SOCIETÀ

Gli eventi meteorologici estremi e gli studi di attribuzione

L’alluvione nella comunità di Valencia ha causato più di 220 morti accertati, ma sono ancora molti i dispersi che rischiano di aggravare il bilancio devastante della Dana (acronimo spagnolo per depressione isolata d’alta quota), la goccia fredda che ha incontrato le alte temperature del Mediterraneo e che in otto ore ha riversato sulla sola città di Chiva 500 millimetri di pioggia, quantità che di solito scende sulla regione in un anno.

A pochi giorni di distanza, la World Weather Attribution (WWA) ha compiuto una rapidissima analisi sui dati delle precipitazioni, confrontandoli con quelli storici dell’area, e ha confermato che il riscaldamento globale provocato dalle emissioni antropiche di gas serra ha aumentato di due volte la probabilità di occorrenza delle precipitazioni, rendendole più intense del 12% rispetto a un ipotetico mondo non riscaldato.

Per ottenere un vero e proprio studio di attribuzione serviranno ulteriori analisi, che la WWA ha però già effettuato per altri due eventi meteorologici estremi che si sono abbattuti sugli Stati Uniti in rapida successione: l’uragano Helene prima e Milton poi. In entrambi i casi la loro probabilità di formarsi e l’intensità dei loro venti e delle loro piogge è stata aggravata dal riscaldamento globale.

I climatologi ripetono ormai da decenni che il cambiamento climatico indotto dall’accumulo di gas serra in atmosfera rende più frequenti e più intensi gli eventi meteorologici estremi rispetto al passato. Gli studi di attribuzione servono a fare un passo ulteriore, ovvero stabilire se il cambiamento climatico giochi un ruolo causale nell’occorrenza di un singolo evento, sia un’ondata di calore o un ciclone.

Secondo il database di CarbonBrief, ad oggi sono stati compiuti più di 500 studi di attribuzione, la maggior parte dei quali pubblicati su riviste scientifiche specializzate. Una parte tuttavia è rappresentata da rapidi studi di valutazione, come quelli della WWA: significa che saltano i tempi lunghi della peer-review, ma impiegano metodi che sono il frutto della revisione tra pari operata dagli scienziati negli ultimi 20 anni.

Il primo studio di attribuzione è stato pubblicato nel 2004 su Nature e proponeva un metodo che dimostrava come l’ondata di calore che aveva colpito l’Europa l’anno precedente, nel 2003, causando 70.000 morti, fosse stata resa più probabile e più intensa dal riscaldamento globale.

La ricerca ha effettuato migliaia di simulazioni dell’andamento del clima europeo in condizioni reali, cioè includendo le temperature riscaldate da un secolo e mezzo di emissioni, ma esplorava anche uno scenario controfattuale senza emissioni e quindi senza riscaldamento globale. In entrambi i casi l’ondata di calore del 2003 risultava un evento raro (lo è del resto per definizione un evento estremo), ma nello scenario controfattuale risultava talmente raro da risultare quasi impossibile. Da qui lo studio concludeva che il riscaldamento globale e le emissioni che lo hanno alimentato hanno reso più probabile e più intensa l’ondata di calore del 2003.

Da allora le metodologie per compiere questo genere di simulazioni sono state affinate, considerando ad esempio definizioni più precise di evento estremo (un’ondata di calore di 30°C per 10 giorni è diversa da una di 40°C per tre giorni) e modulando i diversi scenari emissivi e di temperatura.

Nel 2014 Friederike Otto, dopo una laurea in fisica all’università di Potsdam e un dottorato in filosofia della scienza alla Freie Universität di Berlino, ha fondato la WWA con il climatologo olandese Geert Jan van Oldenborgh, assieme alla Red Cross Climate Center e con il supporto di Climate Central.

Con lo studio del 2004 “per la prima volta gli scienziati identificavano l’impronta digitale del cambiamento climatico in un evento meteorologico specifico e questo ha segnato l’inizio di un nuovo campo di ricerca che oggi è noto come scienza dell’attribuzione” si legge sul sito di WWA.

Negli anni successivi numerosi eventi estremi hanno continuato ad abbattersi sulla popolazione di tutto il mondo, causando un numero di vittime a volte anche difficile da calcolare: il ciclone Nargis che si abbatté nel 2008 sul Myanmar ne fece più di 100.000.

“La domanda se il cambiamento climatico avesse giocato un ruolo in questi eventi però rimaneva nella mente delle persone. Nonostante fosse disponibile una metodologia per affrontare questa domanda, venivano pubblicati pochi studi di attribuzione e spesso uscivano mesi o anni dopo l’evento cui si riferivano. Questo significava che l’attenzione del pubblico e dei media si era già spostata su altro e veniva persa l’opportunità di legare l’esperienza delle persone di quell’evento meteorologico estremo all’impatto del cambiamento climatico causato dall’uomo”.

Nel corso dei sui primi 10 anni di vita la WWA ha prodotto 91 studi di attribuzione e quasi in concomitanza con il disastro di Valencia, il 31 ottobre ha presentato un rapporto sui 10 eventi meteorologici estremi, potenziati dal cambiamento climatico, che hanno causato più morti negli ultimi 20 anni. Si tratta di tre cicloni tropicali, quattro ondate di calore, una siccità e due alluvioni che hanno provocato più di 570.000 decessi, che però sarebbero ancora un’enorme sottostima, in quanto i dati relativi alle morti per ondate di calore non vengono raccolti, specialmente nei Paesi meno benestanti. Secondo la WWA potrebbero mancare milioni di decessi al computo complessivo.

La siccità che ha colpito la Somalia nel 2011 ad esempio da sola ha provocato 258.000 decessi secondo la WWA, mentre quelli riportati sull’International Disaster Database sono nell’ordine dei 20.000. Nella classifica della WWA ci sono anche le ondate di calore che hanno investito l’Europa nell’estate del 2022 e in quella del 2023, causando rispettivamente più di 53.000 e più di 37.000 decessi.

“Il cambiamento climatico non è una minaccia distante” ha dichiarato Fridierike Otto. “Se continuiamo a bruciare petrolio, gas e carbone questa sofferenza continuerà”.

L’uragano atlantico Helene che si è abbattuto sugli Stati Uniti a settembre aveva un raggio d’azione talmente ampio che non solo ha investito la costa, ma ha raggiunto anche Asheville, una cittadina sui monti Appalachi in North Carolina, distante 500 km dal mare. Il rapporto della WWA conferma che nessun luogo sulla Terra è al riparo dagli effetti del cambiamento climatico, che però non sono uguali per tutti: “le persone più povere e più vulnerabili subiscono maggiormente gli effetti degli eventi meteorologici estremi aggravati dal cambiamento climatico” ribadisce Otto. Ovunque devono migliorare i sistemi di allerta precoce e le città devono rendersi più adattate a gestire il nuovo clima con infrastrutture più adeguate.

A volte gli studi di attribuzione non trovano correlazione tra evento estremo e riscaldamento globale: le piogge che sono cadute sull’India a dicembre 2015 ad esempio sarebbero arrivate anche in un mondo senza cambiamento climatico.

Altre volte non sono in grado di stabilire con certezza il ruolo del cambiamento climatico nell’insorgere di un evento estremo. Questo ad esempio accade quando, lavorando con le agenzie locali, non risultano disponibili dati storici sufficienti ad alimentare i modelli per le simulazioni. È il caso dell’alluvione del 2022 del Pakistan: probabilmente la sua violenza è stata esacerbata dal riscaldamento globale, ma il margine di incertezza dello studio rimane ampio.

Gli studi di attribuzione continueranno ad affinare i loro metodi e oltre a fornire rapidamente spiegazioni all’attenzione collettiva e ai media, svolgeranno un ruolo cruciale in almeno altri due ambiti.

Il primo è quello della finanza climatica, che sarà il principale argomento di discussione della Cop 29 di Baku. Uno degli esiti più significativi della precedente conferenza sul clima, la Cop 28 di Dubai, è stata l’istituzione del fondo loss & damage, dedicato al risarcimento che i Paesi industrializzati dovrebbero pagare a quelli più vulnerabili al cambiamento climatico. Quantificare le perdite e i danni provocati dagli eventi estremi non è semplice, ma il punto di partenza non può che essere individuare il ruolo causale del cambiamento climatico in un’alluvione o in una siccità che hanno provocato quei danni e quelle perdite.

Similmente, gli studi di attribuzione giocheranno un ruolo sempre più importante nelle climate litigations, le cause sul clima che vengono mosse a istituzioni o aziende, specialmente quelle petrolifere e del gas, ritenute responsabili in prima battuta delle emissioni che riscaldano l’atmosfera.

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