CULTURA

La cinquina del Premio Strega: tutti grandi autori

Giunto alla sua settantacinquesima edizione, il Premio Strega annuncia la cinquina di finalisti, in diretta dal Teatro Romano di Benevento in una serata condotta da Gigi Marzullo e in cui, a presiedere la giuria in quanto vincitore uscente, c’è Sandro Veronesi (Il colibrì, edito da La Nave di Teseo, è il titolo con cui ha vinto nel 2020 per la seconda volta il prestigioso riconoscimento, quattordici anni dopo Caos Calmo).

Sono Emanuele Trevi con Due vite (Neri Pozza), 256 voti, Edith Bruck con Il pane perduto (La Nave di Teseo), 221 voti, Donatella Di Pietrantonio con Borgo Sud (Einaudi), 220 voti, Giulia Caminito con L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani), 215 voti, e infine Andrea Bajani con Il libro delle case (Feltrinelli) 203 voti.

Le considerazioni da fare sono più d’una e mostrano quanto la vita letteraria del nostro Paese sia ancora pulsante, alla faccia dell’adagio secondo cui “il romanzo è morto”.

Innazitutto quest’anno si tratta, nonostante la clausola di salvaguardia (che prevede in finale, necessariamente, la presenza di un piccolo editore a costo di inserire un sesto libro), proprio di una cinquina: Neri Pozza che pubblica Trevi (primo, al momento) viene infatti considerata una casa editrice di queste dimensioni, pertanto non c’è bisogno di “ripescare” un sesto titolo. E, come si sa, il peso dell’editore nella fortuna del libro non è trascurabile.

Si confermano infatti davvero capaci i tipi de La Nave di Teseo, casa editrice fondata e diretta da Elisabetta Sgarbi (con altri tra cui, all’epoca, Umberto Eco), che non sbagliano un colpo: se l’anno scorso festeggiavano la vittoria di Veronesi, quest’anno portano in cinquina la novantenne Edith Bruck che vince – intanto – il Premio Strega Giovani. Infatti Il pane perduto, in cui racconta la sua vicenda autobiografica passata attraverso anche il campo di sterminio, ha saputo conquistarsi la platea dei 600 lettori degli istituiti superiori italiani e stranieri coinvolti.

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Una grande esclusa è Teresa Ciabatti, che con La più amata (Mondadori) il Premio lo aveva sfiorato nel 2017 quando invece finì nelle mani di Paolo Cognetti, all’epoca astro nascente, che raggiungeva per la prima volta il grande pubblico con Le otto montagne (Einaudi) ma era già noto nell’ambiente per i racconti magistrali pubblicati con minimum fax. Ciabatti con Sembrava bellezza era data tra i favoriti, proprio come Trevi, a sua volta arrivato secondo con Qualcosa di scritto, nel 2012 dietro Alessandro Piperno.

Il suo Due vite è un esperimento letterario fortunato che in qualche misura rende conto della sensibilità letteraria di questi ultimi tempi: ci racconta la vita di due amici scrittori davvero esistiti e vicini all’autore, Pia Pera e Rocco Carbone, e nel narrare ci conduce attraverso riflessioni più ampie, vicine a chi scrive ma anche a chi legge.

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Il romanzo che in qualche modo dialoga con Due vite, in questa cinquina, è senz’altro Il libro delle case di Andrea Bajani (Feltrinelli) perché anch’esso è rivolto “all’interno”, coglie una serie di occasioni (tecnicamente un certo numero di abitazioni, anche metaforiche) per farsi voce di un modo di sentire, di un’epoca e di una sensibilità pronunciata. Quella dell’autore e di noi che con lui viaggiamo nei luoghi, nostri prima che suoi.

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Bajani è finalista anche al Campiello, come a dire che giurie anche affatto diverse selezionano infine gli stessi libri – e ci sarà una ragione – cosa che accade anche per Giulia Caminito.

Ecco: lei, editor, e in realtà non certo nuova alla scrittura di romanzi (ha esordito con La grande A nel 2016 cui è seguito nel 2019 Un giorno verrà), è la “scoperta” di questo 2021. L’acqua del lago non è mai dolce, romanzo in cui troneggia l’adolescenza e la violenza del non sentirsi mai abbastanza buoni, o abbastanza giusti, è un romanzo che ha avuto un’ottima accoglienza di critica ma anche di pubblico, e viene di pensare che o lo Strega o il Campiello potrebbe vincerlo.

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Infine una signora della scrittura: Donatella di Pietrantonio ,che scrive Borgo Sud per un’esigenza di tornare a dei luoghi e dei personaggi che già la hanno abitata ne L’Arminuta, inaspettatamente (non perché non lo meriti, ma perché poco rumore c’è stato attorno al suo romanzo, forse proprio perché considerato da alcuni un seguito) si piazza tra i finalisti e corre la sua gara, giustamente, perché, come ha detto stasera Trevi (prima ancora di sapere che sarebbe entrato in cinquina): “Voler vincere fa parte del partecipare”.

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