CULTURA

Le tratte degli schiavi: la corsa nel Mediterraneo

Quattrocento anni fa, nel 1619, l'imbarcazione olandese White Lion attraccò nella città di Jamestown, negli Usa. Al suo interno viaggiavano 20 africani – vinti durante una battaglia navale contro gli spagnoli – che gli olandesi intendevano scambiare in terra americana con cibo e provviste: questo fu l'inizio del commercio degli schiavi portato avanti sulla rotta della tratta Atlantica fino al XIX secolo. Tuttavia, il continente africano e le sue popolazioni conobbero la schiavitù anche sotto altre forme e durante altri periodi storici. Il Bo Live ha contattato Nicola Melis, docente di Storia e Istituzioni dell'Africa e Storia e Istituzioni dell'Africa Mediterranea e del vicino Oriente, con cui abbiamo approfondito il tema delle incursioni dei corsari barbareschi nel Mediterraneo

"Siamo nel XVI secolo, sulle coste dell'Algeria, della Tunisia e della Tripolitania, cioè la Libia odierna. All'inizio del 1500 diversi personaggi si stanziarono nelle città portuali: Algeri, Béjaïa – sulla costa algerina – ma anche Tunisi, Tripoli. Queste persone arrivavano dal Mediterraneo orientale, in molti casi erano turcofoni, ma spesso, in realtà, si trattava di greci: nelle fonti europee vengono definiti genericamente “turchi” a designare persone che arrivano dall'Anatolia. Erano di religione islamica e compivano delle scorrerie contro le imbarcazioni e i territori, isole comprese, della sponda nord del Mediterraneo".

"Si trattava di azioni che potremmo definire di pirateria - spiega Melis - inizialmente, infatti, i fautori non si rifacevano a nessuna autorità statale, e così continuarono fino agli anni '20 e '30 del '500. A un certo punto, ad Algeri, due fratelli noti come Barbarossa, che crearono un potentato marittimo piratesco, finiranno per riconoscere la sovranità del sultano ottomano, che risiedeva a Istanbul. Forti di una grande flotta, decisero di riconoscere la supremazia ottomana, perciò le loro risorse navali andarono a rimpolpare la costituenda flotta ottomana: Khayr al-Dīn Barbarossa ne diventerà il grande ammiraglio alla fine della prima metà del '500".

Di Agostino Veneziano - Herzog Anton Ulrich-Museum, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=76528302  

"I potentati pirateschi avevano la loro base nelle coste del Maghreb, questi pirati erano stranieri rispetto alle popolazioni locali. A seconda del luogo dove si stanziavano, infatti, gli autoctoni potevano supportare o meno le loro azioni. Alcune dinastie locali precedenti erano in declino e gli spagnoli asburgici prendevano piede in Africa del nord, perciò, spesso, le popolazioni locali preferivano la dominazione piratesca. Quando i pirati si riunirono sotto la bandiera ottomana, queste popolazioni e questi territori vennero riuniti nell'Impero ottomano".

"Era pratica di tutte le flotte, sia quelle cristiane del nord Africa sia quelle ottomane, fare delle scorrerie nei territori nemici oppure fermare le navi battenti altra bandiera e fare prigionieri, che in parte venivano schiavizzati o tenuti in ostaggio: questo significava che venivano creati dei mercati (a Cagliari, a Napoli, a Palermo, ma anche ad Algeri e a Tunisi) degli schiavi. Che spesso non erano altro che il mercato del riscatto, nel senso che chi veniva catturato aveva una famiglia d'origine: se questa era abbiente poteva mettere mano al portafoglio, altrimenti si rifaceva a delle confraternite che erano specializzate nel riscatto degli schiavi, le quali racimolavano i fondi necessari. Più la persona fatta prigioniera era importante, più le trattative erano febbrili e più il prezzo saliva".

"Ad esempio dopo la battaglia di Prevesa, che si tenne il 28 settembre 1538 nella Grecia nordoccidentale e vide confrontarsi la temibile flotta ottomana contro una lega cristiana ispirata dal Papa Paolo III, vennero presi circa tremila prigionieri. Qual era quindi il loro destino? Potevano finire nelle galere, cioè nei banchi di remi, in condizioni così dure che spesso li conducevano alla morte, oppure entravano al servizio di qualche signore importante, finché non venivano riscattati. Oppure morivano schiavi. Un'ulteriore modalità, che è prerogativa delle società sottoposte alla sovranità ottomane, nelle città di Tunisi, Algeri e Istanbul, prevedeva che la persona resa schiava diventasse cliente di una famiglia importante, magari di qualche notabile, questo gli consentiva di fare la scalata sociale". 

"Si potevano raggiungere i vertici della società. Tra i successori di Hayreddin Barbarossa ci fu Hasan Aga, di origine sarda, gallurese nello specifico. Venne rapito durante un'incursione quando era un giovane pastorello e fu educato alla maniera del corpo militare ottomano, governò la reggenza di Algeri dal 1533 al 1545. Questo, infatti, era uno dei modi migliori per fare la scalata sociale, tant'è che in molti casi erano le stesse famiglie di origine che decidevano di lasciare le cose così come stavano: comunque i rapiti mantenevano dei legami segreti con la loro famiglia e con la loro terra di origine".

Di Jean-Léon Gérôme - The Yorck Project (2002) 10.000 Meisterwerke der Malerei (DVD-ROM), distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH. ISBN: 3936122202., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=151552

"Uluch Alì, invece, nacque a Le Castella in Calabria, probabilmente col nome di Giovanni Dionigi Galeni, nel 1519. Fu un corsaro e ammiraglio ottomano. Il suo nome fu poi storpiato dagli italiani in Occhialì, Partecipò alla celeberrima battaglia di Lepanto del 1571, come comandante dell'ala sinistra dello schieramento ottomano e fu l'unico tra i capitani a sopravvivere al terribile  scontro. Husayn Mezzomorto (in lingua ottomana: Mezamorta Hüseyin Paşa, morto nel 1701) fu un corsaro ottomano, bey (governatore) e infine Grand'ammiraglio (Kapudan Paşa) della flotta ottomana. Il suo epiteto "mezzo morto" fu acquisito durante un combattimento con gli spagnoli,  allorché fu gravemente ferito".

"La storia di uno dei più celebri fra questi personaggi venne cantata da Fabrizio de André nel suo album Crêuza de mä: Scipione Cicala, noto presso gli Ottomani come Cığalazade Yusuf Sinan Paşa, Kapudan Paşa, (nato a Genova tra il 1545 e il 1552 e morto a  Diyarbakir il 1605). Apparteneva a una nobile ed antica famiglia genovese, i Cicala (Çigä in lingua genovese). Grazie ai suoi successi come corsaro, assunse importanti incarichi militari e politici nell'Impero Ottomano, Nel corso del 1596, ricoprì persino la carica di gran vizir sotto il regno del sultano Mehmet III. Spesso si parla di “rinnegati”, ma in realtà erano persone dalle identità multiple, che non volevano rinunciare a nessuna di queste. Fernand Braudel, nel suo libro Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II, nella seconda metà del '500, aveva dimostrato che tutto era molto più fluido, non c'era niente di così monolitico e contrapposto".


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