SCIENZA E RICERCA

I dati del cambiamento climatico: aumentata la concentrazione di gas serra nell'atmosfera

I cambiamenti del clima sono al centro dell’attenzione mondiale, dopo che Greta Thunberg ha dato la stura a un movimento di giovani (e meno giovani) che chiedono di contrastarli prima che sia troppo tardi.

È la stessa indicazione che viene dalla comunità scientifica che si occupa di clima. Diciamo dalla comunità scientifica e non fa una parte, perché c’è un consenso pressoché unanime sui dati raccolti, oltre che sui modelli che consentono di effettuare delle previsioni.

Per cercare di capire perché esiste questo consenso unanime, abbiamo deciso di proporre uno speciale sul clima in diverse puntate, partendo proprio dai dati.

La composizione chimica dell'atmosfera

Quelli che vi proponiamo oggi sono relativi alla composizione chimica dell’atmosfera. La gran parte dell’atmosfera terrestre è costituita da azoto (78,1%); ossigeno (20,9%). C’è un terzo gas, l’argon, presente in ragione dello 0,9%.

Tutti gli altri sono presenti in tracce. Noi ci occuperemo di questi composti in tracce, perché alcuni di loro danno un contributo decisivo al clima del pianeta Terra.

1) CO2. La concentrazione in atmosfera di anidride carbonica – o, come dovremmo dire più correttamente secondo la nomenclatura chimica, di biossido di carbonio (CO2) – ha superato la soglia delle 415 parti per milioni (ppm) il 15 maggio 2019. È una concentrazione superiore del 48% a quella dell’epoca preindustriale, quando la concentrazione di CO2 in atmosfera era attestata sulle 280 ppm. I dati sono quelli pubblicati quotidianamente sul proprio sito dal Mauna Loa Observatory nelle Hawaii.


2) CH4. Intanto la concentrazione di metano (CH4) è salita 1.870 parti per miliardo (ppb). Era di 750 ppb nell’epoca preindustriale. Dunque, negli ultimi due secoli, c’è stato un aumento del 133%. A differenza della CO2, la tendenza all’aumento del metano procede a gradini. Tra il 2000 e il 2007 si è fermata in maniera stabile intorno al valore di 1.770 ppb. Poi tra il 2007 e il 2014 è cresciuta a un ritmo sostenuto: 5,7 ppb per anno. A partire dal 2014 e fino a oggi la velocità d’incremento è raddoppiata, raggiungendo i 9,7 ppb per anno. I dati sono stati pubblicati di recente (giugno 2019) sulla rivista Science. Una molecola di metano ha una capacità di intrappolare calore trenta volte superiore a quella del biossido di carbonio. Per cui l’attuale concentrazione in atmosfera di CH4 equivale a (1,9 x 30) a circa 57 ppm di CO2.


3) N2O. La concentrazione di N2O, il protossido di azoto, in atmosfera ha superato la soglia di 330 ppb. Era all’incirca di 280 ppb in epoca preindustriale. L’aumento, che negli ultimi anni procede in maniera lineare, è stato del 18% rispetto all’anno 1800. Il protossido di azoto ha una capacità di trattenere calore 300 volte superiore alla CO2. Cosicché questo composto azotato equivale a 99 ppm di biossido di carbonio.

4) CFC, HCFC e HFC. Ci sono poi i clorofluorocarburi (CFC), che sono prodotti di sintesi e non esistevano prima del 1930. La loro attuale concentrazione è di: 0,5 parti per miliardo per il CFC-12 e di 0,2 ppb per il CFC-11. Entrambe queste concentrazioni sono in leggera diminuzione a partire all’incirca dal 1990. In atmosfera sono presenti, a livello crescente, anche gli aloclorofluorocarburi (HCFC-22, soprattutto), con una concentrazione pari a 0,2 ppb, e gli alofluorocarburi (HFC-134a soprattutto) presente in ragione degli 0,1 ppb. I dati sono quelli pubblicati dalla NOAA degli Stati Uniti. Poca cosa, queste concentrazioni, se non fosse che la capacità di trattenere calore di queste sostanze è tra 1.000 e 13.000 quella del biossido di carbonio. Cosicché la presenza di queste sostanze in atmosfera equivale a quella di alcune parti per milione di CO2.

 

La caratteristica comune di queste sostanze è una certa capacità di trattenere il calore. Detto in termini più rigorosi, significa che essi sono trasparenti alla luce proveniente dal Sole e, dunque, la lasciano passare e giungere sulla Terra, mentre trattengo i raggi infrarossi (il calore) emesso dalla Terra. Dopo aver raggiunto la saturazione, questi gas emettono la radiazione infrarossa in ogni direzione. Una parte, dunque, verso lo spazio e una parte verso la Terra stessa. Di conseguenza essi si comportano come una coperta, che trattiene il calore emesso da un corpo.

Si calcola che senza questi gas – non a caso detti gas serra – la temperatura al suolo del nostro pianeta sarebbe 33 °C inferiore alla media attuale: circa -18 °C invece degli attuali 15 °C. Senza di loro, la Terra sarebbe un’enorme palla di neve.

In realtà a formare la coperta termica contribuisce in maniera preponderante il vapor acqueo. Che generalmente non viene preso in considerazione perché abbastanza indipendente dalle dinamiche che coinvolgono le attività umane.

 

I vari gas serra hanno un tempo medio di permanenza in atmosfera molto diversificato. Una molecola di biossido di carbonio resta in media in atmosfera poco più di cinque anni. Una di protossido di azoto 121. Questi dati sono importanti per studiare l’accumulo delle varie sostanze in atmosfera. E tuttavia non basta tener conto del tempo medio di permanenza per molecola.

Perché, per esempio, una molecola di CO2 dopo aver trascorso mediamente 5 anni in atmosfera finisce negli oceani, dove avviene uno scambio. Una molecola di CO2 entra in acqua e un’altra ne esce e si trasferisce in atmosfera.

Esiste un ciclo della CO2 che tiene conto degli scambi terraferma, atmosfera, oceani. Se una nuova fonte immette in atmosfera una quantità extra di CO2, questa quantità extra resta nella troposfera (la parte più vicina al suolo dell’atmosfera) per centinaia di anni.

In definitiva, la dinamica dei gas serra in atmosfera è piuttosto complessa. Per meglio definirla, i climatologi hanno introdotto una nuova misura, il Global Warming Potential (GWP). In pratica è la misura di come una serie di molecole riescono a intrappolare calore fatto 1 la capacità della CO2. E poiché questa capacità comparata si modifica nel tempo, ecco che in tabella proponiamo il GWP dopo 20 anni e dopo 100 anni.


L'articolo fa parte di uno speciale più ampio sui cambiamenti climatici.

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