SCIENZA E RICERCA

L’avvento della seconda rivoluzione quantistica

“Se tra 5 anni esisterà davvero un processore da 200 o 500 qubit funzionante con alte precisioni, il problema della supremazia quantistica non si porrà nemmeno più, perché tutta la computazione classica sarà nettamente superata”. Con Simone Montangero, professore di fisica della materia del dipartimento di fisica dell’università di Padova, abbiamo ragionato sul significato di supremazia quantistica e su cosa hanno dimostrato i ricercatori di Google nell’articolo pubblicato su Nature lo scorso 23 ottobre. Sovrapposizione e entanglement sono le due proprietà protagoniste di quella che è stata battezzata seconda rivoluzione quantistica.

Breve storia delle tecnologie quantistiche

La prima rivoluzione quantistica ha coinciso con la scoperta e la comprensione delle leggi della meccanica quantistica a inizio Novecento. “Grazie a quelle conoscenze siamo stati in grado di sviluppare i laser” spiega Montangero. “I prodotti della prima rivoluzione però non hanno sfruttato direttamente le proprietà quantistiche della materia. La seconda rivoluzione quantistica nasce grazie alla capacità di addomesticare proprietà come l’entanglement o la sovrapposizione di stati”.

Se volessimo individuare una data di nascita potrebbe essere negli anni ‘80, quando il fisico Richard Feynman, alle prese con i problemi della fisica delle alte energie, si rese conto che simulare un sistema quantistico a partire da un sistema classico non era sufficiente. Occorreva un sistema quantistico per simularne un altro quantistico.


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Sempre all’inizio degli anni ‘80 è stato realizzato l’esperimento sulla correlazione quantistica di Alain Aspect, il primo che ha mostrato le strane azioni a distanza dell’entanglement. Per una decina d’anni il campo non si è sviluppato molto, ma si è capito che si poteva sfruttare questa proprietà. Uno dei primi algoritmi ideato per essere processato da un calcolatore quantistico, nel 1994, è stato l’algoritmo di Shor, che riguarda la fattorizzazione in numeri primi di numeri molto grandi. Questa operazione è necessaria per rompere i codici crittografici che vengono usati per la sicurezza dei siti internet o delle carte di credito. In quegli anni sono state sviluppate anche le prime tecnologie di comunicazione e crittografia quantistiche, basate sugli sviluppi dell’ottica quantistica dei 30 anni precedenti.

Nel 2003 è stato realizzato il primo gate tra due qubit superconduttivi e per vari anni non si è riusciti a manipolare correttamente un numero di qubit superiore a due. Reiner Blatt, dell’università di Innsbruck, è stato tra i pionieri della tecnologia a ioni intrappolati, (proposta per la prima volta da Ignacio Cirac e Peter Zoller a fine anni ‘90 e implementata nei primi anni 2000) con cui si è riusciti a tenere insieme anche 20 o 30 qubit. Un altro protagonista è stato David Wineland, Nobel per la fisica nel 2012 per aver sviluppato nuovi metodi sperimentali con cui misurare e manipolare i sistemi quantistici.

Molte strade, molti attori, un obiettivo

“La tecnologia a ioni intrappolati in un campo elettromagnetico rivaleggia con quella basata sui materiali superconduttori” spiega Montangero. Google, Ibm e Intel hanno puntato su quest’ultima e i ricercatori del Quantum AI Lab dell’azienda di Mountain View sono riusciti a sviluppare il primo processore funzionante con varie decine di qubits. Una terza tecnologia ancora in gioco è basata invece sui cosiddetti atomi di Rydberg, intrappolati in potenziali ottici: “ci stanno lavorando diversi gruppi di ricerca a Parigi, Harvard, al CalTech e a Strasburgo” fa sapere Montangero.

Sono diversi gli attori che puntano sullo sviluppo dell’hardware quantistico. Oltre a Google, Ibm e Intel, molte start up stanno portando avanti progetti simili con capitali ingenti provenienti da diversi investitori. “Esiste anche un progetto europeo finanziato dalla Quantum Flagship che si chiama Open Super Q, che ha l’obiettivo di sviluppare un computer quantistico tutto europeo, per non rimanere del tutto disarmati nei prossimi decenni. L’Europa sta giocando da protagonista: per esempio praticamente tutte le Università in Germania hanno programmi di ricerca e sviluppo sulle quantum technologies”.

In Cina ci sono programmi simili a quelli europei e statunitensi, su cui Alibaba sta investendo. “In estremo Oriente sono anche a buon punto con le comunicazioni quantistiche e ci aspettiamo sorprese anche sul fronte del calcolatore, ma per ora non c’è niente di pubblico”.

In Europa però ci sono pochi privati che stanno lavorando allo sviluppo dell’hardware per i calcolatori quantistici “Del resto fare concorrenza a Google, se non da parte di altri grandi multinazionali o importanti centri di ricerca, oggi è molto rischioso. Ci sono però tanti soggetti pronti a usare l’hardware quantistico, una volta disponibile, come le tedesche Siemens, Bosch e VolksWagen che già stanno investendo in tecnologie quantistiche”.


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Ma tutto dipende da quanto sarà potente l’hardware quantistico. Gli sviluppatori sostengono che riusciranno a mantenere i ritmi di sviluppo previsti dalla legge di Moore, secondo cui la complessità di un processore, quindi il numero di qubit e la loro corrispondente potenza computazionale, raddoppia ogni 18 mesi e quadruplica ogni 3 anni.

C’è però un problema fondamentale da risolvere in questi tipi di hardware: “per far stare insieme 200 anziché 50 qubit si deve reingegnerizzare tutto il sistema: occorre trovare nuove soluzioni ai problemi di raffreddamento e riprogettare tutta l’elettronica. Non sono questioni di meccanica quantistica, sono prettamente ingegneristiche, ma non meno serie. Ci sono poi problemi relativi al codice di correzione degli errori: riuscire a dimostrare di implementarne uno robusto su 100 qubit sarà un’altra pietra miliare”.

Per cosa useremo il computer quantistico?

Ma immaginiamo che tra 5 anni tutti questi problemi saranno risolti e i processori quantistici saranno disponibili. Chi sarebbe a beneficiare dei vantaggi del computer quantistico? “All’inizio chi potrà permetterselo” risponde Montangero, “perché ovviamente allo sbarco sul mercato il prodotto viene collocato a fasce di prezzo alte. Ciononostante moltissimi attori saranno interessati a munirsene: tutto il settore della chimica farmaceutica ad esempio, un’industria che si basa su calcoli molto complessi per trovare le giuste combinazioni di molecole tra le moltissime possibili”. La struttura tridimensionale delle proteine e la loro funzione dipende dal modo in cui queste si ripiegano a partire dalla trascrizione dall’Rna messaggero. Questo processo, noto come protein folding, è molto complicato da ricostruire nei dettagli e un’elevata potenza computazionale potrebbe aiutare a svelare i meccanismi che ne stanno alla base.

“Per la scienza dei materiali vale lo stesso: una maggiore potenza computazionale darebbe una spinta a tutto il settore. In generale aiuterebbe a studiare e risolvere i sistemi di equazioni differenziali in maniera più efficiente”.

Un altro campo di applicazione sarebbe quello dei problemi di ottimizzazione complicati. Tutto quello che si fa nei processi industriali si potrebbe risolvere in maniera più efficiente: “VolksWagen ad esempio ha già lavorato a processi di ottimizzazione del traffico dei taxi di Pechino. Si tratta solo di un modello, ma che dimostra il potenziale di applicazione”.

Un altro esempio sono i problemi di scheduling o programmazione: “in un’industria occorre programmare la sequenza dei processi da mandare nella linea di montaggio. È un problema di ottimizzazione che diventa più complicato all’aumentare degli elementi considerati. Il computer quantistico potrà risolvere tutto in modo più efficiente”.

Altro settore ancora che gioverebbe dall’introduzione del calcolo quantistico è il quantum machine learning e dunque l’accoppiamento tra computer quantistico e intelligenza artificiale. “Esistono già algoritmi quantistici per il machine learning che promettono di essere ancora più potenti di quelli che già abbiamo a disposizione”.

Poi c’è il sogno di tutti i fisici: simulare processi quantistici a molti corpi che oggi non sono simulabili. “Si tratta di equazioni lineari in cui lo spazio di Hilbert esplode in maniera esponenziale e che quindi, matematicamente, sono impossibili da gestire. La cromo-dinamica quantistica negli ultimi decenni è stata studiata con metodi di Monte Carlo, ma questi consentono di accedere solo a un ridotto regime di parametri (perché sono minati dal cosiddetto problema del segno). Con il computer quantistico si potrebbero andare a studiare queste regioni cui oggi non abbiamo accesso, avremmo uno strumento nuovo che ci porterebbe lì dove non riusciamo ancora ad andare e aiuterebbe a capire molto della fisica del nostro universo e delle alte energie”.

Un’altra dimensione importante da considerare sarà quella dei consumi energetici. Anche se il computer classico continuerà a migliorarsi e a risultare capace di compiere calcoli complicatissimi, probabilmente il computer quantistico riuscirà a compiere gli stessi calcoli consumando meno energia elettrica. “Un calcolo effettuato in 3 minuti non consuma quanto uno effettuato, nella migliore delle ipotesi, in 3 giorni. L’energia utilizzata dai super computer sta esplodendo, le prestazioni delle macchine quantistiche saranno più efficienti e questo avrà un impatto sulle nostre vite. Anche questo potrebbe rientrare nella considerazione di cosa sia supremazia quantistica”.

Se il computer quantistico avrà una diffusione più ampia nella società civile è difficile a dirsi, oggi. “Se mi chiede se avremo tutti un computer quantistico sulla scrivania, la vedo improbabile” sostiene Montangero. “Ma d’altronde nemmeno io ho nel mio ufficio il computer con cui faccio i calcoli per i miei esperimenti. Mi aspetto che almeno all’inizio saranno prevalentemente nei quantum computing centers, esattamente come ora ci sono i grandi data centers. Tramite la rete si potrà accedere ai centri di calcolo e utilizzarli per varie esigenze. Non so dire poi se verrà sviluppata la tecnologia per costruire un computer quantistico portatile ma non credo che sarà questo l’aspetto rilevante. Magari la ricerca dei materiali in rete per il suo articolo la farà accedendo a un server in Alaska che funzionerà grazie a algoritmi e processori quantistici. Non ce l’avrà in tasca, ma si può dire che anche lei userà il computer quantistico tutti i giorni”.

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