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Medicina a Padova nei secoli: De Giovanni, tra politica e medicina contro rabbia e tubercolosi

Achille De Giovanni è ben noto in ambito medico e scientifico soprattutto per essere stato in Italia il caposcuola del “costituzionalismo” medico. Tale impostazione cercava di integrare la lezione proveniente dalla microbiologia e dall’anatomia patologica con la convinzione che la costituzione fisica giocasse una parte non trascurabile nella salute dell’individuo. Il quesito al quale la medicina costituzionalista intendeva rispondere nasceva dall’osservazione che non tutte le persone, se esposte allo stesso agente batterico, sviluppavano la malattia. Dovevano esserci anche altre cause in gioco. Per approfondire il tema, De Giovanni arrivò a sviluppare tre tipi morfologici fondamentali: il primo basato sulla lunghezza degli arti; il secondo sull’ampiezza del torace; il terzo sulla cavità addominale. Su questa base, le preziosissime indicazioni sviluppate dalla microbiologia, soprattutto di Louis Pasteur e di Robert Koch, potevano meglio spiegare l’insorgere di quadri morbosi che l’anatomia patologica poteva rintracciare. Non stupisce, pertanto, come dalla Scuola di De Giovanni a Padova siano maturati allievi della portata di Giacinto Viola o di Nicola Pende, fondatore quest’ultimo dell’endocrinologia italiana.

De Giovanni era nato a Sabbioneta in provincia di Mantova il 29 settembre del 1838 da Gaetano e Caterina Caccialuppi. Frequentò l’università a Pavia, dove rimase dopo la laurea per alcuni anni. Iniziò la professione nel manicomio di Milano “La Senavra” nel 1862 e qualche anno dopo tornò a Pavia, dove la sua carriera culminò con la nomina a professore ordinario di patologia generale il 19 dicembre del 1878. Aveva combattuto nelle fila garibaldine nell’arma dei Cacciatori delle Alpi come ufficiale medico volontario nella Seconda e nella Terza guerra d’indipendenza, rispettivamente nel 1859 e nel 1866, segno inequivocabile questo della sua scelta “nazionale”.

Giovanni Silvano illustra la figura di Achille de Giovanni. Servizio a cura di Monica Panetto e Tommaso Rocchi

A Padova, il 23 novembre 1879, a soli 43 anni, ottenne la prestigiosa cattedra di clinica medica all’università, che mantenne fino al 1900; fu preside della Facoltà di Medicina dal 1885 al 1896 e rettore dell’ateneo dal 1896 fino alla fine del secolo. In città fu assessore e consigliere comunale e, a Venezia, membro dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti per meriti scientifici.

Grazie alla proposta del prefetto di Padova, Saladino Saladini, fu candidato a essere nominato senatore del Regno. In Senato parlò una sola volta, il 20 dicembre 1909, mentre si dibatteva l’opportunità dell’insegnamento della ginnastica a scuola. Ebbe in tal modo la possibilità di approfondire il fine sociale della medicina e l’importanza strategica dell’igiene pubblica, forse l’argomento più discusso del momento nel discorso politico e in quello medico-scientifico. Nutrì sempre simpatie repubblicane, al pari di Giuseppe Garibaldi o Francesco Crispi, e come loro rimase fedele alla monarchia sabauda.

De Giovanni aveva rivestito cariche importanti anche a Padova, sua città d’adozione, dove fu nominato Presidente dell’Ordine dei medici, primo tra tutti, nel 1912. Fu pure insignito di prestigiose onorificenze: divenne cavaliere e poi ufficiale dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro rispettivamente nel 1889 e nel 1896, quindi commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia.

Nel 1898 fondò la Lega nazionale contro la tubercolosi per unificare gli sforzi contro una malattia che mieteva molte vittime di ogni età e condizione. Era una vera emergenza nazionale, più acuta e grave di quella altrettanto preoccupante causata dalla diffusione della malaria. Egli fu costantemente interessato alle diverse forme di tubercolosi e l’iniziativa di fondare la Lega, anche se rischiava di avvenire nel disinteresse collettivo, assunse invece grande valore dal punto di vista sia sanitario che civile. Si inseriva, infatti, nell’assai ampio sforzo del regno di contrastare una patologia che immediatamente evocava l’idea della morte e un forte senso di impotenza e rassegnazione. La malattia lo aveva colpito personalmente quando, dopo l’armistizio di Villafranca, gli era stato diagnosticato un processo tubercolare; inoltre, nel 1898, era morto della stessa malattia il suo unico figlio Aldo.

Aveva frequentato le più importanti scuole di medicina in Europa ed è significativo ricordare che De Giovanni dedicò la sua importante opera Morfologia del corpo umano del 1891 al grande neurologo francese Jean-Martin Charcot. Molto verosimilmente l’aveva incontrato a Parigi all’Ospedale della Salpêtrière, con ogni probabilità nell’occasione dei seminari che Charcot organizzava ogni martedì, divenuti di interesse europeo da quando il medico francese vi aveva descritta l’isteria. Non trascurò nemmeno l’ambiente tedesco, che poté visitare grazie all’interessamento del ministro dell’Istruzione Cesare Correnti del gabinetto Ricasoli.

Nel 1888 fondò a Padova l’Istituto antirabbico, sul modello di quello parigino del 1885. Quello padovano fu il primo in Italia, dal momento che a Roma venne istituito solo nel 1889, quattro anni dopo che Louis Pasteur aveva inoculato il vaccino in un ragazzo morso da un cane rabbioso; Angelo Celli, direttore dell’Istituto di Igiene dell’Università di Roma e il più influente igienista italiano, aveva a sua volta deciso di fondare un centro di vaccinazione e di ricerca scientifica per predisporre strumenti capaci di contrastare le conseguenze legate al morso di un cane ammalato.

Infine, sulla base di un’interessante documentazione conservata nell’Archivio storico dell’Università di Padova, è possibile seguire da vicino l’operato di De Giovanni nella Clinica medica della Regia Università e chiarire il suo orizzonte scientifico e culturale. La struttura e il professore dipendevano dal ministero dell’Istruzione pubblica; va sottolineato il fatto che, nella scheda biografica a cura del Senato, si dice che De Giovanni fu principalmente un professore e secondariamente un medico. Le cliniche universitarie erano contabilizzate facendo riferimento sia a fondi ministeriali per la docenza che a fondi locali per il mantenimento dei malati clinici. Molto interessante è rintracciare le somme riconosciute a De Giovanni per le spese legate alle sue funzioni: per sostenere la propria attività didattica e di ricerca acquistava testi e strumenti, anticipando personalmente somme che in seguito gli venivano rimborsate dall’amministrazione.

Nella serie archivistica si trovano descritti impegni di spesa per arredamenti necessari per la clinica medica, spese per strumenti scientifici, per riviste e libri. Tra questi ultimi, il 17 marzo 1903 De Giovanni acquistò i testi della massima rilevanza scientifica del momento, come la Microscopia clinica di Giulio Bizzozero al costo di 17 lire e l’Infezione malarica di Ettore Marchiafava e dello stesso De Giovanni al prezzo di 20 lire. Ancora nella stessa giornata, si registrò l’acquisto di altri libri per un importo complessivo appena superiore a 162 lire.

Il 10 marzo dell’anno successivo giunsero in clinica, grazie all’interessamento di De Giovanni, alcune riviste scientifiche come La Gazzetta degli ospitali, Riforma medica, Clinica medica italiana, Rivista critica di clinica medica, Policlinico e altri importanti opere. Non va dimenticato inoltre il suo interesse per la nascente radiologia. Ancora nel 1904 iniziavano a essere contabilizzate le spese per quel tipo di attività. Si ordinarono quattro vestaglie per radioscopia al prezzo di 52,50 lire ciascuna e nel 1911 acquistò un contaglobuli. Questo genere di ordini sono importanti, perché consentono di conoscere lo stato dell’arte della radiologia agli inizi del Novecento a Padova. Da segnalare è l’abbonamento alla rivista francese Journal de Radiologie e l’arrivo in clinica di molto materiale per i raggi X. Ormai però l’Italia era entrata in guerra e il nome di De Giovanni non compare più nei documenti disponibili.

Con la sua morte, avvenuta nel 1916, scomparve un eminente clinico che aveva saputo essere presente su fronti diversi: da quello militare, a quello politico, culturale e civile. In Senato non fu commemorato perché così aveva egli stesso chiesto. Il prefetto di Padova, mandando un telegramma per informare l’assemblea della scomparsa di De Giovanni, allegò quanto lo stesso senatore aveva dettato: “Io sono scomparso mandando il mio ultimo omaggio alla Eminenza Vostra, a tutti i colleghi, facendo voti perché di me non si faccia la solita commemorazione. Il mio ultimo pensiero fu questo: riviva Roma antica faro di civiltà e sia il Senato interprete della legge della evoluzione che governa il mondo”.

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