SCIENZA E RICERCA

La scienza vs Trump

La rivista inglese Nature ha pubblicato nelle scorse settimane una cronistoria mese dopo mese nel corso del presente mandato di «Come Trump ha danneggiato la scienza». E di come occorreranno decenni per ricostruire tutto quanto è stato distrutto. Nell’articolo firmato da Jeff Tollefson si sottolinea come il presidente americano uscente abbia ostacolato gli sforzi per contrastare la pandemia, fatti passi indietro in termini sia di politica sanitaria che di politica ambientale, minato alla base l’attività di ricerca e le istituzioni scientifiche. «Alcuni di questi guasti potrebbero essere permanenti», sostiene Nature. Di qui l’ovvia e inedita conclusione: americani, votate Joe Biden. 

Ancora più clamorosa è la presa di posizione dell’altra grande rivista scientifica, per così dire generalista, Science, che appartiene all’American Association for the Advancement of Science, proprio perché è una rivista statunitense. Nel corso del 2020 Science ha pubblicato una dozzina di editoriali di esplicito attacco alle decisioni di Trump in merito alla gestione della pandemia da coronavirus. Ma il 18 settembre scorso il suo direttore, Holden Thorp, ha firmato un nuovo editoriale in cui ha attaccato esplicitamente il presidente dal titolo eloquente: «Trump ha mentito sulla scienza». Non c’era solo l’accusa all’amministrazione di Washington di aver sottovalutato il pericolo pandemico, ma c’era la chiamata in causa diretta di Donald Trump: «Prima che ne assumessi la direzione, nell'agosto del 2019, la tradizione di Science era di riferirsi alla "amministrazione", senza fare nomi. Ma quando Trump ha iniziato a negare pesantemente Covid, ho sentito che era il momento di cambiare le cose».

Science, dunque, si è espressa apertamente contro Donald Trump.


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Poco dopo, a inizio ottobre, il giorno 8 per la precisione, è la volta di un’altra rivista scientifica molto prestigiosa: il New England Journal of Medicine (NEJM) che per la prima volta in 208 anni di storia ha preso una posizione politica netta e, in un editoriale dal titolo eloquente, Morire in un vuoto di leadership, ha chiesto un cambio di amministrazione, perché quella di Trump è costituita da persone «pericolosamente incompetenti» e noi «non dovremmo sostenerli né contribuire alla morte di migliaia di altri americani [per Covid-19] permettendo loro di mantenere il posto».

Anche lo Scientific American ha rotto un’antica tradizione che durava da 175 anni, ovvero dalla sua nascita, ed è “scesa in campo” attaccando Donald Trump e auspicando che perda le elezioni. Così la direttrice, Laura Helmuth: «Quest’anno siamo obbligati a questa scelta. E non la facciamo alla leggera». L’accusa è grave: «Donald Trump ha pesantemente danneggiato gli Stati uniti. L’esempio più devastante è la risposta disonesta e inetta alla pandemia di Covid-19, costata al paese 190 mila vite umane finora [al momento in cui scrive, metà settembre]. Ma Trump ha attaccato anche le politiche ambientali, l’assistenza sanitaria, i ricercatori e le agenzie di ricerca pubbliche che ci aiutano a prepararci alle sfide più difficili». 

Nel suo editoriale Laura Helmuth elenca anche tutte quelle che, a suo parere sono state le “menzogne del presidente". Lo Scientific American va un po’ più avanti delle altre riviste: non si limita a criticare Trump ma propone un esplicito endorsement a favore dello sfidante democratico, Joe Biden

Potremmo continuare a lungo perché molte altre sono state le prese di posizione negli USA e fuori – per esempio, come non ricordare le dure reprimende della rivista The Lancet sulla gestione della pandemia? –, tanto da poter intitolare questo articolo La scienza vs Trump, la comunità scientifica contro il presidente repubblicano.

Ma veniamo al succo dell’inedito problema. Gli Stati Uniti hanno fondato sulla scienza la loro leadership economica oltre che militare mondiale dopo la Seconda guerra mondiale. E la politica ne è sempre stata consapevole. Tanto che gli scienziati USA sono non solo classe dirigente, ma classe di governo. Interlocutori privilegiati dell’amministrazione di Washington. In realtà bisognerebbe dire sono stati, perché con Trump si è consumata una rottura. Una rottura inedita, per vastità e profondità. E questo proprio mentre, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, gli Usa in fatto di scienza hanno un competitore (quasi) all’altezza: la Cina.

Non lo sono stati in passato l’URSS, che pure avendo una ricerca scientifica molto avanzata in alcuni settori della scienza di base e applicata, non potevano certo competere in capacità tecnologiche. Non lo è stata l’Europa, anche dopo pur aver recuperato la ricchezza scientifica perduta col nazifascismo e con la guerra, ha sempre avuto una collaborazione molto stretta con gli USA e, dunque, non la si può considerare un competitore. La Cina oggi invece sfida gli Usa: nel campo dei finanziamenti, ormai quasi pari in assoluto; nel campo del personale addetto (la Cina ha superato gli USA); per infrastrutture (le dotazioni crescono a ritmi altissimi nel paese del Dragone) e, da qualche tempo la sfida sta diventando anche di tipo qualitativo (anche se la Cina ha ancora molta strada da percorrere). 

In questa situazione e proprio nella sua sovranista, “rompere” con la propria comunità scientifica è un boomerang per Trump. Non tanto in termini elettorali: le riviste scientifiche e la comunità che rappresentano non hanno “divisioni elettorali”, per parafrasare una dichiarazione di Stalin riguardo al Vaticano. Ma se l’intento di Trump è quello di confrontarsi con la Cina per conservare la leadership economica e tecnologica, be’, l’ultima cosa che deve fare entrare in conflitto con gli scienziati del suo paese.

Se poi questa rottura si verifica nel corso di una pandemia, significa sacrificare molte vite umane. E questa non è certo una conseguenza da poco.

Tutto ciò avrà conseguenze difficili da recuperare in tempi brevi, come sostiene Nature. Ma al momento è difficile dire se avrà conseguenze sulle prossime elezioni presidenziali. Per questo, però, non resta che aspettare una settimana.    

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