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Medicina a Padova nei secoli: Adrian van den Spiegel, autore di besteller

Il 7 maggio 1630 Constantijn Huygens, sommo poeta del secolo d’oro olandese e padre del futuro scienziato Christiaan, ricevette posta che riguardava Padova. Il suo amico medico, Joseph Bacher, gli chiedeva delle lettere di raccomandazione per l’imminente viaggio in Italia. Bacher desiderava, in particolare, che Huygens lo presentasse ai suoi amici della Scuola medica padovana. Voleva incontrare solo uomini dello spessore dei massimi medici patavini, quali Giulio Casseri, Gabriele Falloppia, Santorio Santori e, soprattutto, Adriaan van den Spiegel.

Quest’ultimo era deceduto da pochi anni, nel 1625, dopo aver insegnato anatomia e chirurgia a Padova a partire dal 1619, quando era succeduto ai suoi maestri, Acquapendente e Casseri. Van den Spiegel, noto soprattutto come Spigelius, era nato nel 1578 nei Paesi Bassi spagnoli, a Bruxelles, come l’altro illustre concittadino che lo aveva preceduto a Padova, Andrea Vesalio. Prima di addottorarsi in medicina aveva studiato alle università di Lovanio e di Leida, ma fu Padova che gli offrì le migliori condizioni di lavoro nei due campi d’investigazione della natura che Spigelius prediligeva: l’anatomia e la botanica. Padova, infatti, offriva un terreno fertile per chi volesse dedicarsi allo studio empirico dei fenomeni naturali.

L’ateneo aveva un teatro anatomico, realizzato durante il magistero di Acquapendente, il quale supervisionò gli studi dottorali del giovane Spigelius. Inoltre, l’Orto botanico era, insieme a quelli di Pisa e di Bologna, un luogo particolarmente adatto ad analizzare gli usi medicinali delle piante. L’Orto ospitava anche un “laboratorio alchemico”, dove Acquapendente, Falloppia, Casseri, lo stesso Spigelius e molti altri studiosi, interessati alla botanica medica, si cimentavano in esperimenti a scopo farmacologico. A Padova, infine, arrivavano di continuo le ultime novità editoriali, grazie a una comunità scientifica locale che manteneva rapporti epistolari quotidiani con i maggiori studiosi europei ed extraeuropei. La vicinanza con Venezia e i legami strettissimi con le piazze librarie più importanti, quali Lione, Parigi, Francoforte, Amsterdam e Londra rendevano Padova un faro di cultura in Europa. C’erano poi gli studenti dell’ateneo patavino, tanti stranieri che potevano addottorarsi a Padova indipendentemente dalla propria confessione religiosa: una politica seguita da pochissime università coeve, che rendeva il corpo docente e quello discente un coacervo di diversità intellettualmente molto dinamico.

In questo contesto il genio sperimentatore e innovatore di Spigelius fiorì nello studio del corpo umano e della natura. Si devono a lui le prime osservazioni della linea, fascia e ernia spighelliane, del lobo caudato del fegato (“lobo di Spiegel”) nonché le prime relazioni dettagliate sulla malaria, pubblicate nel 1624 nel De semitertiana libri quatuor. Le sue Isagoge in rem herbaria libri duo furono un bestseller di botanica. Il celebre tassonomo svedese, Carlo Linneo, chiamò Spigelia in suo onore un genus americano dalle forti proprietà vermifughe.

Come per tutti coloro che nei secoli hanno fatto parte della Scuola medica padovana, si può apprezzare Spigelius solo se contestualizzato all’interno di un gruppo che comprende maestri, colleghi e allievi. Egli si era adoperato per realizzare un’edizione aggiornata sullo stato degli studi anatomici successivi alla morte di Vesalio. Ci aveva lavorato tanti anni, accumulando appunti e notizie bibliografiche, che condivise con i suoi studenti del corso di anatomia. Alla sua morte, nel 1625, il testamento di Spigelius venne aperto e l’esecutore testamentario, il suo allievo Daniel Rindfleisch noto anche come Bucretius di Breslavia, onorò la volontà del maestro, occupandosi dell’edizione degli appunti delle sue letture anatomiche che integravano l’opera vesaliana. Bucretius chiese agli eredi di Casseri di lasciargli utilizzare le incisioni del suo Theatrum anotomicum. Gli eredi di Casseri acconsentirono, donando 78 tavole, di cui una andò distrutta. Bucretius ne ordinò delle ulteriori, raggiungendo un totale di 97 tavole. Nel 1627 vide la luce il De humani corporis fabrica, volutamente con lo stesso titolo dell’opera vesaliana, che conteneva le illustrazioni anatomiche più precise del momento. Venne subito elogiato dalla comunità scientifica come un capolavoro, e rimase un bestseller per un secolo, entrando nei sillabi dei corsi di anatomia in tutte le principali università europee. Il genero e allievo di Spigelius, Liberalis Crema, pubblicò delle tavole anatomiche complementari pochi anni dopo, le quali contribuirono a far fiorire le decine di riedizioni e traduzioni spiegheliane che caratterizzano la storia dell’editoria anatomica europea nel XVII secolo. Fra queste, va menzionata l’edizione in folio di Amsterdam, per i prestigiosi tipi di Johann Blaeu, che riunì, nel 1645, tutte le 117 tavole anatomiche spighelliane.

Sempre in Olanda, ma a Leida, vennero ristampate nel 1633 le Isagoge in rem herbariam. Il frontespizio è occupato dalla dea Flora, in procinto di essere raggiunta da un giardiniere. In primo piano sono disposti, ordinatamente, su un tavolo gli strumenti del laboratorio alchemico: alambicchi, fiale, crogioli, e, ovviamente, un libro, presumibilmente di ricette. Il curatore olandese dell’opera insistette sull’importanza di coniugare conoscenze di botanica di ispirazione galenica con la nuova filosofia chimica, come faceva Spigelius a Padova. Un altro allievo di Spigelius, Werner Rolfinck, dopo aver rifiutato la cattedra di anatomia a Padova, accettò quella di Wittenberg, per poi trasferirsi a Jena. Qui vi fondò la cattedra di chimica; fece costruire un teatro anatomico, l’orto botanico e il laboratorio di chimica, sul modello patavino. L’influenza di Spigelius attraverso i suoi allievi non potrà mai essere sottolineata abbastanza.

Similmente se, da vivente, Spigelius pubblicò 35 edizioni delle sue opere, egli raggiunse l’apice del successo e dell’influenza sulla comunità scientifica europeo-occidentale nei cento anni dopo la morte. Tra il 1629 e il 1710 vennero pubblicate 120 ristampe, in sei lingue, di trattati con Spigelius quale unico autore. L’entità esatta delle ristampe di trattati di anatomia e botanica contenenti parti di opere di Spigelius deve ancora essere accertata. Nella sola Inghilterra se ne contano due dozzine per gli anni 1640-1690: un dato significativo, che fa presagire un raccolto molto più fruttuoso, una volta che l’inventariazione attualmente in corso sarà terminata.  

Comparando i numeri delle edizioni spigheliane con quelle del più famoso Vesalio, per esempio, si scopre che il vero autore di bestseller fu Spigelius. Nel secolo successivo alla sua morte, le opere di Vesalio vennero ristampate 75 volte, a fronte delle 120 di Spigelius. Fu solamente a partire dal XVIII secolo che le riedizioni vesaliane si impennarono, e questo, esclusivamente per delle ragioni di gusto antiquario, non di merito scientifico. Il De humani corporis fabrica, con le sue squisite illustrazioni rifatte con le migliori tecniche settecentesche, soddisfaceva tutti i criteri dei collezionisti dei Lumi, con il loro gusto all’antica e l’apprezzamento di una retorica “da Moderni”. Ma la comunità medica illuministica non aveva ormai più nulla da imparare da Vesalio, a distanza di un secolo e mezzo: la medicina era andata avanti.

Come spiegare la nemesi di Spigelius? Da quando il Positivismo ha cominciato a narrare la storia della medicina, Vesalio è stato usato come simbolo della ragione trionfante nella nuova anatomia empirica perché, secondo l’ottica positivista, “la storia va sempre avanti verso il progresso della ragione”. Spigelius, le cui opere più vendute sono state un lavoro di botanica medica, le Isagoge, e il De humani corporis fabrica, è stato perso di vista. Non ancora per molto, come testimonia questo contributo.

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