SOCIETÀ

Il settore del fotovoltaico chiede semplificazioni per la transizione energetica

“Le attuali tensioni geopolitiche e la necessità di ridurre la nostra dipendenza dal gas russo rendono ancora più urgente la necessità di investire nella transizione ecologica”. È stato chiaro il presidente del consiglio Mario Draghi nel question time alla Camera del 9 marzo scorso: oltre a diversificare le forniture di gas alternative a quello russo, occorre aumentare il contributo delle fonti rinnovabili, definite “l’unica strategia fondamentale nel lungo periodo”.

L’impegno è quello di installare 70 GW di rinnovabili entro il 2026, partendo dai circa 20 GW di fotovoltaico e 10 GW di eolico già installati. Il problema è che dal 2014 in poi in Italia siamo riusciti installare meno di 1 GW all’anno. L’ostacolo maggiore sono procedure burocratiche e autorizzative lunghe e incerte.

L’urgenza di accelerare sulle fonti rinnovabili è ancora maggiore a fronte della crisi dei prezzi dell’energia, letteralmente impazziti dopo l’invasione russa dell’Ucraina: a inizio marzo il gas ha raggiunto anche picchi di 345 €/MWh per poi scendere ma mantenersi intorno ai 200 €/MWh (a gennaio 2021 era a circa 20 €/MWh), mentre il prezzo dell’energia elettrica ha toccato i 400 €/MWh (a gennaio 2021 era circa 60 €/MWh).

Molte aziende non sono in grado di sostenere ancora a lungo costi così elevati: per alcune potrebbe essere questione di settimane prima di dover fermare le attività produttive. Nell’immediato il governo ha fornito sostegno economico per affrontare i prezzi alle stelle, ma la transizione alle rinnovabili, oltre ai benefici ambientali, consente di scendere dal cavallo impazzito di un sistema retto dai combustibili fossili. Il sole e il vento non devono essere importati da regimi autocratici e la produzione di energia a partire da queste fonti è molto meno costosa. Il costo di generazione da fotovoltaico in particolare è crollato negli ultimi anni: dal 2010 al 2020 è passato da 0,381 USD/kWh a 0,057 USD/kWh, secondo il rapporto IRENA del 2021.

Le parole pronunciate da Draghi in Parlamento fanno quindi ben sperare il settore privato del fotovoltaico italiano, che si dichiara pronto già da molto tempo a mettere in moto la transizione.

“La possibilità di installare più GW c’è, ma bisogna cambiare il sistema autorizzativo” ha dichiarato Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare, associazione che riunisce le aziende del fotovoltaico in Italia e che venerdì 11 marzo ha organizzato un convegno in Aula Archivio Antico a Palazzo Bo (“Fotovoltaico alleato di industria e agricoltura contro il caro energia”) in collaborazione con il Centro Levi Cases dell’università di Padova.

“Nel 2010 abbiamo messo a terra 11 GW di rinnovabili in un anno” ha ricordato Paolo Rocco Viscontini. Oltre 6 GW erano di solo fotovoltaico. “Occorre sbloccare le autorizzazioni, soprattutto intorno alle aree di consumo. Le leggi spesso vengono fatte senza conoscere la materia, noi spesso segnaliamo errori e mancanza di chiarezza nei testi di legge” lamenta il presidente di Italia Solare. “Draghi ha finalmente fatto un intervento più forte sulle rinnovabili. Dobbiamo puntare su autoconsumo e comunità energetiche rinnovabili. Il fotovoltaico è generazione distribuita, è sicurezza energetica”.

Per l’installazione degli impianti va data priorità ai tetti degli edifici, alle aree dismesse, ai parcheggi. “Ma non bastano, dobbiamo dare più spazi all’agrivoltaico a terra”, necessario per ridurre più velocemente la dipendenza dai combustibili fossili, sostiene il presidente di Italia Solare. Nel 2050 l’Italia punta ad avere 200 GW di potenza fotovoltaica installata, ma secondo Paolo Rocco Viscontini “il fotovoltaico non toccherà mai la produzione agricola, è un problema che non c’è. Chi si oppone fa un danno al Paese”.


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“La transizione energetica ed ecologica oggi è quanto mai necessaria, ce lo sta dimostrando il conflitto in corso in Ucraina e il caro energetico” ha dichiarato in apertura del convegno Francesca Da Porto, prorettrice alla sostenibilità dell’università di Padova. “Mi auspico che il rapporto tra industria e enti che sovrintendono il territorio sfruttino questi tempi difficili per dialogare in modo più costruttivo, dialogare di fotovoltaico in un Paese in cui ci sono molti vincoli e molte difficoltà”.

Della difficoltà che ancora si incontrano nell’installare impianti fotovoltaici ha parlato anche Arturo Lorenzoni, professore di economia dell’energia del Centro Levi Cases: “Le decisioni delle soprintendenze non sono appellabili”. Secondo Lorenzoni serve invece eliminare i colli di bottiglia nei procedimenti autorizzativi e su questo si è detto d’accordo con il presidente del consiglio a riguardo del coinvolgimento delle Regioni e degli enti amministrativi locali, mentre si è mostrato critico su un altro fronte: “Draghi ha già messo a disposizione 22,7 miliardi di euro per ridurre il costo del gas. Pensate cosa si potrebbe fare in termini di efficienza energetica con una simile cifra. Capisco la risposta politica, ma non capisco la politica industriale ed energetica. Pensate che dal 2023 l’Inghilterra smetterà di vendere caldaie a gas. In Norvegia le auto elettriche sono il 65%”.

Elettricità Futura ha lanciato il 25 febbraio la proposta di sbloccare richieste di connessione di impianti rinnovabili già arrivate a Terna (gestore della rete elettrica) per un totale di 60 GW (equivalenti a solo un terzo delle richieste totali accumulatesi negli anni). Il settore elettrico è disposto a investire 85 miliardi di euro per installare 48 GW di fotovoltaico e 12 GW di eolico, idroelettrico e biomasse entro i prossimi 3 anni, a un ritmo di 20 GW all’anno. “È fattibile?” si chiede Lorenzoni: “sì, ma lo sviluppo della rete deve andare di pari passo con lo sviluppo della generazione. Facciamo un tavolo con Enel, Terna e discutiamone”.


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A fronte del calo del costo di generazione da fotovoltaico, i relatori del convegno si sono trovati d’accordo nel dire che il mercato del fotovoltaico oggi può reggersi anche senza incentivi. Tuttavia un mercato diffuso va avviato e una soluzione particolarmente adatta e flessibile per favorire l’installazione degli impianti fotovoltaici sono i PPA (power purchase agreement), ovvero contratti tra privati (ad esempio un’impresa e un produttore di energia), per l’acquisto di elettricità a un prezzo fisso e per un tempo concordato.

Poiché la generazione di energia elettrica da impianto fotovoltaico non dipende dal gas (come nel caso delle centrali termoelettriche) ma solo dal sole, è possibile fissare prezzi molto competitivi rispetto a quelli altissimi cui assistiamo in questi giorni di crisi energetica. Pertanto, sostiene Attilio Piattelli, vice presidente Italia Solare, il recupero dell’investimento iniziale per l’installazione dell’impianto avverrebbe nel corso di 2 o 3 anni con un notevole risparmio in bolletta.

“Oggi ci sono strumenti maturi per l’installazione del fotovoltaico, ma il decisore pubblico forse non è ancora consapevole di questa maturità” ha commentato Lorenzoni.

Oltre a leggi spesso poco chiare, i membri di Italia Solare lamentano la mancanza di un canale di dialogo efficace con questo governo, così come con quelli precedenti. “Negli anni passati sono spesso andato a Roma, numeri alla mano, a mostrare che il fotovoltaico è oggi la fonte economicamente più conveniente. Ma la risposta era sempre gas, ritenuta la fonte più affidabile” ha detto Paolo Rocco Viscontini. “Come Italia Solare non abbiamo ancora ricevuto un invito a prendere un caffè con il ministro Cingolani” gli ha fatto eco Andrea Zanotti, di Zanotti Energy Group.

“Mi sorprende non ci sia un tavolo permanente con Terna e i rappresentanti delle Regioni che stabiliscano le zone in cui realizzare gli impianti. Far crescere in modo disordinato la generazione rinnovabile non avrebbe senso e farebbe crescere i costi del sistema. Si sarebbe dovuto fare già anni fa” ha aggiunto Giuseppe Pastorino, presidente di AICEP (Associazione italiana consumatori energia di processo).

Se in tempi di pace non si è riusciti a programmare la transizione ecologica, la speranza è che l’emergenza della guerra in Ucraina e della crisi energetica ad essa collegata siano almeno un’opportunità per far parlare aziende e istituzioni, trovando un terreno comune che permetta di sbloccare lo stallo in cui da troppo tempo si trovano le rinnovabili in Italia.

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