SOCIETÀ

Non sappiamo di preciso quante siano le armi nucleari nel mondo

Era il 1955 quando Bertrand Russell e Albert Einstein, due premi nobel, avevano il timore di una nuova guerra totale, con armi anche 2.500 volte più potenti di quella che ha distrutto Hiroshima. Con conseguenze facilmente immaginabili per l’intera specie umana. Da quei timori ne nacque un manifesto, il Manifesto Einstein-Russell che venne reso pubblico due mesi dopo la morte di Einstein, il 9 luglio 1955. Da quel dialogo sapiente nacquero anche le Pugwash Conferences on Science and World Affairs ed una fitta rete per il disarmo.

Il fisico e il filosofo avevano ben visto la corsa a riempire gli arsenali di Stati Uniti e Unione Sovietica. La crescita sembrava incontrollata e infatti i dati ci confermano che dagli anni ‘50 in poi, tra bombe H, bombe a fissione, a fusione, a potenza controllata o incontrollata, nel mondo c’è stata un’impennata alla produzione. Parliamo a livello globale ma, di fatto, quello era il periodo della binarietà: USA contro Russia, anche per quanto riguarda gli arsenali nucleari.

Il picco della corsa agli armamenti è arrivato nel 1986. Come raccontava Francesco Lenci nel nostro giornale, a seguito dei colloqui di Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov di Reykjavík del 1986, venne dichiarato che “una guerra nucleare non poteva essere vinta e pertanto non doveva mai essere combattuta”. Per questo nel dicembre del 1987, a Washington, fu firmato il Trattato INF (Intermediate Nuclear Forces) che portò all’eliminazione e distruzione di tutti i Cruise, PershingII e SS-20, con gittata tra 500 e 5.500 Km (2.692 in tutto) e avviò il cammino verso la fine della “Guerra fredda”. Da quel momento in poi, pian piano, gli arsenali sono diminuiti, ma di certo non si sono svuotati. 

Nel 1998, poi, IndiaPakistan entrarono nella lista degli Stati con armi nucleari, per altro senza aderire al Trattato di Non Proliferazione. Anche Israele è in questa lista, sebbene non abbia mai ammesso o confermato il possesso di tali armi. Da pochi anni, infine, anche la Corea del Nord è entrata nel novero degli Stati nucleari. Il Trattato infine, non gode certo di salute anzi, possiamo dire che di fatto è morto.

Ma quindi quanti e quali Stati hanno le armi nucleari? Sarebbe bello poter dare una risposta chiara e precisa a questa domanda, ma non si può. Dobbiamo fidarci di alcune stime della Federation of American Scientists che ci dicono come, nonostante i progressi nella riduzione degli arsenali nucleari dalla Guerra Fredda, l'inventario mondiale combinato di testate nucleari rimanga a un livello molto elevato: nove paesi possiedono circa 12.331 testate.

A ben vedere la scena è ancora dominata da due potenze: Stati Uniti e Russia, che possiedono insieme circa l’88% dell’intero arsenale nucleare mondiale. Ancora più significativo: detengono l’84% delle testate operative, quelle cioè disponibili all’uso militare in tempi rapidi. Gli altri Paesi dotati di armi nucleari, cioè Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele, restano a grande distanza, ma con tendenze che preoccupano: molti stanno infatti aumentando i propri arsenali, rompendo il fragile equilibrio costruito nei decenni passati.

Il picco del 1986 e le armi pronte al lancio

Come abbiamo visto, dal picco raggiunto nel 1986, con oltre 70.000 testate, il numero complessivo di armi nucleari nel mondo è sceso in modo significativo ma questo è un trend che è drasticamente rallentato negli ultimi anni. 

C’è un altro dato che emerge dalle stime della FAS e che è paradossale: mentre l’inventario totale diminuisce, il numero di testate effettivamente operative è in crescita. All’inizio del 2025, circa 9.600 testate si trovano negli arsenali militari dei nove Paesi nucleari, e circa 3.900 di queste sono dispiegate presso basi missilistiche o bombardieri. Di queste quasi 4.000 testate operative, circa 2.100 (tra USA, Russia, Regno Unito e Francia) sono in stato di massima allerta, pronte al lancio in pochi minuti. Tutto ciò è eredita della MAD, cioè la Mutua Assicurata Distruzione, quell’equilibrio fondato sul terrore in cui una potenza di fatto avrebbe potuto attaccare ma anche subire gli stessi danni.

I dati mancanti

Tutto quello che abbiamo detto fin qui però, è basato su delle stime, su analisi storiche, immagini satellitari e indiscrezioni. Gli Stati nucleari infatti, dati certi non ne lasciano in quanto la questione nucleare è un segreto di Stato. 

Tra il 2010 e il 2018 gli Stati Uniti hanno reso pubblica la dimensione totale delle proprie riserve, ma nel 2019 l'amministrazione Trump ha interrotto tale pratica. Nel 2020, l'amministrazione Biden ha ripristinato la trasparenza nucleare ma poi si è rifiutata di declassificare i dati sulle riserve statunitensi per il 2021, il 2022 o il 2023. Allo stesso modo anche il Regno Unito nel 2021 ha annunciato che non avrebbe più divulgato dati pubblici relativi alle sue riserve operative, alle testate dispiegate o al numero di missili schierati. Nel 2023 infine, sia Stati Uniti che Russia hanno deciso di non condividere più i dati pubblicamente disponibili sulle loro testate strategiche e sui loro lanciatori dispiegati, come previsto dal Nuovo Trattato START. In tutto ciò, tutti gli Stati continuano a modernizzare le loro forze nucleari rimanenti e non sembra più esserci un reale spiraglio di un disarmo nucleare.

C’è una domanda che i due pensatori con cui abbiamo aperto questo articolo si facevano nel loro manifesto e che, vista oggi a 70 anni di distanza purtroppo sembra ancora più attuale che mai: “metteremo fine alla razza umana, o l’umanità rinuncerà alla guerra?”.

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