SCIENZA E RICERCA

Gli anti-vaccinisti online alla conquista degli indecisi

La corsa al vaccino per il CoVid-19 è iniziata. Secondo i più ottimisti il traguardo verrà tagliato già questo autunno, i più realisti dicono non prima di 12-18 mesi. Una volta individuata la soluzione più efficace andrà pianificata la logistica della distribuzione, in modo tale che nessuno resti escluso. Alcuni Stati sembrano interessati a privilegiare anche su questo fronte gli interessi nazionali. Ma non è solo questa inedita forma di sovranismo vaccinale a minacciare un ampio accesso alle vaccinazioni.

Uno studio pubblicato su Nature ha analizzato da febbraio a ottobre 2019 il comportamento online di 85 milioni di individui distribuiti su 1.300 pagine Facebook, classificate come anti-vacciniste, a favore dei vaccini, oppure indecise sull’argomento.

Lo studio firmato da Neil Johnson, fisico della George Washington University a Washington DC, trova che in termini assoluti gli anti-vaccinisti sono meno numerosi della comunità a favore dei vaccini. I pro-vax hanno meno pagine ma più followers, mentre i no-vax sono organizzati in una costellazione di pagine più piccole ma più frastagliate. Tuttavia, le pagine anti-vacciniste sono meglio connesse con quelle degli indecisi. Inoltre i numeri degli antivaccinisti sono cresciuti più velocemente nel periodo considerato e le stime prodotte dagli autori dicono che nel giro di 10 anni, se il trend verrà confermato, gli antivaccinisti potrebbero diventare più numerosi di chi è a favore delle vaccinazioni.

“Le comunità polarizzate di pro-vax e no-vax sono intermediate da una comunità di indecisi che stanno nel mezzo e lo studio tenta di quantificare la presenza di queste persone” commenta Walter Quattrociocchi, direttore del laboratorio data science and complexity all’università Ca’ Foscari di Venezia e autore di alcuni studi pionieristici sulla polarizzazione online. Quattrociocchi è anche membro della task force ministeriale sull’analisi dati e coordina la parte relativa ai dati del web. “Queste quantificazioni sono difficili perché si basano su assunzioni, non c’è una quadratura esatta di quello che stiamo studiando, sono tutti argomenti abbastanza nuovi. Nei nostri studi non abbiamo considerato la comunità intermedia, proprio per le problematiche che si riscontrano nel definirla, ma abbiamo considerato la capacità di assorbimento dei contenuti delle due comunità polarizzate di pro-vax e no-vax. Anche la nostra analisi aveva trovato che la comunità no-vax fosse in cerca di nuovi adepti, mentre quella pro-vax era più incline alla semplice fruizione dell’informazione”.

Intervista a Walter Quattrociocchi, direttore del data science and complexity lab dell'università Ca' Foscari di Venezia. Montaggio di Elisa Speronello

Lo studio trova anche che la comunità online dei vaccinisti è chiusa in una echo chamber, non riesce a raggiungere chi la pensa diversamente, mentre gli anti-vaccinisti fanno ricorso a narrative molto più ampie, che toccano le corde del principio identitario e fanno leva sulla sfera emotiva, risultando più efficaci e contribuendo ad aumentare il volume della comunità. Il senso di “antagonismo che si costruisce su soglie di sfiducia” è la chiave delle strategie narrative della comunità no-vax, secondo Walter Quattrociocchi. “L’anti-vaccinismo è uno dei mezzi per manifestare l’opposizione al sistema, come hanno mostrato tra gli altri i lavori di Cornelia Betsch. Nel contenuto scientifico non c’è necessariamente una componente narrativa di questo tipo, non c’è un engagement effettivo, almeno nelle frange meno estreme. Poi ci sono anche lì quelle più estreme che sfociano nello scientismo”.

Un altro aspetto interessante dello studio è che le comunità a favore dei vaccini sono meglio connesse a livello nazionale e globale, mentre quelle anti-vacciniste sono più interconnesse a livello locale. Un lavoro effettuato sulla distribuzione del voto sulla Brexit aveva trovato un pattern simile nella vita reale offline: “chi era per la narrativa antagonista viveva nelle aree periferiche. Per fare proselitismo è più utile stare in ambienti poco presidiati, un po’ come facevano i terroristi islamici, che cercavano profili psicologici di un certo tipo e isolati. È una strategia che funziona non solo per il terrorismo ma in generale per il ragionamento settario” spiega Quattrociocchi.

Riguardo alla possibilità che gli anti-vaccinisti nel giro di 10 anni arrivino a superare coloro che sono a favore dei vaccini, come suggeriscono Neil Johnson e colleghi, non è detto che il trend venga confermato su un periodo così lungo. “È fuori di dubbio che ora il trend sia in crescita. Cresce con la polarizzazione, l’antagonismo è benzina per la narrativa no-vax e credo che chi parli maggiormente dei no-vax siano i pro-vax. La situazione quindi crescerà, è vero, ma io credo che a un certo punto raggiungerà una saturazione critica che la frenerà”. Se inizieranno a esserci veri problemi di salute cambierà il sistema di riferimento dei no-vax, non ci sarà più solo una narrativa a contrasto e il trend non sarà più alimentato dalle stesse dinamiche.

L’articolo si conclude con un invito a pensare a delle strategie per evitare il sorpasso degli anti-vaccinisti sui favorevoli ai vaccini. Ma come sappiamo non è facile far cambiare idea a chi la pensa diversamente, soprattutto su temi che coinvolgono aspetti identitari e intimi come la salute. Un rischio che andrebbe evitato è quello della politicizzazione del contenuto scientifico. In alcuni Paesi il dibattito sulle vaccinazioni, come quello sul cambiamento climatico, è già entrato nell’agone degli schieramenti politici. Lo stesso sta avvenendo con il coronavirus: Donald Trump, Jair Bolsonaro, ma anche il presidente francese Macron, hanno preso posizioni controverse sull’idrossiclorochina, un farmaco antimalarico usato contro il CoVid la cui efficacia non è ancora stata dimostrata. Gli Stati Uniti sono alle soglie di una campagna elettorale che si preannuncia dominata dal coronavirus e la riproposizione di uno schema polarizzante rischia di alimentare un’ulteriore estremizzazione del dibattito, che potrebbe impattare negativamente sulla capacità di distribuzione dei vaccini contro il CoVid-19 alla popolazione.

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