27 gennaio 1945: è un sabato quando le truppe sovietiche guidate dal maresciallo Konev irrompono nel campo di Auschwitz, svelando in tutto il suo orrore il genocidio nazista. Trovano soltanto pochi sopravvissuti: la maggior parte degli internati è stata infatti costretta a una vera e propria marcia della morte verso ovest.
Liliana Segre, senatrice a vita e sopravvissuta della Shoah, è tra questi. Lo ha ricordato in una intervista rilasciata in questi giorni al programma La torre di Babele, condotto da Corrado Augias, girata per l’occasione nella sede del Memoriale della Shoah, nella zona sottostante il piano dei binari della Stazione Centrale di Milano, da dove partivano su carri bestiame i prigionieri deportati verso i campi di concentramento. ”Io sono stata prigioniera fino al 1 maggio,” ricorda Segre, “Stavo facendo la marcia della morte. Non avevo niente da festeggiare. Avevamo lasciato Auschwitz 15 giorni prima e così, scheletrite, prigioniere come eravamo, siamo state obbligate ad attraversare la Germania. Sono arrivata a piedi fino al nord della Germania, camminando per 2-3 mesi, dormendo per terra, in un prato. E le guardie della scorta ammazzavano quelli che cadevano. È stato un momento incredibile in cui si metteva una gamba davanti all’altra per vivere”.
A distanza di 80 anni è difficile per molti comprendere un odio così ostinato, tanta lucida determinazione nell’umiliare e cancellare una comunità e tutti i suoi componenti. Per questo da anni il 27 gennaio è dedicato alla memoria e alla riflessione su quei fatti; “Questa giornata dovrebbe guidarci all’empatia per il dolore inferto 80 anni fa al popolo ebraico e, per chi se la sente, a prendere delle responsabilità e dire a se stesso: farò in modo che non succeda più che una religione sia dannata, che un gruppo sia maltrattato o una persona sia uccisa o bruciata o torturata per quello in cui crede e per quello che è”. A parlare è Liliana Picciotto, storica della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC), chiamata a tenere una lectio magistralis presso l’Università di Padova in occasione della giornata della memoria 2024.
“Se mai avesse senso mettere in fila i momenti bui del nostro paese, la promulgazione delle leggi razziali rappresenta il punto di non ritorno.” Così ha aperto la sua introduzione alla lectio di Picciotto la rettrice dell’Università di Padova, Daniela Mapelli, rivolgendosi in primo luogo alle tante ragazze e tanti ragazzi presenti. “Una macchia indelebile, una vergogna che dobbiamo continuare a provare. Oggi sono preponderanti il bisogno e la responsabilità della testimonianza. Più passano gli anni e più abbiamo il dovere di ricordarli a noi stessi e alle future generazioni che andiamo a formare. Va mantenuto questo sprone soprattutto ora, nel momento in cui gelidi venti di estremismi e violenza soffiano forti anche in Europa e nel mondo, alimentando sempre più i conflitti “ ha poi concluso Mapelli, sottolineando che la libertà e la pace sono due valori fondamentali da non dare mai per scontati, ma da difendere.
“Questa giornata è però anche il rinnovo del patto fondativo dell’Europa dopo le devastazioni materiali e morali della seconda guerra mondiale – ha poi evidenziato Picciotto, nel corso della sua prolusione. “In questo senso, non ho mai vissuto questa giornata come un regalo agli ebrei; tutt’altro, si tratta non tanto di ‘commemorazione’ ma di ‘rimemorazione’ tesa a edificare una pubblica consapevolezza.”
Un proposito che però soprattutto negli ultimi anni appare appannato, se non addirittura messo seriamente in discussione. “In questi ultimi mesi, quel senso e quel significato mi è apparso quanto mai vacillante al punto che, come molti, mi sto chiedendo se il nostro lavoro di educatori e di divulgatori non sia miseramente fallito”, aggiunge Picciotto.
Un tema, questo del significato attuale della Giornata della memoria e del valore del proprio lavoro continuo, su cui è tornata spesso Liliana Segre in questi anni e che ha ripreso qualche giorno fa proprio durante la sua intervista con Augias. “Io vengo contestata perché dico di aver vissuto invano” dice Segre, che aggiunge “Io mi rifaccio, nelle scuole in cui vado a parlare, agli armeni. Nel 1915 c’è stata la strage degli armeni, anche loro obbligati a una marcia della morte. Ma un secolo dopo, nel 2015, chi si ricordava degli armeni? Io temo che sarà così anche per la Shoah, quando non ci sarà più nessuno che potrà dire io c’ero, ho camminato nella marcia della morte, ho visto Auschwitz per più di un anno”.
Al naturale processo di oblio e al progressivo venir meno dei testimoni oculari, elementi che rischiano di allontanare e confondere i tratti della tragedia, si è accompagnato negli ultimi anni un aumento degli atti di antisemitismo in Europa, aumentato ulteriormente dopo gli attentati del 7 ottobre 2023, tanto da spingere la segretaria generale del Consiglio d’Europa Marija Pejčinović Burić a parlare di “una grave minaccia per tutti i nostri Stati membri”.
Anche sul tema della guerra in corso sono particolarmente significative le riflessioni di Segre, che dichiara apertamente a Corrado Augias di provare una tristezza profonda per la violenza a cui assistiamo dal 7 di ottobre. "Quello che mi sconvolge particolarmente è quello che accade ai bambini delle due parti. Il bambino è una cosa sacra", sottolinea Segre. Che aggiunge che come mamma e nonna, per lei dal 7 ottobre, quando per la follia di Hamas sono state stuprate tante donne e bambini, a oggi quando sono i bambini palestinesi a soffrire, non c’è differenza. “Questa guerra che non ha fine, questa tragedia che si prolunga e non ha fine non mi fa dormire.” sostiene la senatrice, “Quando si ammazza un figlio, che è il futuro, non c’è una fine. E quello che sta succedendo in quella terra, mi dà l’impressione di essere una cosa che non finirà mai. Non finirà mai quell’odio, il non poter vedere l’altro, che ha solo la colpa di essere nato, da una parte e dall’altra.”
La situazione attuale si ripercuote anche sulle comunità ebraiche di tutto il mondo, tanto da spingere i loro componenti a interrogarsi sull’opportunità di partecipare alle manifestazioni previste per la giornata del 27 gennaio. Tra le polemiche sul divieto delle manifestazioni contro la guerra che Israele ha scatenato contro Gaza, e l’ordine impartito dalla Corte internazionale di giustizia a Israele nella giornata di venerdì 26 gennaio per intervenire immediatamente e prendere tutte le misure in suo potere per impedire al suo esercito di commettere atti di genocidio nella striscia di Gaza, come misura preliminare nell’ambito della causa presentata dal Sudafrica, non c’è dubbio che la giornata della memoria 2024 cada in un momento di grande difficoltà, complessità, dolore ma anche rabbia collettiva.
“Quest’anno presidenti e capi delle comunità ebraiche di tutto il mondo si sono chiesti se fosse giusto non partecipare alla commemorazione pubblica di ciò che successe 80 anni fa, per marcare il lutto collettivo che ci ha travolto quattro mesi fa – ha sottolineato nel corso della sua lectio a Padova Liliana Picciotto, autrice tra l’altro de Il libro della memoria che con i nomi di oltre 8.900 persone rappresenta uno dei capisaldi nella ricostruzione storia della persecuzione degli ebrei in Italia –. Io stessa provo una grande sensazione di disagio e ho rifiutato molti inviti. Mi presento a voi carica di angoscia per quello che sta succedendo, e per nulla tranquilla che il mio discorso arrivi ai vostri cuori”.
Di fronte al ritorno di molti atti antisemiti, così come di manifestazioni sfrontate e palesi di neofascismo - come i saluti romani che si sono visti recentemente durante le commemorazioni degli omicidi di via Acca Larenzia e di piazza dei Mirti, Segre ha ragionato, sempre insieme a Augias, a una contromisura che le piacerebbe poter mettere in atto nei prossimi anni. “Sto cercando di capire chi è a capo di questa organizzazione,” ha dichiarato la senatrice, che ha aggiunto che le piacerebbe poter invitare queste persone lì, al Memoriale della Shoah, perché sono proprio loro quelli che dovrebbero vedere e capire. Segre rimane comunque ferma nella condanna di tutti gli atti di violenza, anche di quelli ricordati nelle due celebrazioni romane che ricordano la morte di tre militanti neofascisti (ad Acca Larenzia) e di un militante del Fronte della Gioventù a piazza dei Mirti. “Non sono mai d’accordo con atti di violenza,” ha concluso, “Sono una donna di pace a tutti gli effetti.”
La pace torna anche nel discorso padovano di Liliana Picciotto, che sottolinea che “Dobbiamo tutti, ma soprattutto noi ebrei, israeliani, palestinesi, popoli arabi, riconvertire l’energia negativa che ci sta sommergendo, e che potrebbe provocare altre inenarrabili tragedie, in uno sforzo per immaginare un futuro dove tutti i popoli della regione siano soddisfatti e sicuri nei propri confini – dice ancora Picciotto –. Noi tutti, spettatori che ci crediamo impotenti, dobbiamo lavorare perché il nostro non sia un grido di guerra, ma un grido di pace”.
Dopo la sua sofferta prolusione, la storica si è poi dedicata all’argomento della lectio, esemplificato dal titolo Resistere allo sterminio: la storia e le vicende attraverso le quali non solo molti ebrei italiani riuscirono in qualche modo a trarre in salvo se stessi e i loro cari, ma confluirono addirittura nella Resistenza al nazifascismo mettendo la loro vita a rischio per la libertà di tutti. Storie di uomini e di donne coraggiosi: come ad esempio quella della partigiana medaglia d’oro Rita Rosani, alla quale l’allora rettore dell’università di Padova ed esponente di punta della Resistenza in Veneto Egidio Meneghetti dedicò una commossa poesia, della quale una registrazione è recentemente riemersa dagli archivi. Storie che spingono a sperare che un domani migliore sia possibile, dove tutte le persone che amano la giustizia e la libertà possano incontrarsi, vivere insieme e confrontarsi senza più violenza.
---- SPECIALE GIORNATA DELLA MEMORIA
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