SOCIETÀ

Mediterraneo: a settembre un migrante su 5 è morto in mare

Negli ultimi 4 mesi in Italia sono giunti 61 migranti al giorno. In un periodo in cui le vicende economiche del paese hanno la quasi totale attenzione dell’opinione pubblica, in Italia continuano ad arrivare persone che non sempre fanno notizia, se non quando qualche ministro decide che una nave, che sia di una ONG come l’Aquarius o che sia della guardia costiera italiana come la Diciotti, non può sbarcare sulle nostre coste.

Il numero di arrivi continua ad essere relativamente basso rispetto al periodo “pre Minniti”, quello che però fa riflettere invece è il numero dei morti in mare negli ultimi mesi. Il rapporto pubblicato dall'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale)  ha posto l’accento proprio sulla probabilità di morte che ha chi cerca di arrivare nel nostro paese attraverso la “rotta Libica”.

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“Questo settembre - ha dichiarato Matteo Villa dell’ISPI - il 19% di chi sappiamo avere tentato la traversata dalla Libia è risultato morto o disperso, una percentuale mai registrata lungo la rotta del Mediterraneo centrale da quando si dispone di statistiche sufficientemente accurate”.

Un migrante su 5 ha perso la vita in mare nel tentativo di giungere in Italia

Secondo i dati IOM infatti, a risultare morte o disperse nel Mediterraneo nel solo mese di settembre sono state 185 persone, a fronte di 884 sbarchi. Un migrante su 5 quindi ha perso la vita in mare nel tentativo di giungere in Italia.

Sono numeri che dal 2014 ad oggi sono in netta diminuzione, ma è la proporzione sbarchi/decessi che preoccupa. Nello stesso periodo del 2016, cioè da giugno a settembre, in mare sono scomparse 1.045 persone, a fronte di 84.160 sbarchi, il che significa che la percentuale di morti o dispersi in mare è stata dell'1,24%. Durante lo stesso periodo dell'anno scorso, secondo i dati rilasciati dal Ministero dell'Interno (che differiscono di qualche decina di persone rispetto a quelli riportati nel grafico e rilasciati dall'UNHCR) sono giunti in Italia 45.189 migranti e ne sono morti 937, cioè il 2,07%, una percentuale ben distante dal quasi 20% del settembre 2018.

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In un periodo in cui le ONG sono di fatto impossibilitate a prestare soccorso nel Mediterraneo centrale, ed in cui la vita dei migranti è appesa agli aiuti provenienti dalla Guardia Costiera libica, questo è un dato che non può non far riflettere. 6,1 morti ogni giorno (che aumentano a più di 8 se prendiamo in considerazione il periodo che va da giugno a settembre) è un dato inferiore a quello riscontrato nei 12 mesi precedenti al calo degli sbarchi (dal 16 luglio 2016 al 15 luglio 2017), e quindi alle politiche che possiamo definire “di Minniti”, ma è più del doppio rispetto proprio al periodo in cui queste politiche sono state attuate (le politiche Minniti vanno dal 16 luglio 2017 al 31 maggio 2018, dopo di che si è insediato il Governo Conte).

Il dato è inevitabilmente monco se si vuol avere una visione d’insieme di queste politiche (manca un riscontro su ciò che succede in Libia nella fase precedente alla possibile partenza dei migranti, una fase spesso fatta, secondo anche i racconti dei migranti giunti in Italia, di sevizie e torture), ma può sicuramente essere utile per capire ciò che accade nel mar Mediterraneo. Nel “nostro” mare si continua a morire e lo si fa a quantità che, se parlassimo di nostri concittadini, farebbero inorridire i più.

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