SOCIETÀ

A scuola tutto bene? I dati aggregati delle scuole italiane

L’analisi dello stato di salute delle scuole italiane non può non partire dallo studio dei dati aggregati. Abbiamo visto come il totale degli edifici scolastici attivi nell’anno scolastico 2018/2019 fosse di 58.598, divisi in 47.469 scuole diverse. Questo quindi è il numero delle scuole attive in tutta Italia nell’anno preso in considerazione. I due numeri differiscono in quanto per ogni scuola, che ha un suo codice scolastico formato da un id di dieci caratteri e numeri, ci possono essere anche più edifici. Significa che spesso possiamo trovare una palestra, una mensa, una biblioteca o altro staccato dall’edificio scolastico ma facente comunque parte di quella scuola. E’ utile sapere questo perché, in termini di analisi, poi vedremo come sia fondamentale approfondire i 44 diversi indicatori proprio per ogni edificio. Facendo un esempio concreto: è importante sapere se la palestra della scuola dove ogni giorno mandiamo nostro figlio o nostra figlia abbia lo stesso piano d’emergenza dell’edificio in cui ci sono le aule.

Le 47.469 scuole sono divise in 6.657 comuni diversi, che significa che a grandi linee circa il 15% dei Comuni italiani al suo interno non ha un edificio scolastico. Un numero che, visto così, può destare scalpore ma bisogna contestualizzarlo sulla realtà del nostro Paese. In Italia i Comuni con meno di 1.500 abitanti sono 2.842, cioè circa il 36% del totale. Quasi duemila (precisamente 1.968) sono quelli che al loro interno hanno meno di mille abitanti mentre se si allarga il bacino, quindi prendendo in esame i luoghi con meno di 5mila abitanti, vediamo come il numero cresca fino a 5.509, cioè quasi il 70% del totale.

La premessa a questo reportage sulle scuole, se avete letto le precedenti puntate, è proprio quella che l’Italia ha un territorio particolare, frastagliato e fatto di piccoli Comuni. Analizzarlo è fondamentale anche per capire come sono disposte le scuole statali di ogni ordine e grado. Per fare quest’analisi quindi può servire anche vedere non solo la popolazione ma anche la superficie dei vari Comuni, ricordandoci che sono poco meno di 1.250 quelli privi di edifici scolastici.

Tralasciando il Comune di Roma, che ha una superficie di 1.287 kmq, cioè quasi il doppio del secondo Comune più esteso d’Italia (Ravenna con 653,81 kmq), vediamo come 2.733 abbiano un’estensione inferiore ai 15 kmq. Naturalmente il dato più importante è quello della popolazione residente, ma l’area comunale ci aiuta a capire meglio le dimensioni di cui stiam parlando. Esistono Comuni infatti che hanno un’area anche di soli 120 metri quadrati con 825 abitanti (Atrani, un borgo costiero in provincia di Salerno, ai confini con Amalfi) o eccezioni come Casavatore in provincia di Napoli che ha un’estensione di poco superiore a 1,5 kmq ma una popolazione di 18.546 abitanti, che significa più 12 abitanti per metro quadrato. Casavatore ha anche il triste primato di essere il comune italiano con la più alta percentuale di consumo di suolo: il 90,43% del territorio comunale

Un altro aspetto che ci può aiutare a capire la disposizione degli edifici scolastici, oltre alla popolazione ed all’estensione comunale, è vedere a che livello sul mare sono i vari Comuni italiani. Tolti i 26 superiori ai 1.500 metri (il più alto è Sestriere a 2.035 slm), l’Italia da 661 Comuni tra gli 800 ed i 1500 metri sul livello del mare e ben 2.202 tra i 400 e gli 800 metri d’altitudine. Conoscere la conformazione territoriale italiana ci aiuta a capire come mai sono 10.317 gli edifici scolastici non accessibili da mezzi privati e 27.274 quelli non raggiunti dai trasporti pubblici urbani.

In questa fase vediamo i dati aggregati del nostro dataset quindi ogni analisi non può giungere a facili e veloci conclusioni. Quello che vogliamo fare emergere ora è mediamente uno spaccato dell’intero comparto scolastico italiano, per poi capire in profondità tutti i 44 indicatori che abbiamo deciso di prendere in esame. Considerate quindi le righe che seguono come una visione dall’alto degli edifici in cui quotidianamente entra circa il 16% della nostra popolazione.

Anno di costruzione

Il primo aspetto su cui vogliamo concentrarci è l’anno di costruzione degli edifici scolastici italiani. Per scoprirlo ci sono due modi diversi: uno analizzando la fascia d’età di costruzione, e l’altro andando a vedere se esiste un anno preciso della nascita dell’edificio. Nei dati rilasciati dal Miur infatti, per ben 5.786 edifici non è indicata la fascia d’età di costruzione. Va ancora peggio se si va a vedere se è stato inserito l’anno preciso di costruzione dell’edificio. In questo caso il dato manca per 23.638 edifici (più tre NA ed un’errata compilazione per la palestra della scuola Don Minzoni di Voghera che possiamo presumere sia stata costruita nel 1975).

Per cercare di avere un riscontro preciso di quali e quante siano le scuole, ed i rispettivi edifici, di cui non si conosce la data di costruzione, abbiamo unito i due dati diversi provenienti sempre dalla fonte ministeriale. Da questo lavoro possiamo desumere come l’informazione sull’età manchi totalmente per 1.986 edifici scolastici.

Circa il 15% dei Comuni italiani al suo interno non ha un edificio scolastico

L’elenco dei dati mancanti si può scaricare a questo link, nella speranza che il Ministero possa provvedere a sistemare queste lacune, considerando anche il fatto che le date mancanti siano 1.986 ma divise per 613 diversi comuni. Il Comune di Napoli ad esempio, nel 2018-19 aveva 103 edifici scolastici privi di data o fascia di costruzione, il Comune di Verona 64, Torre del Greco 50, Roma 38.

Boscoreale, in provincia di Napoli, aveva 32 edifici scolastici, su un totale di 37 presenti nel suo territorio, privi non solo delle informazioni dovute all’età, ma anche di tutti gli altri indicatori presi in considerazione per effettuare il nostro reportage, salvo la classificazione sismica. Ricordiamo che i dati forniti dal Ministero sono caricati dagli Enti locali proprietari o gestori degli edifici adibiti ad uso scolastico ai sensi della legge 11 gennaio 1996, n. 23. Di fatto quindi, sembra che il Comune di Boscoreale per quanto riguarda le scuole primarie o la Città Metropolitana di Napoli per quanto riguarda le scuole superiori, non ce ne vogliano ma questo è solo un esempio concreto dei tanti che si possono ritrovare nell’anagrafica, non abbiano compilato correttamente i report che poi hanno inviato al Ministero. L’unico dato che conosciamo, tolto appunto quello sul rischio sismicità e sull’indirizzo, è il fatto che tutti e 32 questi edifici sono classificati come non costruiti per uso scolastico ma comunque non destinati ad altri usi. Non sappiamo però quando e se negli anni hanno subito un adattamento. Nell’anagrafica inoltre sono considerati attivi, come tutti gli edifici presi in considerazione, e, a ben vedere dal sito (che ora è offline ma fino a pochi giorni fa era attivo), le sedi ancora attive sembrano esattamente quelle che abbiamo analizzato, considerando anche che Boscoreale è un Comune di più di 27 mila abitanti.

Tornando però ad un’analisi più aggregata vediamo che su un campione di 52.807 edifici scolastici la maggior parte è di “recente” costruzione. 20.992 sono stati costruiti dal 1976 in poi, 16.242 tra il 1961 ed il 1975, 7.519 tra il 1946 ed il 1960 mentre il restante è ancora più vecchio.

Come ha scritto Elisabetta Tola sulle pagine di questo giornale “gli anni ‘70 sono anche quelli del ripensamento del ruolo della scuola, dopo la riflessione complessiva innescata dal movimento di protesta del ‘68. Si ragiona sulle scuole aperte, sulla necessità di pensare a spazi che diano la possibilità di socializzare, oltre che di alfabetizzare. E che siano luoghi di gioco e creatività condivisa. E così, si sviluppa un’idea di scuola integrata nel quartiere, nella città. Per esempio, che includa impianti sportivi e altri servizi, come la biblioteca, che servano anche la comunità allargata e non siano esclusivi. Nascono in questi anni i primi Istituti comprensivi, che tengono insieme interi cicli scolastici, dalla materna alle scuole medie, dentro un unico edificio o in edifici attigui”. Sugli edifici costruiti dal 1975 in poi faremo in seguito un’analisi più dettagliata, partendo proprio dal presupposto che l’81% di questi è stato costruito appositamente per l’uso scolastico. 

Lo stato di salute degli edifici scolastici italiani

Il totale degli edifici scolastici costruiti appositamente per questo ruolo è 45.219 mentre 13.318 erano stati costruiti per altri usi. Anche in questo caso la compilazione del report da parte degli enti sembra abbia avuto più di qualche difficoltà. Se le scuole non sono state costruite appositamente per essere dei luoghi adibiti ad accogliere studentesse, studenti e personale scolastico, verosimilmente negli anni avrebbero dovuto subire un adattamento. Questa Informazione è mancante per 8.332 edifici.

Ci sono poi degli altri ridotti casi in cui manca proprio l’informazione se l’edificio è stato costruito o no per essere da subito adibito ad uso scolastico. È il caso delle due scuole d’infanzia e primaria di via Rosmini 2 a Trontano, in provincia di Verbani-Cusio-Ossola. Anche la scuola primaria Bruno Munari di Oleggio, in provincia di Novara nella colonna sull’uso scolastico ha riportato NA, frutto o di un errore di compilazione o di una mancanza del dato. Il dato sull’uso scolastico infine non è stato comunicato per 58 edifici, anche se poi cinque di questi hanno comunicato l’anno o la fascia d’età dell’adattamento ad edificio scolastico, motivo per cui questa informazione assente è possibile dedurre che sia più una dimenticanza che un dato mancante a monte.

L’Anagrafe scolastica

Come vediamo quindi l’analisi di ogni singolo indicatore, anche se fatta sui dati aggregati, presenta una serie di variabili non indifferenti. Come sempre quando parliamo di dati, è bene vedere ciò che viene pubblicato ma capire anche come viene raccolto. Come abbiamo già visto, e come dichiarato esplicitamente dal Miur, la responsabilità della compilazione di tutti questi dati è dell’ente proprietario o che ha in gestione l’edificio scolastico. 

Bisogna sapere inoltre che l'accesso e la riutilizzabilità dei dati del Sistema nazionale di istruzione e formazione, quindi i dati dell’Anagrafe dell'edilizia scolastica che stiamo analizzando, devono essere pubblicati in formato aperto secondo la legge 107 del 2017. 

Il comma 137 dell’Articolo 1 della suddetta legge dice chiaramente che ”il  Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'   e   della ricerca, [...]  garantisce  stabilmente l'accesso e  la  riutilizzabilità  dei  dati  pubblici  del  sistema nazionale di istruzione e formazione, pubblicando in formato aperto i dati relativi ai bilanci delle scuole, i dati pubblici  afferenti  al Sistema   nazionale   di   valutazione,   l'Anagrafe    dell'edilizia scolastica, i dati in forma aggregata dell'Anagrafe degli studenti, i provvedimenti di incarico di docenza, i piani dell'offerta formativa, compresi quelli delle  scuole  paritarie  del  sistema  nazionale  di istruzione [...].  Pubblica  altresì'  i  dati,   i   documenti   e   le informazioni utili a valutare l'avanzamento didattico, tecnologico  e d'innovazione del sistema scolastico”.

Ma come funziona l’Anagrafe scolastica? L’intero sistema si divide in due parti fondamentali: una centrale ( SNAES ), che garantisce al Ministero le conoscenze necessarie per lo svolgimento delle funzioni di indirizzo, pianificazione e controllo, e un'altra, distribuita in "nodi regionali" (ARES), che assicura la programmazione, a livello regionale, del patrimonio edilizio e la gestione del medesimo su base provinciale, comunale e di singola unità scolastica. Questa divisione nasce dall’Accordo in Conferenza Unificata del 6 febbraio 2014. Successivamente però, il 10 novembre 2016, l’architettura è mutata con la richiesta al Ministero di realizzare un sistema informativo di acquisizione dei dati regionali in tempo reale, e realizzare una interazione fra la banca dati dell'edilizia scolastica e l'anagrafe degli studenti, mentre comuni, province e città metropolitane si impegnavano a garantire un aggiornamento costante dei dati nell'ARES. Il cronoprogramma sull’attuazione dell’Anagrafe è stato infine raggiunto il 6 settembre 2018 con un Accordo quadro mentre il nuovo portale con l’intera Anagrafe è stato pubblicato, alla presenza dell’allora Ministro Lorenzo Fioramonti, l’8 ottobre 2019.

Continuando con l’analisi aggregata degli indicatori, il primo che balza all’occhio è quello della progettazione antisismica degli edifici scolastici. L’82% del totale non è stato progettato in modo antisismico. Una percentuale alta che però analizzeremo più in profondità in un prossimo reportage perché è necessario comprendere come dal punto di vista strutturale, anche una progettazione inizialmente non antisismica può essere messa a norma. Quello che possiamo già dire però è che dal 2015 esiste una programmazione unica triennale nazionale degli interventi di edilizia scolastica.

Per il solo triennio 2015/2017 gli interventi richiesti dalle Regioni, sentiti naturalmente gli Enti Locali, sono stati più di 6 mila con un fabbisogno totale di 3,7 miliardi di euro. La normativa prevedeva il finanziamento interventi di ristrutturazione, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico di scuole, immobili all'Alta formazione artistica, musicale e coreutica o adibiti ad alloggi e residenze per studenti universitari. L’anagrafe che stiamo utilizzando per monitorare lo stato di salute delle scuole italiane quindi, è successiva a questi interventi. Naturalmente il piano triennale si è riproposto anche per il triennio 2018/2020.

Anche qui dobbiamo chiarire che la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici è compito dei comuni, per quanto riguarda le scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, e delle province, per le scuole di istruzione secondaria di secondo grado.

Questa divisione è stata stabilita dalla legge 23 del 1996, il cui articolo 3 evidenzia chiaramente le responsabilità dei vari enti. A ciò bisogna aggiungere anche che nel 2014 la legge numero 56 ha di fatto ridefinito il sistema delle provincie, istituendo le città metropolitane. Queste città metropolitane sostituiscono le province in dieci aree urbane del paese, se prendiamo in considerazione le regioni a statuto ordinario. Nelle regioni a statuto speciale invece ci sono quattro città metropolitane che hanno le funzioni fondamentali delle province.

Un altro dato aggregato su cui prestare attenzione è la percentuale di edifici che hanno il collaudo statico. Questo è obbligatorio per gli edifici costruiti in cemento armato dalla data di entrata in vigore della legge numero 1086 del 1971. Per 1.112 scuole infatti, l’anagrafe prevede che non sia necessario mentre sono 31.602 gli edifici che sono forniti di certificato di collaudo statico, 13.568 dei quali costruiti dopo il 1976. Di ben 3.052 edifici però manca proprio il dato. Di 1.783 di questi inoltre manca anche l’informazione sulla fascia d’età di costruzione. Anche in questo caso, crediamo sia utile rendere disponibile il csv, in modo tale che il Ministero stesso possa approfondire i motivi di queste mancanze. 

Sempre in materia di sicurezza vediamo come 35.981 edifici scolastici siano privi del certificato di prevenzione incendi. Le scuole di ogni ordine, grado e tipo, come tutte le attività soggette a visite e controlli di prevenzione incendi, sono divise in tre diverse categorie (vedi Allegato 1 del D.P.R. 151/2011): la prima (A) riguarda quelle scuole con all’interno fino a 150 persone, in cui non è obbligatorio chiedere ai Vigili del fuoco la valutazione del progetto ed in cui sopralluoghi sono effettuati a campione essendo limitato il livello di complessità.;

La seconda (B) ha al suo interno tutte le scuole tra le 150 e le 300 persone e gli asili nido e dove non vige l’obbligatorietà di richiedere ai Vigili del fuoco la valutazione del progetto, con controlli effettuati sempre a campione. Di fatto quindi la categoria B è del tutto similare alla A con solo alcune diversità sul livello di complessità dell’edificio.

L’ultima categoria (C) riguarda quegli edifici scolastici con oltre 300 persone al loro interno, in cui è obbligatorio chiedere la valutazione del progetto ed in cui i sopralluoghi da parte dei Vigili del fuoco sono effettuati obbligatoriamente, al termine dei quali viene rilasciato il Certificato di Prevenzione Incendi.

A questo bisogna aggiungere che 31.920 edifici non hanno il certificato per il collaudo dell’impianto di spegnimento e 32.070 non hanno il certificato di agibilità/abitabilità.

In tutto, infine, sono 48.340 gli edifici scolastici vetusti, cioè che hanno più di 50 anni.

Le anomalie più particolari

Dopo aver analizzato 58.598 edifici diversi non possiamo tralasciare le anomalie più incredibili che abbiamo riscontrato. Al fine dell’analisi questa parte sicuramente non è fondamentale, ma è una piccola nota di colore che fa comprendere come spesso la disattenzione avvenga proprio in fase di compilazione, quindi da parte degli enti pubblici che sono proprietari o gestori dell’edificio scolastico.

La prima anomalia bizzarra si nota negli 852 edifici in cui, nella macrocategoria trasporti,  alla domanda se ci siano eventuali altri collegamenti per raggiungere l'edificio è stata riportata la dicitura “SI”, senza però sapere quali siano e di che tipo questi altri trasporti.

Anche nella categoria “altri accorgimenti per persone con disabilità” troviamo diversi refusi o compilazioni errate. Tolto l’inserimento di “ascensore non collaudato” tra gli accorgimenti, vediamo che in due edifici scolastici di Vanzone con San Carlo, un piccolo Comune di 384 abitanti della provincia del Verbano-Cusio-Ossola l’indicazione inserita nella colonna è “ACCESSO ALLA PALESDTRA CON SERVOSCALA”. Il refuso in questo caso non è nostro ma proprio inserito nel dataset. Un’indicazione, questa, che non vuole puntare il dito sul funzionario comunale che ha scritto l’indicazione ma che vuol essere un piccolo esempio che fa capire come il dataset non sia controllato puntigliosamente poi dal Ministero.

Manca sicuramente un’uniformità del dataset, in particolare per quanto riguarda gli attributi “liberi”, cioè quelli senza un’indicazione binaria. C’è poi l’esempio della scuola in via Leonardo da Vinci a Vallefoglia, un Comune in provincia di Pesaro e Urbino, in cui come indicazione di eventuali altri accorgimenti per persone con disabilità ha riportato “TANRRENOLI”. Non è dato a sapersi il significato di tale parola.

C’è poi chi, come la scuola primaria e d’infanzia Antonio Gramsci di Codrongianos (Sassari)  e le scuole Goltieri e Stagi rispettivamente di Asti e Pietrasanta hanno inserito la presenza di "Pannelli fotovoltaici" all’interno di eventuali altri accorgimenti per rendere l’edificio accessibile a persone con disabilità. Stesso errore è avvenuto nelle scuole in via Leopardi di Legnago in provincia di Verona e nella scuola di primo grado di Airasca, un Comune della città metropolitana di Torino.

C’è poi la scuola che scrive “PERCORSO NON VEDENTE” (Istituto Anna Frank a Montecalvo in Foglia in provincia di Pesaro e Urbino), quella che scrive “palestra handicap nell’interrato” (sono due, entrambe di Imola: I.I.S. Paolini - Cassiano da Imola e IPIA Alberghetti), quella a Castelnuovo Berardenga (Siena) che riporta “Bagno Handiccappati”, quelle che dicono che l’edificio è “NON USATO DA DISABILI” (gli istituti Superiore, magistrale e Commerciale e Turistico di Vimercate in provincia di Monza e della Brianza) ed infine la scuola primaria del Comune di Monte Porzio che ha il triste primato di essere riuscito ad inserire tre refusi in cinque parole scrivendo: “MANIGLIANI ALLE USEITE DI RICAREZZA”. “MANIGLIANI”  è una dicitura presente anche in altri edifici di Pietrarubbia e Serra Sant’Abbondio, due piccoli comuni marchigiani.

C’è infine la grande categoria degli “Altri accorgimenti per la riduzione dei consumi”. In questo caso sono circa 20 le scuole che hanno ritenuto inserire come accorgimento sulla riduzione dei consumi energetici l’installazione dell’ascensore. Molte altre infine hanno inserito proprio in questa colonna gli accorgimenti che invece dovevano essere inseriti all’interno della colonna riferita alle persone con disabilità. Anche in questo caso quindi, tutte queste note di colore abbiamo voluto evidenziarle per far notare che forse, prima della pubblicazione, un controllo ministeriale più puntiglioso del dataset potrebbe essere necessario.

 


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