CULTURA

Il telescopio della letteratura. L'esplorazione spaziale secondo gli scrittori italiani del Novecento

Cosa ne pensavano i più grandi scrittori italiani del Novecento della conquista dello spazio? Nella seconda metà del secolo scorso iniziano le missioni spaziali e gli occhi di tutto il mondo sono rivolti al cielo, anche, naturalmente, quelli dei grandi scrittori come Moravia, Pasolini, Calvino, Rodari e tanti altri. Possiamo rileggere allora la grande avventura della corsa allo spazio anche attraverso le loro parole nel libro Il telescopio della letteratura. Gli scrittori italiani e la conquista dello spazio scritto da Alessandra Grandelis, assegnista di ricerca al dipartimento di studi linguistici e letterari all'università di Padova.

Durante il Novecento, vero e proprio “secolo delle incertezze” la corsa allo spazio innesca una nuova rivoluzione copernicana, che mette ancora di più l'uomo ai margini dell'universo. Come reagiscono allora gli intellettuali italiani di quegli anni di fronte a questi grandi eventi? Le loro opere riflettono il fascino che esercitano in quegli anni la tecnologia e il progresso scientifico, che sono addirittura in grado di portare l'uomo nello spazio, e allo stesso tempo parlano di questo senso di smarrimento dovuto al riconoscimento della propria piccolezza.

“La prima era spaziale, che va dal lancio dello Sputnik nel 1957 all'ultima missione lunare sovietica del 1976, è una vera e propria rivoluzione copernicana che impone a filosofi, pensatori, intellettuali e scrittori di affrontare nuovi interrogativi che riguardano la condizione dell'uomo nell'universo e il progresso della tecnica”, racconta Alessandra Grandelis. “È una grande cesura storica che gli scrittori sentono la necessità di interpretare con la letteratura, che ha degli strumenti in grado di mettere a nudo alcuni elementi che possono sfuggire alle altre discipline e che invece posso disvelare il rapporto dell'uomo con il mondo e con la vastità dell'universo.
In generale, gli scrittori accolgono le scommesse lanciate dalle sonde spaziali, dalle spedizioni e dagli astronauti e si lanciano a loro volta nello spazio, con uno sguardo talvolta complice e talvolta dubbioso verso la scienza e la tecnica. Fin da subito, si rendono conto che in quei grandi eventi si trova anche il compimento del progresso, e per questo sentono la necessità di restituire non solo il fascino ma anche i limiti stessi del progresso e di una crescita contraddittoria insiti in una certa idea di mondo. Gli scrittori, quindi, né esaltano né condannano la corsa allo spazio, ma la trasformano in percorsi dell'immaginario.
Possiamo allora addentrarci in questo percorso e fare sì che gli eventi dello spazio diventino un'esperienza che tutti possiamo fare. La letteratura, infatti, riesce a far convivere le contraddizioni della corsa allo spazio e la meraviglia del cosmo, di cui possiamo godere grazie alla tecnica”.

L'intervista completa ad Alessandra Grandelis, autrice de “Il telescopio della letteratura: Gli scrittori italiani e la conquista dello spazio” Bompiani 2021. Montaggio di Barbara Paknazar

“Le immagini che giungono dai telescopi sono fondamentali per gli scrittori. La letteratura, allora, diventa un doppio telescopio che può essere puntato dalla Terra al cielo, per sondare cosa sia rimasto dell'ignoto durante e dopo la corsa allo spazio, ma anche dal cielo alla Terra, per cogliere le trasformazioni del pianeta e, soprattutto, dell'Italia, che in questi anni stava vivendo il miracolo economico. In questo senso, la letteratura si fa anche controstoria: racconta infatti le rimozioni del miracolo economico attraverso lo spazio e il lato oscuro del benessere.
Insieme agli scrittori di questo libro possiamo fare quindi un viaggio inedito nello spazio per fare poi sempre ritorno alla Terra”.

Ho contemplato dalla luna, o quasi,
il modesto pianeta che contiene
filosofia, teologia, politica
pornografia, letteratura, scienze
palesi o arcane. Dentro c'è anche l'uomo,
e io tra questi. E tutto è molto strano”
.
Eugenio Montale, “Fine del ‘68” Satura, Mondadori, 1971

Leggendo il libro, incontriamo una serie di critiche ricorrenti da parte di questi scrittori, specialmente in Pasolini, che riguardano il modo in cui alcuni aspetti di questa corsa allo spazio vengono “venduti” al pubblico come televisori e lavatrici, secondo le logiche del consumismo.

“Pasolini è stato uno dei più acuti interpreti del miracolo economico e dei meccanismi interni alla moderna industrializzazione”, spiega Grandelis. “Si è sempre definito allergico alla società tecnologica e a un mondo razionalmente concepito. Per questo motivo, era molto attento anche alla scienza dello spazio e affrontò questo argomento in diverse occasioni e attraverso vari generi, tra cui il saggismo. È un saggio molto interessante quello che Pasolini pubblica nel 1959 in cui, rispondendo a un'inchiesta su “I giovani e il progresso nell'era cosmica” della rivista Nuova Generazione, mette in relazione la sonda sovietica Lunik con gli elettrodomestici. Questi, secondo l'autore, sono tutti oggetti che parlano di una società dove impera la spersonalizzazione, trasformano l'individuo nell'uomo-massa e marcano una frattura sia nel rapporto tra la generazione dei padri e quella dei figli, sia anche tra il nord e il sud del mondo.

Dieci anni dopo, in un anno cruciale per la conquista dello spazio e della Luna, cioè il 1969, Pasolini torna più volte sul tema con diversi scritti, influenzato anche dalle diverse immagini che giungono dal cosmo e che mostrano al mondo la vita degli astronauti. In quel momento, Pasolini sente che le immagini stanno pubblicizzando la Luna. La sua è una postura molto simile a quella di Andrea Zanzotto, che afferma che con la conquista della Luna si rompe il legame millenario dell'uomo con l'universo e il cielo. Per questo dirà che la Luna viene svenduta come una crema in un vasetto.

Pasolini riesce per primo a mettere in correlazione la conquista dello spazio e della Luna con un nuovo tipo di comunicazione pubblicitaria e pervasiva che colonizza il mondo.
Qualcosa cambia, però, quando vede la prima impronta umana su un suolo diverso da quello terrestre. La prima impronta di Armstrong sulla Luna è un'immagine icona del Novecento che a Pasolini ricorda le orme preistoriche. In quel momento, si rende conto che un'immagine come quella, che arriva dallo spazio, può avere non solo un potere comunicativo come quello della pubblicità, ma anche un potere espressivo. Queste immagini, perciò, possono aprirsi a interpretazioni infinite e sfuggire, in qualche modo, alla mercificazione. Ecco perché in un romanzo magmatico come Petrolio, in una delle tante storie inserite in quella principale, si immagina un viaggio nello spazio di due astronauti che vanno incontro a un pianeta sconosciuto”.

E’ lì che siamo nati: nella sfera del cosmo. Nel mare siamo forse nati una seconda volta. E dunque l’attrazione del mare è profonda ma quella dello spazio celeste lo è infinitamente di più Pier Paolo Pasolini, “Petrolio”, Einaudi 1992

“Forse, si legge anche in questo racconto, è perché siamo nati nello spazio che la religione ha concentrato la sua attenzione nel culto dell'ascensione”, continua Grandelis. “Pasolini, allora, nel culto dell'ascensione, che interpreta da un punto di vista antropologico, nella conquista dello spazio e in quell'impronta sul suolo lunare coglie in maniera quasi paradossale la persistenza di quel passato che gli è tanto caro nel futuro”.

Tra le riflessioni proposte dagli scrittori italiani del Novecento ritroviamo poi alcuni temi che ci sembrano particolarmente attuali. Molti dei pensieri e delle preoccupazioni che esprimevano nei loro scritti sono ancora oggi, infatti, al centro del dibattito pubblico sulla conquista dello spazio.

“La corsa allo spazio oggi è ripresa e coinvolge molte potenze”, commenta Grandelis. “È quindi diversa dalla prima era spaziale in cui c'era solamente la contrapposizione tra russi e americani in quella guerra fredda combattuta nei cieli. In questi mesi e anni si sta riprogrammando, infatti, il ritorno sulla Luna, progetto a cui partecipa anche l'Italia, e ci stanno giungendo immagini e suoni da Marte, grazie al rover Perseverance.
Se poi retrocediamo al breve periodo, nel maggio del 2020 il mezzo privato di Elon Musk ha accompagnato degli astronauti sulla Stazione spaziale internazionale, e questa collaborazione tra pubblico e privato continuerà nel prossimo futuro.
Nel cielo, quindi, sta accadendo qualcosa di importante che richiede a noi tutti di essere vigili: un'immensa campagna pubblicitaria per un capitalismo che cerca nuovi territori da colonizzare.

Ecco allora che le riflessioni di tutti gli scrittori che ci hanno parlato dello spazio tra gli anni Cinquanta e Ottanta del secolo scorso ci offrono degli strumenti per leggere e interpretare questa realtà con tutti quei grandi temi che essa ci impone di affrontare, come il rapporto dell'essere umano con le macchine, la pervasività della tecnologia nella nostra vita e anche la sopravvivenza del corpo umano in situazioni proibitive e l'attenzione alla salvaguardia del pianeta Terra e non al suo abbandono. Infatti, è proprio grazie alle prime immagini del nostro pianeta dello spazio che è nato il pensiero ecologico.
Insomma, la letteratura ci permette di comprendere meglio ciò che avviene e anche di godere delle meraviglie del cosmo sottraendole al mero interesse commerciale, proprio perché queste meraviglie sono per tutti, mentre gli interessi commerciali sono solo per pochi privilegiati”.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012