SOCIETÀ

Nelle primarie americane irrompe Bloomberg

Lo aveva preannunciato la battaglia a colpi di spot milionari durante il Superbowl, l’evento più seguito della televisione americana. Oggi, mentre si avvicina il fatidico ‘super martedì’, nel quale si esprimeranno ben 14 stati, si concretizza finalmente la discesa in campo nelle primarie democratiche di Michael Bloomberg, ex sindaco di New York tra il 2002 e il 2013. E anche a livello di sondaggi le cose iniziano a muoversi: anche se in testa alle preferenze dell’elettorato del partito dell’asinello si conferma con il 31% Bernie Sanders, Bloomberg arriva subito dopo passando con un balzo dal 4 al 19%.

Ma chi è davvero "Mike" Bloomberg, e che impatto può avere nella corsa alle presidenziali? “Si tratta innanzitutto di uno degli uomini più ricchi al mondo, con un patrimonio di 60 miliardi di dollari – è il commento del docente di scienza politica Fabrizio Tonello, che ci accompagna in questo cammino di avvicinamento alle presidenziali di novembre –. Per darvi l'idea un lavoratore medio americano dovrebbe lavorare assieme a sua moglie 1,5 milioni di anni per accumulare una cifra del genere. Bloomberg entra quindi nella competizione politica con tutta la potenza del suo denaro”.

Guarda l'intervista a Fabrizio Tonello

Al momento il magnate, a differenza dei concorrenti, non ha ancora ottenuto un solo voto, dato che ha scelto di non partecipare alle competizioni in Iowa (3 febbraio), New Hampshire (11 febbraio), Nevada e South Carolina (rispettivamente 22 e 29 febbraio). Bisogna però considerare che, con questo primo giro di consultazioni, vengono scelti appena 155 candidati, meno del 4% di quelli elettivi per la convention democratica che si terrà in luglio a Milwaukee. Il 3 marzo, per capirsi, verranno eletti 1.357 delegati, mentre un discorso a parte meritano i 771 ‘super-delegati’ nominati dal Democratic National Commitee (Dnc), i quali non rappresentano nessuno Stato in particolare e potranno scegliere liberamente il loro candidato.

La corsa insomma si preannuncia lunga e complessa, con il rischio di arrivare come quattro anni fa a un testa a testa fino alla fine. Se infatti al momento Bernie Sanders sembra incarnare pienamente la componente di sinistra del partito, essendosi imposto soprattutto rispetto a Elizabeth Warren, d’altra parte l’area centrista sembra ancora divisa tra un Joe Biden in calo nei sondaggi, un Pete Buttigieg in ascesa ma che non riesce ancora a sfondare e una sorprendente Amy Klobuchar. Una situazione confusa e magmatica nella quale, secondo Tonello, “la forza implicita di Bloomberg sta nel fatto che, se questi tre candidati più centristi fallissero, lui potrebbe essere la carta di riserva dell'establishment democratico”.

Questo non toglie, sempre secondo lo studioso, che sia “molto problematico candidare un miliardario quando la spinta al cambiamento ovviamente interessa soprattutto le minoranze, i lavoratori a basso reddito e le donne. Penso che il consenso popolare nei confronti di Bloomberg all’inizio non sarà rilevante, ma nella maratona delle primarie tutto può accadere”.

SPECIALE Elezioni Usa 2020

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