e geologico per comprenderne le interconnessioni e studiarne il comportamento.

Analogamente, secondo EERA, il miglioramento dei modelli energetici può arrivare fino alla creazione di un gemello digitale del mercato energetico europeo o di quello dell’energia elettrica. Per gestirlo occorrono grandi flussi di dati (anche in tempo reale) e enormi capacità di calcolo, ragione per cui i sistemi di intelligenza artificiale e gli strumenti di High-Performance Computing sono preziosi alleati della transizione energetica.

Un altro elemento fondamentale per migliorare i modelli energetici, secondo EERA, è garantire il libero accesso ai dati e ai software che consentono di implementare la sofisticazione desiderata. Ad oggi il modello PRIMES ad esempio non è liberamente accessibile (open source), così come non lo sono molte banche dati, tra cui quelli alla base dei Piani nazionali integrati per l’energia e il clima (Pniec, la nuova versione di quello italiano è attesa per quest’anno).

Il vision paper si conclude con un appello al dialogo tra i decisori politici e i portatori di interesse da una parte e la comunità scientifica dall’altra: “occorre creare processi decisionali in cui diverse voci del mondo dei modelli vengono ascoltate”. EERA esorta inoltre ad avere “discussioni pragmatiche su come tradurre i risultati dei modelli in pratica, ovvero in impatti per gli investimenti da parte delle industrie”.

In una certa misura, lo European Climate and Energy Modelling Forum svolge già questo ruolo di piattaforma di confronto. EERA sostiene che “la portata di quest’iniziativa dovrebbe venire ampliata”.

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