SOCIETÀ

Etiopia, gigante in cerca di futuro

“L’Etiopia non è solo un Paese con oltre 100 milioni di abitanti, con una grande storia e cultura: oggi ha anche una grande responsabilità di fronte alla comunità internazionale per aiutare a raggiungere pace e stabilità nel Corno d'Africa”. Ha le idee chiare Berhaneyesus Demerew Souraphiel, cardinale arcivescovo di Addis Abeba e soprattutto presidente della commissione per la riconciliazione e pace in Etiopia. Un ruolo che gli è stato attribuito anche per la sua storia personale: messo in prigione durante la dittatura di Menghistu, dopo il rovesciamento del regime marxista nel 1991 andò a visitare in prigione i suoi carcerieri e chiese clemenza per loro. “Noi come Chiesa Cattolica sempre siamo pochi ma accettati da tutti, sia dal governo che dalle altre grandi religioni – spiega nell’intervista concessa a Il Bo Live presso il Centro missionario della Diocesi di Padova –: continueremo a fare ciò che Papa Francesco ci ha chiesto, essere ponti”.

Eminenza, il premier Abiy Ahmed Ali ha da poco ricevuto il Nobel per la pace ma in meno di due anni di mandato ha subìto diversi attentati e un tentativo di colpo di Stato.

“L’Etiopia oggi vive una fase di transizione. Con il dottor Mohamed c'è un grosso cambiamento, specialmente sociale: lui ha fatto tanti passi per la pace nel Paese e nella regione, coinvolgendo oltre all’Eritrea (con la quale è stata recentemente siglata la pace dopo anni di conflitto, ndr) anche la Somalia, il Sudan – dove ha lavorato molto per avere un governo del transizione –, il Sud Sudan e il Kenya. Anche nei conflitti a Khartoum il governo etiopico Ha liberato tanti prigionieri politici e lasciato rientrare molti esponenti dell’opposizione dall’esilio. La pace però manca ancora dentro i nostri confini, soprattutto perché il governo precedente ha instaurato un federalismo basato sulle etnie, creando molta frammentazione nel Paese. I potentati locali non vogliono perdere potere politico ed economico e per questo causano tanti conflitti dentro il Paese, etnici e adesso anche religiosi. A mio avviso però bisogna anche considerare che queste cose sono parte del cambiamento in atto”.

L'Etiopia è un Paese vive un momento di crescita, economica e democratica, ma è ancora profondamente diviso tra etnie

Qual è oggi la situazione nel Paese?

“Come lei sa Addis Abeba adesso non è più solo capitale dell'Etiopia e dello Stato dell’Oromia, in un certo senso anche dell'Africa, dato che ospita la sede dell’Unione Africana: oggi sta diventando una città internazionale con più di 130 ambasciate, alcuni Paesi ne hanno addirittura più di una. Inoltre il governo sta investendo nell'educazione e dispone anche di un esercito forte, che grazie a Dio non appartiene a nessun gruppo etnico ma risponde solo al primo ministro. Ma come lei ha detto ci sono conflitti nei Paesi intorno: in Somalia ad esempio da più di 25 anni non c’è un governo, e l'unico paese che conosco che può stare tranquillo e stabile senza governi è Italia! Oggi l’Etiopia ha più di un milione di profughi provenienti da Sud Sudan, Somalia, Eritrea (ultimamente anche per l’invasione di locuste, ndr); alcuni oggi vengono addirittura dallo Yemen e persino dalla Siria! Sono davvero meravigliato che questo povero Paese possa aver accolto così tanti profughi”.

C’è però tensione con l’Egitto, a causa della nuova diga sul Nilo.

“L’Etiopia ha bisogno di energia e secondo le leggi internazionali ha diritto di usare le sue risorse; siccome però si tratta di un fiume internazionale si deve trovare un accordo con gli altri Paesi: per questo il governo sta lavorando con quello sudanese e quello egiziano, e adesso nei negoziati sono entrati anche gli Stati Uniti. Per il momento l’Etiopia sta facendo questa diga con i propri mezzi perché non ha trovato altri finanziatori, il popolo però è unito; il governo ha chiamato un’azienda italiana, la Salini, ma i lavoratori sono etiopi: con questa grande diga l’Etiopia potrà avere più di 6.400 Megawatt, non solo per sé ma anche per gli altri Paesi vicini. Anche lo stesso Egitto potrà approfittarne. Adesso bisogna trovare un accordo, perché nessun Paese guadagnerebbe da un conflitto sull'acqua: le leggi internazionali ci sono, basta seguirle”.

Oggi nelle vostre terre state conoscendo una forte emigrazione verso l’estero.

“Molti lasciano il Paese, soprattutto i giovani, per andare a cercare il paradiso in Europa, Medio Oriente o Sudafrica: abbiamo visto tanti di loro morire durante il cammino o sul Mare Mediterraneo, che in questi anni è diventato un cimitero per tanti migranti. La povertà sta spingendo molti cristiani anche ad andare verso i Paesi arabi, e spesso specialmente le donne per avere il visto cambiano il nome o modo di vestire. L'Etiopia ha ricevuto il Vangelo al tempo degli Apostoli, c’è una forte tradizione biblica di ospitalità; nella nostra visione ci aspetteremmo che anche l’Europa fosse cristiana, ma secondo me sta negando le sue radici. Tanti monaci e missionari sono partiti dall'Europa per portare agli altri popoli il Vangelo ma anche ospedali, un’agricoltura e un’economia migliori. Pensavano che il Cristianesimo fosse una valore di condividere, da non tenersi per sé. Le migrazioni sono veramente la sfida dell'umanità di questo secolo, come ha ricordato papa Francesco a Lampedusa”.

Cosa si può fare?

“Siamo uno dei Paesi africani che crescono maggiormente da un punto di vista economico e vogliamo continuare così, perché oggi la nostra sfida è la povertà. Noi come Chiesa cattolica diciamo che la soluzione non è cercare il paradiso altrove ma cambiare la situazione dentro il Paese, partendo dall'educazione: per questo ad esempio abbiamo più di 430 scuole e adesso stiamo cercando di fare un’università”.

Per questo siete venuti a siglare un accordo con l'università di Padova.

“Certamente. Università Cattolica di Addis Abeba non è solo per cattolici, è aperta a tutti gli studenti che vengono da ogni parte dell’Etiopia, senza divisioni su base etnica o religiosa. Per questo stiamo cercando di stabilire questa collaborazione con l'università di Padova, specialmente nei campi dell’ingegneria. Ho sentito che l’università di Padova ha 800 anni, la nostra 8: in fondo mancano solo due zeri per essere uguali. Come realizzarlo è la sfida di queste due università”.

LA COLLABORAZIONE TRA UNIVERSITÀ

Il 13 e il 14 gennaio il cardinale Souraphiel è venuto a Padova dove, oltre a incontrare il vescovo Claudio Cipolla e i rappresentanti di Medici con l’Africa Cuamm, è stato anche ricevuto a Palazzo Bo. Il progetto di una Università cattolica d’Etiopia viene concepito a partire dal 1997, in base a una richiesta specifica dell’allora premier Meles Zenawi a Giovanni Paolo II. Con l’Università di Padova la collaborazione risale al 2012 ed è stata rinnovata nel 2017, con l’obiettivo di portare quest’anno all’implementazione di due corsi di laurea, rispettivamente in ingegneria dell’energia elettrica e in ingegneria e civile ed ambientale, che inizialmente saranno impartiti da docenti prevalentemente padovani nel nuovo campus da 60 ettari alla periferia di Addis Abeba.

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