Le curve oramai abbiamo imparato a conoscerle. Quando si parla di Covid-19 i dati sono dei numeri che quotidianamente ci stanno accompagnando da quasi nove mesi. I dati però, come sappiamo, bisogna interpretarli e non basta una semplice tabella numerica per raccontare un fatto. Cerchiamo quindi di concentrarci su un argomento cruciale dal punto di vista sanitario, un momento in cui per il paziente inizia una storia diversa rispetto a prima. Cerchiamo di capire qual è stato l’andamento dei ricoveri in terapia intensiva in tutti questi mesi e qual è la situazione attuale.
La saturazione delle terapie intensive italiane
Le immagini degli ospedali pieni, dei pazienti a pancia in giù attaccati ad un respiratore artificiale sono state quelle che hanno più colpito, delle fotografie che hanno impresso nella nostra memoria i momenti più delicati e brutti della pandemia. In quei giorni gli ospedali italiani erano sotto stress e, per quasi 20 giorni, ci sono stati più di 3.500 pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva.
Il 3 aprile scorso, cioè il giorno peggiore per quanto riguarda i ricoveri in terapia intensiva i posti occupati erano 4.068. L’Italia intera in quel periodo, secondo quanto aveva riportato la Fondazione Veronesi, disponeva di 5.300 posti in terapia intensiva, e va da se capire quanto gli ospedali fossero in una situazione di enorme difficoltà, consapevoli del fatto che la pandemia si era sviluppata maggiormente in alcune zone specifiche.
La diffusione regionale dei ricoveri in terapia intensiva
A questo poi, dobbiamo aggiungere anche la distribuzione di questi pazienti. Sappiamo che la malattia non si è diffusa in modo omogeneo all’interno del nostro territorio, ma che le regioni del nord Italia sono state quelle più colpite. Il 3 aprile, che è il giorno che prenderemo sempre ad esempio in questo approfondimento, la sola Lombardia aveva 1.381 ricoveri in terapia intensiva, un reparto quindi di fatto saturo. La seconda regione più colpita era il Piemonte con 452 posti occupati, seguita dal Veneto e dall’Emilia-Romagna rispettivamente con 355 e 360 pazienti.
Ma cosa significa terapia intensiva?
La terapia intensiva è un reparto ospedaliero dove i pazienti sono monitorati ed assistiti 24 ore su 24. Facendo nostra la spiegazione della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva possiamo dire che “la Terapia Intensiva, o Rianimazione, è un reparto ospedaliero riservato a persone in condizioni di salute estremamente precarie, in cui una delle funzioni vitali è attualmente insufficiente al mantenimento della vita”.
Un continuo monitoraggio per sostenere la funzioni vitali come il battito cardiaco, la pressione arteriosa, la diuresi e l’ossigenazione del sangue. Qui inoltre avvengono anche le cure. Per il Covid-19 cure specifiche non ne avevamo, quindi al monitoraggio dei pazienti negli ospedali era presente una continua sperimentazione di farmaci al fine di trovare il giusto mix per fare in modo che i sintomi più gravi calassero.
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I dati delle ultime settimane
Veniamo però ai dati delle ultime settimane. I casi di persone positive al Covid-19 stanno nuovamente aumentando, tanto che negli ultimi giorni sono stati sempre più di mille. Tra poco cercheremo di capire se stiamo tornando alla situazione di aprile o se i dati ci dicono altro, intanto però analizziamo l’andamento dei ricoveri in terapia intensiva dal 18 maggio in poi.
Dal primo giorno dell’allentamento del lockdown fino a fine luglio c’è stato un continuo svuotamento del reparto in cui il paziente è più monitorato. Svuotamento che si è interrotto a fine agosto. In particolare dall’ultima settimana del mese appena passato ad oggi le terapie intensive hanno visto un lieve ma continuo incremento di ricoveri. Il 14 settembre i posti occupati in tutta Italia erano 197, ben distanti dai 749 del 18 maggio scorso.
La diffusione regionale nelle ultime settimane
Anche la diffusione regionale ha subito dei mutamenti. La Lombardia si conferma ancora la regione con più ricoveri (28), mentre al secondo posto ora troviamo una regione del sud Italia. In Calabria il 14 settembre c’erano 19 pazienti ricoverati in terapia intensiva, uno in più rispetto a quelli presenti in Emilia-Romagna e Toscana, due in più rispetto al Lazio e tre in più rispetto alla Sicilia ed alla Sardegna.
L’isolamento domestico
I numeri dei ricoveri in terapia intensiva quindi crescono fortunatamente in modo molto lento, al contrario dei nuovi positivi che, come abbiamo detto prima, crescono di più di mille al giorno. Siamo ancora lontani dai numeri degli altri paesi europei, ma è un dato che ci fa tenere alta l’attenzione.
I nuovi positivi inoltre sembrano essere principalmente tenuti in isolamento domestico. Sono 37.289 le persone monitorate in isolamento domiciliare (dato del 14 settembre 2020), poco meno del 29 maggio in cui erano 38.606. Come vediamo dal grafico sottostante quindi, quello dell’isolamento domiciliare è l’unico dato che ha una crescita notevole.
Gli ospedalizzati
Un altro dato che ci fa capire come ora la situazione ospedaliera sia diversa rispetto ai mesi scorsi è l’andamento degli ospedalizzati, anche in relazione a quello già visto delle terapie intensive in Italia. Gli ospedalizzati stanno crescendo, anche in questo caso però in modo decisamente più lento rispetto al’ascesa di marzo.
Ad oggi (dati 14 settembre 2020) in Italia ci sono 2.319 ospedalizzati, un numero ben inferiore ai 33 mila del 4 aprile scorso, giorno con più persone in ospedale. Ciò che è interessante analizzare è l’incidenza di chi viene ricoverato in terapia intensiva rispetto ad una normale ospedalizzazione. Nei primi giorni di aprile i ricoverati in terapia intensiva erano il 4% del totale degli ospedalizzati, mentre ora rappresentano meno dell’1%.
Il numero di tamponi
Questo esula dal nostro racconto ma non si può spiegare la situazione nazionale per quanto riguarda il Covid-19 senza prestare attenzione alla prima delle famose 3 T: testare, tracciare, trattare.
A livello nazionale, come si può vedere dal grafico sottostante, il numero di tamponi è sempre in continuo aumento. Come dichiarato da Walter Ricciardi alla collega Monica Panetto in un’intervista del ciclo Aspettando Genova – L’Onda Covid: capire per reagire: “La strategia delle tre T è quella che indubbiamente funziona. Ora, però, non bisogna esagerare con un allargamento indiscriminato e non basato sull’evidenza scientifica, perché alla fine questo provoca sprechi. Non abbiamo la possibilità di eseguire tamponi a tutti continuamente, per cui si impone la necessità di fare delle scelte. Non c’è dubbio, tuttavia, che l’allargamento del numero di coloro che devono essere tamponati è sicuramente una parte importante del lavoro futuro”. Allargamento che ora prevederà, e l’università di Padova è in prima linea su questo fronte, l’utilizzo anche dei test salivari molecolari.
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Il grafico che vedete è su scala logaritmica e prende in considerazione il numero totale di tamponi, quindi è bene non farsi influenzare troppo dalla riproduzione grafica. Per capire meglio la situazione dobbiamo analizzare anche quanti nuovi positivi sono stati trovati grazie ai tamponi effettuati quotidianamente.
Come esempio prendiamo sempre il 3 aprile 2020. Fino a quel giorno in Italia erano stati effettuati 619.849 tamponi e c’erano 85.388 positivi. I nuovi positivi invece, cioè il numero di tamponi che hanno riscontrato l’Rna del virus quel giorno preciso, sono stati 4.585, che, come vedremo tra poco, significa l’11.87 % dei test.
Anche in questo caso il grafico è una curva logaritmica, quindi cerchiamo di chiarire in modo ancora più semplice l’andamento. Seguiamo i numeri: nella prima settimana di aprile, cioè uno dei periodi che potremmo considerare più critici per quanto riguarda la pandemia in Italia, sono stati registrati 29.794 contagi, avendo effettuato un totale di 248.447 tamponi. Questo significa poco meno di 12 contagiati su 100 tamponi.
Prendiamo ora i dati della settimana che va dal 7 al 13 settembre 2020. Il totale dei test effettuati è stato 588.861, con il riscontro di 10.084 persone trovate positive. Questo quindi significa che l’1,7% dei tamponi è risultato positivo.
Da un’analisi Istat inoltre, è emerso come nel momento peggiore della pandemia in Italia si potesse ipotizzare che i contagi fossero superiori alle 26mila unità al giorno. Ipotesi certo che, per quanto supportate dai numeri per ora restano tali.
Ma senza concentrarsi sul dettaglio numerico è comprensibile come la situazione sia da monitorare, ma, per ora, ben lontana dai momenti peggiori vissuti ad inizio pandemia.