CULTURA

The Wall. Un muro distrutto dalla puntina del giradischi

Nel gesto semplice e “antico” di cercare un disco da una collezione di 33 giri (i cosiddetti Long playing) vi sono racchiuse, tutte insieme, molte emozioni: la passione per la musica, la voglia di ritrovare i colori di una copertina, a volte la commozione vintage (tipica dei collezionisti) di tenere in mano un oggetto raro.

La musica, sempre più “immateriale”, ha perso negli anni così tanto spessore da far tornare la voglia di poterla toccare di nuovo. Sono riapparsi i “moderni” giradischi, mentre i “vecchi” lettori CD hanno preso la strada (le umide scale) della cantina, in attesa di un ulteriore rilancio, di una promozione a oggetti d’epoca. 

Quarant’anni fa, il 30 novembre 1979, si poteva trovare per la prima volta negli scaffali dei negozi di musica, scorrendo i dischi ordinati per autore fino alla lettera “P”, una copertina destinata a divenire immortale, un’icona del Rock: The Wall del gruppo britannico dei Pink Floyd.

Senza fatica si poteva alzare, dalla lunga serie di LP, un leggerissimo muro, una sorta di tramezzo a delineare il perimetro di una nuova musica rock. La copertina si presentava come un semplice fondo bianco ingabbiato da una rete regolare di segni neri, fronte e retro, con stampato al centro, in eleganti caratteri corsivi: “Pink Floyd The Wall”.

Un’immagine straniante, respingente, che immediatamente suggeriva degli interrogativi: Che cosa si trova oltre al muro? Da cosa lo sguardo dev’essere escluso?

Aperto il doppio album, vi scoprivamo illustrato, serrato, chiuso dietro la cortina bianca dei mattoni, Pink. Dietro al personaggio Pink c’è Roger Waters: bassista, voce, e geniale compositore dei Pink Floyd, vero ideatore del disco. Accanto a Waters gli altri storici componenti del gruppo: David Gilmour, celeberrima chitarra e seconda voce del gruppo; Nick Mason alle percussioni; Richard Write alle tastiere.

Si devono invece al grande disegnatore Gerald Scarfe tutte illustrazioni e il caratteristico font calligrafico (che prenderà il nome di “Floydian”) che correda con elegante grafia corsiva tutte le immagini presenti sul disco.

The Wall è un disco articolato, denso di contenuti e − strano a dirsi per essere una semplice barriera di mattoni − profondissimo, pensato a più livelli di senso sovrapposti. La musica è poi, in tutte le diverse melodie e innumerevoli effetti sonori, prodigiosa, fatta di ritmi coinvolgenti e trascinanti.

 

Iniziato l’ascolto, l’ambiente si tinge subito di situazioni particolari, di visioni e atmosfere alienanti.

Waters accompagna con la musica tutti i momenti più dolorosi della sua vita, dall’infanzia sino al suo diventare una rockstar. Ciascun episodio contribuisce, mattone dopo mattone, a costruire il suo personale muro di impenetrabile rassegnazione.Un capolavoro autobiografico denso di stimoli visivi che sono fatti palpitare, tra esperienza e memoria, lungo tutto lo scorrere del disco. 

Nel succedersi dei brani dell’album e nei concerti dal vivo, la prima parte è dedicata alla costruzione del muro di angoscia del protagonista Pink-Waters, la seconda descrive la via che porta alla sua definitiva demolizione.

Pink pattina sul ghiaccio sottile della vita e rapidamente vede comparire davanti a sé, uno dopo l’altro, tutti quegli eventi, tutte quelle relazioni, sempre più violente e difficili, che lo portano a costruirsi un muro protettivo per ripararsi dal mondo esterno.

L’infanzia segnata dalla perdita del padre (Eric Fletcher Waters, morto nella battaglia di Anzio del 1944, quando Roger ha un anno) e l’atteggiamento protettivo e squilibrato della madre, sono i suoi primi veri macigni.

Subito dopo, nel popolarissimo coro di bambini di Another Brick in the Wall (part II), si nasconde – con quel ritmico effetto delay della chitarra di Gilmour – il dramma del rapporto di Pink (e della sua generazione) con la Scuola. In una delle canzoni più note della storia del Rock egli denuncia l’istituzione scolastica come luogo dove l’istruzione è inculcata con la violenza e l’insegnamento è controllo del pensiero. 

Nella scuola di oggi, dove l’insegnante ha smarrito autorità e la cattedra ha perso il gradino che la poneva sopra il livello dei banchi degli scolari, chi, in nome di questo scalino perduto, ha costruito un nuovo muro? Chi avrà il compito di distruggerlo per ristabilire un contatto?

Pink si fa presto uomo, si sposa e diviene, come Waters, una famosa rockstar. Dopo gli indimenticabili cori di Goodbye Blue Skye un brano “sospeso” e fitto di interrogativi come Empty Spaces, ad alzare ancora il muro ci sono le brame giovanili, esplicitamente sessuali, del protagonista. One of My Turnssegna, dopo il tradimento della moglie, il tracollo esistenziale di Pink: una canzone che si accende all’improvviso di ritmi rock, che alza il volume con versi pieni di stizza e di rabbia.

Goodbye Cruel World chiude il primo disco: il muro è concluso. A questo punto, al concerto, lo sguardo degli spettatori è occultato da 340 scatole di cartone (che raggiungono dieci metri di altezza) a nascondere completamente il palco e i musicisti. Il muro è diventato uno scenografico schermo dove vengono proiettati spezzoni dei cartoni animati di Scarfe.

Il momento più basso della vita di Pink, del suo totale autoisolamento, coincide con quello più alto del “suo” muro. Una condizione estrema che lo porta al desiderio – si dirà, solamente “psichico” – del suicidio.

Lo stilo s’appoggia dolcemente sul secondo vinile e comincia la seconda parte di The Wall

Ritroviamo subito, lì dove l’avevamo lasciato, il nostro Pink. Ora però cerca uno spiraglio, chiede aiuto: Is There Anybody Out There?

Alla sofferenza dei ricordi, del percorso esistenziale, si aggiunge il dolore fisico: Pink è nella sua camera di albergo prima del concerto e si sente male. In Comfortably Numb il protagonista (la voce è di Waters) descrive al medico (Gilmour) il proprio malessere. In concerto Waters appare davanti al muro, mentre Gilmour sbuca in cima per suonare il suo memorabile assolo.

L’iniezione del medico-Gilmour, indispensabile per portare avanti lo spettacolo, fa cadere Pink-Waters nell’allucinazione. Egli s’immagina un dittatore che incita il pubblico all’odio razzista, rappresentato da enormi martelli marcianti. 

Cambia improvvisamente il ritmo. Le corde di Gilmour incalzano note e voci di un pezzo tra i più rappresentativi e frenetici di The WallRun Like Hell (Corri come un pazzo). Pink scappa, fugge dal proprio delirio, dal proprio passato. 

Con l’esaurirsi dell’effetto allucinatorio Pink si rende conto di voler uscire dallo show. Alla resa dei conti, Waters lo immagina (anzi si immagina) coinvolto in un processo istruito da un giudice con le orribili sembianze di un verme. Vengono chiamati a parlare tutti i suoi più grandi “mattoni”: il maestro, la moglie e la madre. Scarfe li illustra tutti insieme all’interno della copertina aperta del disco. Pink è accusato di provare “sentimenti quasi umani”, e viene condannato a lasciare la comunità racchiusa nel muro per averne tradito i valori. La sentenza non si lascia attendere: “Tear down the wall! Tear down the wall!” (Giù il muro!). Un boato e il muro finalmente crolla.

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