SCIENZA E RICERCA

Rapporto Ambiente dell’Ispra: sostenibilità, unica via del rilancio economico

L’emergenza sanitaria che ha segnato in modo indelebile la quotidianità di ciascuno di noi negli ultimi mesi ha invaso altrettanto prepotentemente la scena mediatica nazionale e globale. L’epidemia di CoVid-19 ha in parte oscurato un’altra emergenza, più profonda e di più lunga durata, che sta segnando in modo altrettanto indelebile i nostri tempi: la crisi ambientale.

Se stiamo migliorando la nostra capacità di lotta al coronavirus, due rapporti usciti a inizio giugno ci ricordano che non siamo finora stati in grado di combattere adeguatamente il cambiamento climatico e gli effetti della prolungata azione antropica sull’ambiente.

Il primo è il Soer (State of the Environment Report) 2020, VI edizione quinquennale (la prima fu nel 1995) del rapporto redatto dall’agenzia europea per l’ambiente. Il documento delinea un quadro della situazione ambientale in Europa, rispetto agli obiettivi 2020 e per quelli a più lungo termine. Secondo lo studio, che oltre a informare è volto a orientare le politiche ambientali europee, l’Europa raggiungerà l’impatto climatico zero entro il 2050 solo se sarà in grado di mettere in campo misure più coraggiose.

Il secondo riguarda invece l’Italia: è il Rapporto Ambiente redatto dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nell’ambito del Snpa (Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente). Il rapporto stilato nel 2019 si riferisce ai dati 2018, mostra come l’Italia si pone rispetto agli obiettivi ambientali europei ed è diviso di due parti: una è la 18ma edizione dell’Annuario dei dati ambientali, l’altro è il rapporto di sistema che analizza in dettaglio le singole regioni italiane.

I due rapporti, quello europeo e quello italiano, sono stati presentati insieme il 3 giugno in diretta sul canale dell’Ispra, dove sono intervenuti il presidente del parlamento europeo David Sassoli, il presidente del consiglio Giuseppe Conte, il direttore esecutivo dell’agenzia europea per l’ambiente Hans Bruyninckx, il ministro dell’ambiente Sergio Costa, il presidente di Ispra Stefano Laporta, il direttore generale di Ispra Alessandro Bratti e il vice presidente di Snpa Carlo Emanuele Pepe.

“Il messaggio comune che emerge dai rapporti è che senza un intervento urgente nei prossimi 10 anni noi non riusciremo a centrare gli obiettivi fissati nonostante gli indiscussi progressi compiuti negli ultimi 20 anni” ha commentato Stefano Laporta, secondo cui ancora più incisive dovranno essere le politiche di contrasto al riscaldamento globale nella nuova Europa del Green New Deal. Occorrerà incrementare le energie rinnovabili, tutelare le biodiversità e sviluppare l’economia circolare. “Il tema della sostenibilità è l’opportunità per la ripresa del Paese e del pianeta. Non è più un’opzione ma una necessità. Le nostre economie, società e stili di vita devono diventare più sostenibili e resilienti”, ha ribadito il presidente di Ispra.

Dalla crisi economica indotta dall'epidemia di CoVid-19 si può uscire tornando al modello di sviluppo economico precedente alla crisi, o approfittare della cesura per introdurne uno nuovo. “La trasformazione deve essere non solo industriale ed economica, ma anche culturale" sostiene Stefano Laporta. "Tutti noi abbiamo compiti importanti e sfide ambiziose di cui siamo interamente consapevoli. Lo sviluppo sostenibile è l’unica strada possibile da percorrere per il rilancio economico e sociale”.

Dall’analisi del rapporto sull’ambiente italiano compiuta da Alessandro Bratti, direttore generale dell’Ispra, emerge un legame sempre più nitido e forte: lo stato di salute del capitale naturale è strettamente legato all’economia a basse emissioni e quindi alla salute dei cittadini. Nei decenni passati un’economia non sostenibile ha contribuito a degradare l’ambiente. Oggi l’Europa, con il Green New Deal, ha scelto di rimettere tutte e tre (ambiente, salute umana ed economia) sullo stesso binario.

Cambiamento climatico

La radiazione di fondo del rapporto sullo stato dell’ambiente italiano è che il cambiamento climatico prosegue la sua lenta avanzata e in Italia l’aumento delle temperature si è fatto sentire più che altrove. Il 2018 è stato uno degli anni più caldi mai registrati, con un aumento medio della temperatura di 1,71°C su territorio nazionale, quando l’aumento medio globale è stato di 0,98°C. Particolarmente colpita dal cambio delle temperature risulta l’avifauna, secondo Alessandro Bratti: solo un terzo delle specie monitorate ha saputo adattarsi ai cambiamenti ambientali.

Biodiversità

L’Italia è uno scrigno di biodiversità se paragonata agli altri Paesi europei: più del 10% della superficie terrestre nazionale (oltre 3 milioni di ettari) è tutelata da 843 aree protette e più di 300.000 ettari di mare rientrano nelle 29 aree marine protette (2 inaugurate nel 2018). Merito anche della legge sulle aree protette introdotta nel 1991. Ciononostante il rapporto registra una grande minaccia al patrimonio di biodiversità italiano: è minacciato il 48% dei pesci ossei di acqua dolce, il 36% degli anfibi e il 23% dei mammiferi, seguiti dal 21% dei pesci cartilaginei, dal 19% dei rettili, e dal 2% dei pesci marini. Sono minacciate inoltre il 42% delle piante vascolari tutelate dall’Unione Europea (202 specie). Tra le principali cause c’è l’introduzione di specie alloctone e potenzialmente invasive, ma anche il degrado del territorio, l’inquinamento e la frammentazione degli habitat.

Inquinamento atmosferico

“L’inquinamento atmosferico è un fattore di rischio per la salute umana e per gli ecosistemi”, si legge nel rapporto. “Nel quadro europeo, l’Italia con il bacino padano, rappresenta una delle aree dove l’inquinamento atmosferico è più rilevante”. Il 21% delle stazioni di rilevamento di PM10 ha registrato valori superiori al limite giornaliero, alcune hanno sforato il limite annuale anche per i PM2,5. “In una prospettiva di medio-lungo periodo (2020 – 2030) sarà necessario implementare misure aggiuntive per realizzare gli obiettivi europei, tramite l’adozione e l’attuazione di un “Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico” si legge. Secondo il rapporto gli obiettivi fissati dall’Oms sono ancora lontani dall’essere raggiunti.

Emissioni di gas serra

Dal 1990 al 2018 si registra però un calo delle emissioni di gas serra del 17,2%: si è passati da un’emissione di 516 milioni di tonnellate di CO2 equivalente a 426 Mt, l’80% delle quali deriva dal settore energetico. C’è stato un aumento dell’utilizzo di energie rinnovabili, che salgono fino al 18,3%, superando gli obiettivi europei fissati per il 2020 al 17%. Si registra dunque un incoraggiante disaccoppiamento (decoupling) tra l’aumento del Pil (seppure lieve) degli ultimi anni e la riduzione delle emissioni.

Acque

Complessivamente buona è anche la condizione dei fiumi italiani (7493 in totale): il 43% raggiunge l’obiettivo di qualità ecologico, il 75% quello di qualità chimico. Più critica la condizione dei laghi (347 in totale): solo il 20% raggiunge l’obiettivo di qualità ecologico, meno della metà (48%) quello chimico. Circa il 60% delle acque sotterranee gode di uno stato di qualità buono. Il 90% delle acque di balneazione costiere è classificato come eccellente. È però allarmante e da tenere sotto controllo l’accumulo dei rifiuti sui litorali.

Suolo

Il consumo di suolo in Italia non si arresta: ad oggi sono andati perduti 23.000 km2 (il 7,6% del suolo nazionale) con una velocità media di 2m2 al secondo. In area costiera il fenomeno è ancora più intenso. Se questa velocità aveva visto un rallentamento nel 2017, c'è stata una riaccelerazione nel 2018. L’artificializzazione del territorio, come la definisce il rapporto, tocca i valori più alti nella Pianura Padana e in particolare in alcune province del Veneto, dove ha superato il 10%. Anche questo dato contribuisce a rendere il territorio italiano, che per il 75% è collinare e montano, particolarmente esposto al rischio idrogeologico. Nel 2018 sono stati 19 gli eventi atmosferici violenti che hanno causato fenomeni di piena repentina (flash flood) sia in ambiente urbano sia rurale. 6 milioni di abitanti vivono in aree a pericolosità idraulica media, mentre quasi 1,3 milioni di abitanti sono esposti a rischio frane: quasi l’8% del suolo nazionale (più di 23.000 km2) è interessato da frane. Quelle italiane sono i 2/3 di tutte le frane censite in Europa.

Rifiuti

Non si registra invece lo sperato disaccoppiamento tra aumento del Pil e produzione dei rifiuti (anche se per l’emergenza CoVid è stato registrato un decremento dei rifiuti urbani negli ultimi mesi). Nel 2018 sono state prodotte 30,2 milioni di tonnellate di rifiuti, un incremento del 2% rispetto all’anno precedente, un valore inferiore alla media mantenuta tra il 2006 e il 2010 (32 Mt), ma superiore a quello del 2011-2012 (inferiore ai 30 Mt). Si registra però un aumento della raccolta differenziata: dei rifiuti prodotti il 58% viene raccolto in modo differenziato (era il 55,5% nel 2017), con una sostanziale differenza però tra nord (67%) e sud (46%). In discarica sono stati smaltiti 6,5 Mt di rifiuti, il 6,4% in meno rispetto all’anno precedente.

Inquinamento acustico e campi elettromagnetici

Troppo elevati secondo il rapporto sono i livelli di inquinamento acustico, ragion per cui più del 60% dei comuni italiani ha approvato il Piano di classificazione acustica. Rimane alta anche l’attenzione sui campi elettromagnetici che hanno superato i limiti di legge.

Agenti chimici

L’UE è il secondo produttore al mondo di agenti chimici dopo la Cina e l’Italia è terza in Europa dopo Germania e Francia. “Le imprese chimiche attive in Italia sono più di 2.800 e occupano circa 110.000 addetti, ma l’uso dei prodotti chimici interessa tutti i settori produttivi. La regolamentazione europea delle sostanze chimiche è probabilmente la più ambiziosa a livello mondiale, il suo scopo è di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente”. Non si registrano variazioni sostanziali nel numero di stabilimenti chimici considerati pericolosi.

Informazione ambientale

Infine Ispra registra un incremento di domanda di informazione ambientale, un tipo di informazione che sta assumendo sempre più un ruolo strategico non solo per i decisori politici, ma per tutti i portatori d’interesse (stakeholders), inclusi i cittadini, il cui ruolo, sia a livello di opinione sia a livello di azione, sarà decisivo nella transizione a un modello di sviluppo sostenibile.

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