Processore a ioni intrappolati (in disposizione lineare) per un computer quantistico. Credits: Chris Monroe, IonQ, via physicsworld.com
Un anno fa, all’incirca in questo periodo, Google annunciava di aver raggiunto la supremazia quantistica, o vantaggio quantistico. Un microprocessore che sfrutta i principi della meccanica quantistica è riuscito a compiere un’operazione di calcolo sostanzialmente al di fuori della portata di un computer classico. Il processore in questione si chiama Sycamore, è stato sviluppato dal team del Googel Quantum AI Lab allora guidato da John Martinis, tiene insieme 53 qubit ed è fatto di circuiti superconduttori.
Oltre a Google, anche Ibm e Intel, tra gli altri, hanno puntato sui materiali superconduttori per lo sviluppo del computer quantistico. “L’architettura a superconduttori è divenuta celebre negli ultimi anni per via del fatto che è stata adottata dalle grandi corporations, che sono bravissime anche ad avere impatto mediatico, solitamente molto più dei laboratori di ricerca” commenta Simone Montangero, direttore del Quantum Theory Group, professore di fisica della materia del dipartimento di fisica e astronomia dell’università di Padova.
I superconduttori tuttavia sono solo una delle strade che i laboratori di ricerca di tutto il mondo stanno esplorando. Un’altra tecnologia che rivaleggia con la prima nella corsa a quale sarà l’hardware del futuro computer quantistico è quella dei cosiddetti ioni intrappolati in campi elettromagnetici.
“Forse è meno nota ai non addetti ai lavori” fa notare Montangero, “ma in realtà è stata l’architettura leader da sempre, sin da quando si è iniziato a pensare al calcolo quantistico. Fino a quando i superconduttori non hanno iniziato a venire sviluppati dalle grandi corporations questa tecnologia era avanti a tutte le altre. Fino al lavoro dell’anno scorso i calcoli più interessanti che son mai stati fatti provenivano dalla tecnologia a ioni intrappolati”.
Un computer quantistico a Padova
L’università di Padova ha da poche settimane ufficializzato la nascita di un centro interdipartimentale di ricerca sulle tecnologie quantistiche, il Padua Quantum Technologies Research Center. “Abbiamo creato un consorzio di dipartimenti e centri di ricerca per creare a Padova un centro di calcolo e simulazione quantistica. Lo scopo da una parte è di far partire attività teoriche prima e applicative poi, di ricerca e didattica, per studenti e colleghi, creando un network di collaborazioni. Dall’altra stiamo lavorando per portare qui a Padova un computer quantistico a ioni intrappolati in collaborazione con l’università di Innsbruck e altri attori del settore. L’obiettivo è di avere nel giro di qualche anno (2 o 3) il nostro prototipo, si parla di 20-30 qubit, per iniziare a fare dei calcoli, svilupparlo, fare ricerca di base in sinergia con le competenze che abbiamo, ovvero una forte componente di comunicazione quantistica, rappresentata dal gruppo di ricerca di Paolo Villoresi del dipartimento di ingegneria dell’informazione, a cui aggiungeremmo il calcolo. Sarebbe il primo esperimento di questo tipo in Italia”
Direttore del centro sarà proprio Paolo Villoresi e nel consiglio direttivo, oltre a Montangero e Elisabetta Collini (dipartimento di scienze chimiche), per statuto ci saranno i 4 direttori dei dipartimenti coinvolti, ovvero quelli di fisica e astronomia, ingegneria dell’informazione, chimica e matematica. “Mancano ancora alcuni dettagli, ma l’organigramma è più o meno completo. Si respira un’atmosfera davvero positiva, anche se non è il momento migliore per conoscersi” dice Montangero in riferimento alla pandemia in corso: “volevamo fare una prima riunione coinvolgendo tutti i proponenti del centro, ma siamo in 45 e non possiamo trovarci di persona. Come tutti faremo su Zoom”.
Esemplificazione meccanica del funzionamento di una trappola di Paul. Credits: Ferdinand Schmidt-Kaler
Ioni intrappolati: come funzionano
Entrambe le tecnologie, i circuiti superconduttori e gli ioni intrappolati, sfruttano la meccanica quantistica per le operazioni di calcolo, ma si basano su principi fisici diversi, spiega Montangero. “Una si basa sulla fisica dell’atomo e sulle proprietà degli ioni e dei loro orbitali, l’altra sulla fisica dei materiali e sulle proprietà della materia condensata. I superconduttori sono sì piccoli, ma sono oggetti macroscopici che si comportano seguendo le leggi della meccanica quantistica. Dall’altra parte abbiamo uno ione, quindi un singolo atomo, e la sua carica elettrica che viene sfruttata per tenerlo sotto controllo”.
Gli ioni vengono intrappolati da campi elettromagnetici, chiamate trappole di Paul (Paul traps), dal fisico Wolfgang Paul che le inventò nel 1959 e che ricevette il premio Nobel per la fisica nel 1989. “Queste trappole elettromagnetiche riescono a creare una sorta di buca di potenziale in cui gli ioni cadono. E siccome hanno carica positiva e si repellono, se uno fa le cose per bene riesce a sistemarne una serie, anche 50, lungo una stessa linea”.
Per definire il qubit, ovvero un sistema a due livelli che codifica l’informazione in 0 e 1, vengono utilizzati due orbitali dell’atomo, di calcio tipicamente. Con un laser si eccita l’atomo e il suo stato varia di conseguenza, ovvero un suo elettrone passa da un orbitale all’altro, portando il nostro bit atomico in uno stato di 0 o 1.
La potenza del calcolo quantistico tuttavia si ottiene solo quando si sfruttano alcune proprietà quantistiche, come l’entanglement. Occorre quindi fare un passaggio ulteriore e accoppiare tra loro almeno due qubit. Grazie a uno strategemma inventato per la prima volta da due fisici nel 1995, che sfrutta i moti di oscillazione degli ioni, è possibile costruire un gate a 2 qubit (il cosiddetto Cirac-Zoller gate), “ovvero far parlare due qubit, per permettere l’operazione logica necessaria a tutto il calcolo quantistico” spiega Montangero.
La misura dello stato del sistema, che poi costituisce la vera e propria operazione di calcolo quantistico, viene fatta mettendo in risonanza uno dei due livelli del qubit con un altro che decade molto velocemente. “Quando un atomo eccitato decade emette un fotone, luce. Con delle telecamere apposite si vedono gli ioni emettere o non emettere luce e questo codifica l’informazione in stati di 0 e 1, acceso e spento”.
Disposizione lineare di ioni intrappolati. Via quantumoptics.at
Vantaggi e svantaggi
Chi lavora ai circuiti superconduttori ha saputo mostrare di poter fare passi da gigante in brevissimo tempo, ammette Montangero, ma l’approccio a ioni intrappolati ancora oggi presenta notevoli vantaggi, come tassi d’errore bassissimi e tempi di coerenza molto lunghi. Inoltre la tecnologia laser impiegata è matura da 50 anni.
L’ostacolo maggiore secondo Montangero è la scalabilità: “più ioni si mettono nelle trappole più diventa difficile contenerli. Si è arrivati in modo relativamente veloce a tenere insieme 10, 20, 30 qubit. Ma qui si è raggiunto un plateau. Andare oltre sta richiedendo uno sforzo notevole e lo sviluppo di una tecnologia completamente nuova, ovvero le cosiddette trappole segmentate, che utilizzano diversi elettrodi per gestire i campi magnetici che intrappolano gli ioni”.
Anche i circuiti superconduttori presentano pro e contro. “Quelli che lavorano con i superconduttori sono partiti dopo, ma le forze che hanno messo in campo sono state schiaccianti, e stanno ottenendo risultati impressionanti molto velocemente. Tuttavia i loro tassi di errore sono ancora molto grandi, rispetto a quelli degli ioni intrappolati. Hanno poi un problema legato alla temperatura, perché i superconduttori lavorano solo a temperature molto basse”. Se gli ioni intrappolati necessitano della tecnologia dei laser, i superconduttori funzionano con circuiti elettrici “tecnologia semplice tutto sommato. Però per ogni qubit c’è bisogno di un filo elettrico e se si vuole aumentare il numero di qubit occorre arrivare con molti più fili, il che dal punto di vista ingegneristico non è banale”.
Ciononostante Google, che è già riuscita a tenere insieme un processore a 53 qubit (che presenta però tassi di errore elevati), ha annunciato di voler arrivare a 1000 qubit entro il 2023.
Secondo Simone Montangero la sfida più grande che i circuiti superconduttori dovranno superare sarà proprio sviluppare un adeguato algoritmo di correzione degli errori. “Anche per gli ioni intrappolati ce ne sarà bisogno, ma essendo più precisi la soglia va messa un bel po’ più in là. Sia questo sia il problema della scalabilità sono tutti problemi di natura ingegneristica, non scientifica. Dal punto di vista fisico ci sono poche domande rimaste aperte. Come avviene per lo sviluppo di qualsiasi tecnologia ci stiamo rendendo conto che ora abbiamo bisogno degli ingegneri, quantistici nel nostro caso, ma per queste figure al momento c’è ben poca formazione”.
Una mappa dei centri di ricerca
L’università di Innsbruck, in Austria, è il centro di riferimento per l’approccio a ioni intrappolati. “Il lavoro del 1995 dei fisici teorici Cirac e Zoller è stato fatto a Innsbruck, così come a Innsbruck lavora il fisico sperimentale Rainer Blatt, che a partire dagli anni ‘90 ha sviluppato queste tecnologie. L’Austria per motivi storici ha scommesso sulle tecnologie quantistiche da 30 anni almeno, hanno due centri leader mondiali uno a Innsbruck appunto e l’altro a Vienna”.
Un’altra grande scuola è quella statunitense di David Wineland, premio Nobel per la fisica nel 2012 per i suoi metodi che hanno permesso la misurazione e manipolazione di sistemi quantistici individuali. Secondo Montangero i leader in questo settore ancora oggi sono questi due gruppi, che hanno le rispettive start-up Alpine Quantum Technology, spin-off dell’università di Innsbruck, e IonQ, spin-off dell’università del Maryland. Quest’ultima è diretta da Chris Monroe, pioniere degli ioni intrappolati: proprio con Wineland nel 1995 ha firmato un paper che ha inaugurato questo filone applicativo. Ad oggi la IonQ è riuscita a costruire un processore che tiene insieme 32 ioni intrappolati, mentre un’altra compagnia di Charlotte, nella Carolina del Nord negli Usa, la Honeywell Quantum Solutions, è ancora a 10 qubits, sebbene punti a raddoppiarli nei prossimi 5 anni.
In Inghilterra poi esiste la Universal Quantum di Brighton. “E poi naturalmente c’è il gruppo di Ferdinand Schmidt-Kaler a Mainz, in Germania, ma lui in qualche modo è un figlio di Innsbruck, si è formato là e poi ha spostato il suo gruppo a Mainz”.
3 passaggi per lo sviluppo tecnologico
Ferdinand Schmidt-Kaler, professore della Johannes Gutenberg-Universität di Mainz, in Germania, è uno dei massimi esperti della nuova tecnologia a trappole segmentate necessaria a permettere il salto di qualità agli ioni intrappolati. Ospite del ciclo di colloqui organizzato dal dipartimento di fisica e astronomia dell’università di Padova, giovedì 26 novembre ha fatto il punto sullo sviluppo delle moderne tecnologie quantistiche.
Secondo Ferdinand Schmidt-Kaler ciò che sta accadendo oggi con lo sviluppo del computer quantistico è già accaduto per con lo sviluppo della radio e in linea di principio con ogni tecnologia diffusa su larga scala. Il primo passo è sempre la formulazione della teoria scientifica, che nel caso della radio va fatta risalire alle equazioni sull’elettromagnetismo di Maxwell del 1864. Il secondo è quello della conferma sperimentale, come quando Hertz nel 1886 osservò per la prima volte le onde elettromagnetiche. Il terzo passaggio è quello dell’applicazione tecnologica e nel caso della radio dobbiamo ringraziare Guglielmo Marconi che nel 1897 per la prima volta effettuò una trasmissione di onde radio.
Per quanto riguarda le tecnologie quantistiche i primi due passaggi sono già stati compiuti: scienziati come Niels Bohr, Werner Heisenberg, Erwin Schrödinger nella prima metà del Novecento hanno formulato la teoria della meccanica quantistica, mentre a partire dalla seconda metà del secolo sono arrivate (e continuano oggi ad arrivare) numerose conferme sperimentali. Siamo alle soglie del terzo step, si usa dire che oggi stiamo vivendo la seconda rivoluzione quantistica (la prima aveva permesso lo sviluppo dei laser), ma questo passo ancora non si è del tutto compiuto.
Centri di ricerca da tutto il mondo, pubblici e privati, dagli Stati Uniti all’Europa e in parte anche in Asia, stanno tentando di capire quale approccio tecnologico al calcolatore quantistico può essere quello compatibile con una produzione industriale su larga scala. L’Europa si è resa conto che il settore è strategico e ha aperto una linea di finanziamenti, la Quantum Flagship (inaugurata nel 2018 con almeno 1 miliardo di euro in 10 anni), che mira a gettare le fondamenta della futura industria delle tecnologie quantistiche. Ora anche l’università di Padova ha scelto di giocare la sua partita e punta ad avere, nel giro di pochi anni, il suo computer quantistico a ioni intrappolati.
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