CULTURA

Le tratte degli schiavi: dall'Africa orientale all'oceano Indiano

Sono passati 400 anni da quando l'imbarcazione olandese White Lion attraccò nella città di Jamestown, negli Usa. Al suo interno viaggiavano 20 africani – vinti durante una battaglia navale contro gli spagnoli – che gli olandesi intendevano scambiare in terra americana con cibo e provviste. Questo evento del 1619 portò ad un sistematico traffico di esseri umani, come schiavi, conosciuto col nome di tratta Atlantica o tratta triangolare, che si svolse fino al XIX secolo.

Quella, però, non fu l'unica tratta di schiavi che interessò il continente africano. Il Bo Live ha contattato Bianca Maria Carcangiu, già docente di Storia e istituzioni dell’Africa all’università di Cagliari e fondatrice di Affrica, centro di Studi africani in Sardegna, per raccontare la tratta che interessò le coste orientali dell'Africa e l'oceano Indiano.

"Per molti secoli un certo numero di africani venne tratto dalle coste orientali. Per la maggior parte divenivano servi domestici, concubine o lavoratori nelle piantagioni. Questi schiavi venivano portati verso l’Arabia e il golfo Persico. Inizialmente si trattava di scambi occasionali, che coinvolgevano poche persone, infatti un vero e proprio sistema commerciale non si sarebbe creato fino alla metà del XVIII secolo" spiega la professoressa Carcangiu.

"Questa trasformazione venne causata da diversi fattori: innanzitutto, la Francia aveva delle piantagioni di spezie e zucchero nelle sue colonie nell'oceano Indiano, cioè le isole Mauritius, Réunion e Seychelles. Perciò, i francesi, necessitando forza lavoro, iniziarono a comprare schiavi dai portoghesi e dagli indiani che si trovavano nella vallata dello Zambesi. Queste piantagioni si espansero rapidamente e la Francia, avendo bisogno di un maggior numero di lavoratori, cambiò venditori e si rivolse ai mercanti arabi e swahili, a Zanzibar e a Kilwa. I mercanti arabi si spostavano lungo le coste dell’Africa orientale, salendo o scendendo, a seconda del movimento dei Monsoni. Durante questo tragitto, più o meno fra l’VIII e l’XI secolo, iniziarono a creare dei piccoli forti lungo la terraferma. L'incontro tra i mercanti arabi e le genti autoctone diede origine alla famosissima cultura swahili, dal termine arabo sāhil che significa costa. Questo incontro culturale permise la nascita delle città stato Kilwa, Zanzibar, Mogadiscio, Mombasa e, di conseguenza, della civiltà e della lingua swahili".

"Il secondo fattore riguarda il Brasile, che all'inizio del XIX secolo espanse, a sua volta, le proprie piantagioni di zucchero. La mano d’opera necessaria si recuperò all’interno della regione dello Zambesi e del Mozambico. Nel 1807 la Gran Bretagna era diventata il portabandiera dell’abolizione della schiavitù, quindi non si potevano più imprigionare schiavi sulle coste occidentali dell’Africa. I pochi che si catturavano avevano un prezzo molto alto rispetto a quello degli schiavi che potevano essere recuperati nell’Africa orientale. Per questo motivo il grosso del commercio si spostò dall’oceano Atlantico all’oceano Indiano".

"L'ultimo fattore – continua la professoressa Carcangiu – fu che dalla metà del XIX secolo, si assistette a una rapida crescita della domanda di schiavi per le piantagioni di chiodi di garofano che si trovavano a Zanzibar e nelle isole vicine. Zanzibar era già caduta sotto il dominio del sultanato di Oman. Il sultano, ai primi dell'800, pose la sua residenza nell’Isola di Zanzibar, impegnandosi per far crescere le coltivazioni di questi fiori. L'isola si trovava proprio dirimpetto a quello che al tempo si chiamava Tanganica, gli schiavi venivano prelevati da quel territorio e dal Mozambico. L'attività si espanse ulteriormente nel 1870 grazie all'avorio che si poteva trovare nell'Africa orientale: l’Europa con la sua classe media, nata dall’industrializzazione, voleva comprare quel materiale per costruire palle da biliardo, manici di coltello e tasti per pianoforte".

"Sorsero dei regni che avevano come base economica il commercio degli schiavi e la vendita di avorio, così com’era accaduto in Africa occidentale per l'oro e la tratta transahariana. Tippu Tip fu uno dei più grandi e famosi mercanti swahili, M'Siri, commerciante Nyamwesi, fondò un grande regno. M'Siri aveva persino un esercito regolare, organizzazione che non era tipica in Africa. Questi regni fiorirono in ricchezza, fino a quando non ci fu l’intervento della Gran Bretagna: l’isola cadde sotto il suo dominio, mentre il Tanganica sotto quello tedesco".

"Questo commercio di schiavi terminò tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX. Il paradosso fu che la persistenza della schiavitù, del commercio degli schiavi e lo spostamento delle persone fornirono l’opportunità, e la scusa, per l'intervento delle potenze europee nel territorio. Coloro che avevano dato la spinta allo sviluppo della tratta degli schiavi, comprando mano d'opera ancora prima che iniziasse il colonialismo vero e proprio, entrarono in Africa con la missione di portare la civiltà. Leopoldo II re del Belgio, che conquistò il cuore dell’Africa centrale, ovvero il Congo odierno, nel suo discorso alla Conferenza geografica di Bruxelles nel 1876, affermò che l'argomento che li riuniva fosse uno di quelli più meritevoli di attirare l'attenzione dell'umanità. Cioè aprire alla civiltà l'unica parte del globo in cui essa non era ancora penetrata, squarciare le tenebre che avvolgevano intere popolazioni".

È questa, credo di poter affermare, una crociata degna di questo secolo di progresso Leopoldo II, re del Belgio

"Al tempo si pensava che l'Africa fosse un continente vuoto e senza storia – conclude la professoressa Carcangiu – In realtà è stato dimostrato da molti anni che in Africa fossero presenti degli stati. Questi non erano confinanti gli uni con gli altri, ma erano degli spazi disposti a macchia di leopardo. Quando ci fu la conferenza di Berlino del 1884-85, organizzata dal cancelliere Bismarck, che aveva lo scopo di regolamentare la libera circolazione nei fiumi Niger e Congo, ma finì per essere impropriamente conosciuta come la conferenza che suddivise il continente africano, erano presenti tutte le potenze europee, persino una rappresentanza degli Usa".

"Tuttavia, non vennero inclusi i grandi protagonisti: gli africani. Gli europei si giustificarono per questa mancanza, sostenendo che non avrebbero potuto invitare delle rappresentanze africane perché non esistevano degli stati organizzati all’interno del continente. Invece esistevano già: lo stato millenario dell’Etiopia era uno di quelli. Le grandi potenze europee, però, dichiararono che questo stato non avrebbe potuto essere invitato perché nella società etiopica veniva ancora praticata la schiavitù. Questo elemento contribuì alla penetrazione del colonialismo in Africa".

SPECIALE Le tratte degli schiavi

1. Le tratte degli schiavi: dall’Africa sub-sahariana all'Africa mediterranea

2. Le tratte degli schiavi: dall'Africa orientale all'oceano Indiano

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