SCIENZA E RICERCA

Il Museo della Natura e dell'Uomo. Intervista ad Analía Lanteri

Un luogo dove si faccia ricerca e didattica, ma che sia soprattutto integrato con la società di cui è al servizio: è questo il modello rappresentato dal Museo di La Plata. Un museo universitario come quello della Natura e dell’Uomo appena aperto a Padova, esempio molto speciale non solo perché si tratta di una delle istituzioni più antiche e prestigiose di tutto il Sud America, ma anche perché è praticamente nato assieme alla città in cui ha sede, della quale costituisce ancora uno dei luoghi più conosciuti, visitati e amati. “La nostra è una storia particolare perché quando la città fu pianificata il museo fu incluso nel progetto”, spiega a Il Bo Live Analía Alicia Lanteri, entomologa con 140 pubblicazioni all’attivo, professoressa emerita all’Universidad Nacional de La Plata (Unlp) e investigadora principal al Conicet, il Cnr argentino, nonché direttrice dal 2018 del Museo de La Plata.

A partire dalla fondazione nel 1882 della città il museo, costituito nel 1884 su progetto del naturalista Francisco Pascasio Moreno e inaugurato nel 1888, rappresenta un motivo orgoglio e un elemento quasi identitario per l’intero capoluogo. Per la directora, che non manca di sottolineare il ruolo dell’istituzione che rappresenta e le sue connessioni con il territorio la comunità, “gli abitanti di La Plata lo sentono come una parte della loro storia: quando lo visitano con i loro figli ricordano che ci venivano da bambini con i nonni e i genitori”.

“Le nostre collezioni mostrano principalmente la fauna, la flora e la geologia del nostro Paese e del Sud America, mentre nella sezione antropologica presentiamo le diverse espressioni delle nostre tradizioni e la ricca storia delle popolazioni originarie di quest’area – continua Analía Lanteri, invitata a Padova negli scorsi giorni per l’apertura del MNU –. Anche se a dire il vero abbiamo anche un’apprezzata stanza egizia, dato che gli archeologi argentini parteciparono alle esplorazioni e agli scavi in Egitto e Sudan prima della costruzione della diga di Assuan negli anni '60 del secolo scorso”.

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Ascolta l'intervista ad Analía Lanteri. Servizio e montaggio di Daniele Mont D'Arpizio

Una storia complessa che deriva dall’incontro e talvolta dallo scontro di diverse culture e che è simboleggiata dall’imponente edificio progettato dall’architetto tedesco Heynemann e dallo svedese Åberg, che unisce alle forme neoclassiche fregi e decorazioni ispirate all’arte precolombiana. Posto al centro del Paseo del Bosque, il più grande parco cittadino, rappresenta oggi assieme all’università – una delle più rinomate del Paese – il punto di riferimento scientifico e culturale per una metropoli di quasi 800.000 abitanti.

Una tradizione giovane ma fortemente radicata in una comunità e che tiene anche conto dei nuovi compiti che istituzioni come queste sono chiamati ad assumere, ad esempio per quanto riguarda temi di fondamentale importanza come ad esempio quelli inerenti l’ambiente e la sostenibilità: “Abbiamo diverse linee di ricerca legate al cambiamento climatico, o a problemi come quelli relativi alle specie invasive e al recupero e alla reintroduzione nell’ambiente di specie vulnerabili”.

“I musei di storia naturale hanno oggi un nuovo ruolo nella società oltre a svolgere attività di ricerca, organizzare mostre e attività di formazione: quello di rendere i cittadini più consapevoli dell’importanza della conservazione della natura e del rispetto di tutte le culture e di tutte le persone – conclude Lanteri –. L'agenda dal 2020 al 2030 dell’Icom, il Consiglio internazionale dei musei, lo afferma chiaramente e penso che raggiungere questi obiettivi sia oggi per noi una sfida molto importante”.

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