SCIENZA E RICERCA

La vita segreta della plastica

Alimenti, beauty products e vestiti sono solo alcuni degli oggetti quotidiani che fanno parte della nostra vita i cui contenitori o imballaggi sono in plastica. Possiamo tranquillamente affermare che la plastica avvolge il nostro mondo e spesso, purtroppo, la ritroviamo in qualche bosco in cumuli di rifiuti abbandonati o nei nostri mari, sotto forma di vere e proprie isole di immondizia, come la celeberrima Pacific Trash Vortex.


La plastica ci ha cambiato la vita, semplificandola per alcuni versi, ma ponendoci di fronte alla questione dello smaltimento per altri. Negli ultimi anni qualcosa sembra si sia smosso sia nelle nostre coscienze come consumatori, che nel mercato con l'introduzione di materiali eco-friendly. È il caso, ad esempio, delle ecotazze in bambù che possono essere smaltite nell'organico dopo averle lasciate in ammollo in acqua bollente per qualche minuto o della startup finlandese Sulapac, i cui prodotti di packaging verranno lanciati nel 2019. Il loro punto di forza? La durata di 3 anni, se conservati in casa, e la decomposizione in soli 21 giorni nel compost. 


 

Quello che è importante ricordare è che ogni prodotto creato dall'uomo consuma energia e risorse per nascere e avrà un impatto di qualche tipo sull'ambiente: non necessariamente un oggetto eco-friendly dal punto di vista dello smaltimento lo è anche da quello produttivo e viceversa, come ci ha insegnato l'annosa questione delle bacchette di legno usa e getta che mettono in pericolo il patrimonio boschivo

Michele Modesti, professore di Processi di trasformazione e riciclo delle materie plastiche e di Processi industriali chimici presso il dipartimento di Ingegneria industriale dell'università di Padova, ci ha spiegato che trovare dei materiali biocompatibili efficaci, alternativi alla plastica, nell'industria del packaging è più semplice perché non è necessario che la durata dei contenitori sia decennale. Ma la plastica viene impiegata anche in altri mercati: "Building and constructions, cioè l'edilizia che richiede plastiche che abbiano tempi di vita di 40/50 anni. Il settore auto, soprattutto in prospettiva futura, quando si diffonderanno le auto elettriche che richiederanno materiali leggerissimi: le plastiche saranno molto usate e dovranno durare almeno un decennio. Poi c'è tutto il settore biomedicale".

Le bottiglie si buttano nella plastica o nell'umido? - Riprese e montaggio di Elisa Speronello

Un materiale come la bioplastica - quella di cui sono fatti i sacchetti della spesa introdotti recentemente nei supermercati italiani - di origine naturale e non fossile, come invece è la maggior parte delle plastiche, ha un minor carbon foot print in termini di emissione di CO2 durante la sua lavorazione, come ci spiega Modesti: "Può avere una sua collocazione nel packaging alimentare e non, dove il tempo di vita dell'oggetto è di mesi. Tuttavia bisogna stare attenti, e andare a vedere il suo smaltimento come viene fatto. Non sempre i termini bio, green, eco sono sinonimo di qualcosa di positivo: ci sono degli studi che dimostrano che queste bioplastiche si degradano più velocemente nel giro di giorni e settimane, però si riducono in coriandoli che finiscono nel ciclo di vita della fauna, risultando più negative rispetto a un altro tipo di materiali che, invece, rimangono praticamente intatti. La percentuale di bioplastiche prodotte rispetto alle materiale plastiche è del 5/6%, di questa percentuale, circa il 60% a oggi non è biodegradabile. Una parte di quelle biodegradabili è anche compostabile ".

"Quasi tutte le plastiche sono riciclabili - continua Modesti - o per via meccanica, quindi riciclo fisico-meccanico, oppure, se questo non è possibile, tramite termovalorizzazione. Questa è considerata la forma peggiore di riciclo, però è pur sempre un metodo che permette il recupero di buona parte dell'energia spesa durante la produzione. Questa è utilizzabile per produrre energia elettrica, che viene venduta e immessa nelle reti, oppure per il teleriscaldamento. Brescia è uno delle città in cui sono state tolte tutte le caldaie della città, perché il riscaldamento avviene grazie a delle tubature che partono dal loro termovalorizzatore e arrivano nelle singole case, come una rete telefonica. Il costo della bolletta per l'elettricità e il riscaldamento è bassissimo, questo costituisce un vantaggio. Ci spiegavano che i camini sono monitorati di continuo, giorno e notte, con degli strumenti a infrarossi e gascromatografi, collegati con l'agenzia regionale. Da quello che diceva l'azienda, a proposito delle loro emissioni, i livelli sono molto al di sotto di quelli consentiti dalla legge".
 

"Il riciclo fisico-meccanico degli imballaggi di qualsiasi materiale è gestito da dei consorzi appositi, nel caso delle materie plastiche è il Corepla che gestisce tutta la filiera. In accordo con i comuni italiani, a cui paga una certa cifra per ogni tonnellata di materiale che raccolgono, si fa carico dei rifiuti, li ricicla e li rimette sul mercato. Tutti i paesi del nord Europa che vengono considerati i migliori da un punto di vista ambientale, in realtà lo sono perché hanno adottato già da diversi anni il modello discarica zero, bruciando praticamente tutto, utilizzando cioè l'incenerimento come fonte di smaltimento. In Italia 1/3 dei rifiuti è smaltito tramite incenerimento, 1/3 tramite riciclo fisico-meccanico e la restante quantità mediamente finisce in discarica. Questo significa buttar via un sacco di materia prima che è costato un sacco di soldi produrre".
 

Insomma, il mondo della plastica è duttile e variegato, i consumatori hanno tanto da imparare sulle loro scelte quotidiane, a partire dalla terminologia e dal corretto smaltimento dei rifiuti: la bioplastica, deriva da polimeri a base vegetale, come l'amido di mais, la canna da zucchero o la cellulosa, mentre la plastica classica deriva da fonti fossili, come il petrolio. La composizione bio-based non garantisce la biodegradabilità, cioè non è garantito che non danneggi l'ambiente e la fauna se gli oggetti vengono smaltiti scorrettamente: l'acido polilattico (Pla) è biodegradabile, mentre non lo è il bio-Pet. Inoltre, la biodegradabilità non garantisce la compostabilità, infatti un prodotto biodegradabile deve decomporsi del 90% entro 6 mesi, mentre è compostabile quel materiale che si decompone in meno di 3 mesi. Per questo motivo le bioplastiche non compostabili non andrebbero buttate nell'organico, ma comunque nella plastica. 
 

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