SOCIETÀ

Il nuovo Cabinet di Biden, tra speranze e tensioni

A poco più di un mese dall’insediamento prende sempre più forma il nuovo corso con cui il presidente Joe Biden vuole cambiare volto all’America dopo quattro anni di Trump. Se nella politica estera si va verso un ripensamento dell’azione statunitense sui maggiori scacchieri, sul fronte interno non mancano le preoccupazioni: lo Stimulus Plan da 1,9 trilioni di dollari, vitale per il rilancio dell’economia, arranca nella commissione budget del Senato, mentre l’Equality Act è stato sì approvato alla Camera dei rappresentanti ma sta incontrando resistenze da parte della Chiesa cattolica e dell’elettorato più religioso. Continuano intanto le audizioni dei membri del nuovo gabinetto, che nel sistema americano devono essere approvati uno per uno dal Senato federale, e anche lì la compagine governativa più inclusiva della storia Usa sta incontrando ritardi e qualche problema. Ne parliamo con Stefano Luconi, docente all’università di Padova di storia degli Stati Uniti.

Professor Luconi, innanzitutto come procede l’insediamento della nuova amministrazione?

“Molti membri sono già stati confermati dal Senato, al momento l’attenzione è concentrata soprattutto sull’attorney general Merrick Garland e sulla segretaria agli interni Deb Haaland, entrambi non particolarmente graditi all’opposizione. Garland era stato scelto da Obama allo scadere del suo mandato per la Corte Suprema ma la nomina era stata deliberatamente bloccata dai Repubblicani in attesa delle elezioni del 2013; in seguito Trump nominò Neil Gorsuch. Deb Haaland è invece un esempio significativo di quella volontà di inclusione che Biden sta cercando di rappresentare con il suo cabinet: al di là cognome norvegese dovrebbe essere la prima rappresentate dei nativi americani – etnia Laguna Pueblo – a sedere nel governo; dietro le resistenze alla sua nomina c’è la controversia sulla Keystone XL pipeline, un oleodotto dal Canada al Nevada che avrebbe un fortissimo impatto ambientale e contro il quale c’è stata un’intensa mobilitazione, in particolare proprio da parte dei nativi. Fermato in un primo momento da Obama e poi ripreso da Trump, il progetto è stato infine bloccato da Biden con uno dei 17 decreti presidenziali firmati nelle 48 ore dopo l’insediamento”.

Ce la farà anche Neera Tanden all’ufficio per il Budget, dopo la polemica per il tono acceso di molti suoi tweet?

“Vedremo, perché qui siamo al livello di una rappresaglia da parte dei conservatori repubblicani più accesi. Un’altra designazione potenzialmente divisiva avrebbe potuto essere quella al Tesoro di Janet Yellen, scelta da Obama come governatrice della Federal Reserve e non riconfermata da Trump per il secondo mandato, la cui nomina alla fine è stata approvata senza problemi. Possiamo dire che in buona parte i membri del cabinet di Biden sono il frutto di una sorta di travaso di competenze dall’amministrazione Obama: si tratta di figure che hanno già solide esperienze di governo e sono quindi difficilmente attaccabili da questo punto di vista. Restano i problemi tra i Dem, ma per il momento resiste una certa compattezza”.

Le due anime del Partito Democratico si sono trovate nell’antitrumpismo, ma adesso iniziano a darsi battaglia

Che tipo di problemi?

“Come è noto nel Partito Democratico ci sono attualmente due anime: una moderata che discende dall’amministrazione Obama ed è di fatto incarnata da Biden, l’altra molto più liberal e progressista. Quest’ultima al governo avrebbe voluto altri personaggi, ad esempio Elizabeth Warren al tesoro e Bernie Sanders al dicastero del lavoro. Biden ha evitato queste nomine, che avrebbero mandato un forte segnale di rottura con il suo passato di moderato, e ha optato su figure di comprovata fede democratica ma spendibili anche con i Repubblicani moderati. Dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio si riflette soprattutto sulle contraddizioni del Partito Repubblicano, ma tendiamo a dimenticare che anche nel Partito Democratico c’è un intenso travaglio. Le due fazioni che attualmente lo compongono hanno trovato un elemento di coesione nell’antitrumpismo, ma adesso che – parafrasando Nenni – sono nella stanza dei bottoni iniziano a darsi battaglia anche tra di loro”.

Qualcuno ha notato che si tratta del primo cabinet senza maschi wasp

“Forse lì si è un po’ cascati in un eccesso inclusività, lasciando sostanzialmente fuori il vecchio establishment anglosassone e protestante. Questo in un certo senso riflette le dinamiche demografiche, ma in effetti può contribuire ad alimentare i rancori di gruppi che potrebbero non sentirsi rappresentati. Anche se il problema dell’astio etnico che ha trovato un portavoce in Trump non era tanto legato ai wasp, che generalmente hanno finito per essere più progressisti, quanto ai discendenti della seconda ondata migratoria di fine ‘800, in cui c’era anche una forte rappresentanza di cattolici. Non a caso nel cabinet di Biden sono molti i cattolici: ad esempio la segretaria al commercio Gina Raimondo, che appartiene a quella minoranza italoamericana che in parte ha contribuito a dar voce alla protesta dei bianchi e che poi ha scelto Trump nel 2015. Il problema non è comunque la mancanza di wasp: molti di quelli che hanno votato Trump probabilmente avrebbero comunque continuato a farlo. Ci sono sondaggi che attesterebbero che un buon quarto dei 75 milioni che lo hanno votato lo scorso novembre è ancora convinto che il vecchio presidente sia il vero vincitore delle ultime elezioni e che ci sia una cospirazione ai suoi danni”.

Crede che Biden riuscirà a far passare il suo piano di 1,9 trilioni di dollari di aiuti contro il Covid-19?

“Qualche nube si addensa sul programma nella misura in cui questa proposta di legge si propone non solo di fronteggiare la pandemia ma anche di rilanciare l’economia, con un bill onnicomprensivo fortemente criticato anche da due senatori democratici più conservatori, Joe Manchin del West Virginia e Kyrsten Sinema dell’Arizona. La questione è quella dell’innalzamento del salario minimo a 15 dollari all’ora, che secondo Biden rimetterebbe in moto i consumi e farebbe uscire dalla povertà circa un milione di persone, ma che secondo altri studi esporrebbe molte piccole e medie aziende al rischio di fallimento a causa dell’innalzamento del costo del lavoro, generando 1,4 milioni di disoccupati. Scorporando la norma dal progetto di legge la strada verso l’approvazione sarebbe molto più semplice: così però Biden perderebbe una delle sue bandiere, nonché una delle iniziative più care all’ala progressista del partito. La quale al momento è scontenta anche sulla mancata previsione di una carbon tax e sul rifiuto di introdurre nuovi limiti al fracking”.

Domenica Trump parlerà al CPAC, la più importante conferenza annuale delle organizzazioni conservatrici. Cosa pensa che dirà?

“La stessa cosa che ha detto il 20 gennaio prima di imbarcarsi sull’Air Force One e che ha ripetuto dopo il naufragio del suo secondo impeachment: che è lui il vero vincitore dell’ultima campagna elettorale. Farà una nuova chiamata ai fedeli davanti a un pubblico formato dai trumpiani più trumpiani in seno al Partito Repubblicano”.

Riuscirà a riprendere il controllo dei repubblicani oppure fonderà un proprio partito?

“Ho l’impressione che la creazione di Patriot Party sia soprattutto uno spauracchio agitato davanti alla leadership repubblicana, da cui Trump si sente tradito. Storicamente i terzi partiti non hanno fortuna in un sistema elettorale congegnato per favorire questa sorta di oligopolio oggi rappresentato da repubblicani e democratici. Nel secolo scorso il risultato migliore è stato quello di Ross Perot nel 1992, che con il 19% dei voti non riuscì a prendere nemmeno un grande elettore. I precedenti dunque lo sconsiglierebbero ma la minaccia può servire a indurre a più miti consigli chi cerca di scaricarlo. Trump probabilmente cercherà di intervenire pesantemente nelle primarie repubblicane per le elezioni del midterm 2022, sostenendo i candidati allineati sulle sue posizioni. Al momento gli equilibri nel Partito Repubblicano sono molto fluidi ma c’è uno zoccolo duro di membri di Camera dei Deputati e Senato schierato dalla parte di Trump, che probabilmente in questo modo pensa di garantirsi il sostegno dei trumpiani mobilitatisi nel 2020. Poi c’è anche la fantapolitica…”.

Ci dica.

“C’è chi dice che, essendosi traferito a Mar-a-Lago in Florida, Trump potrebbe candidarsi al Senato federale per il posto che oggi è di Marco Rubio, in modo da scaldare i muscoli in vista presidenziali del 2024. Sarebbe molto irrituale: l’ultimo ex presidente candidato al Congresso è stato John Quincy Adams quasi due secoli fa! Trump però ci ha però abituato a gesti del genere…”.

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