SCIENZA E RICERCA
Il Museo della Natura e dell'Uomo. Intervista a Jeffrey Post
Il museo della Natura e dell'Uomo a Padova
“Sono davvero entusiasta per l’apertura di un nuovo museo di storia naturale. Sapete, è fantastico dare il benvenuto a un nuovo membro della famiglia: queste istituzioni sono così importanti, ci sono tante informazioni che possono fornire e penso che molte persone qui si divertiranno a venire per vedere dal vivo minerali, fossili e gli altri oggetti delle vostre collezioni”.
Non nasconde l'eccitazione per l’apertura del nuovo Museo della Natura e dell’Uomo dell’università di Padova Jeffrey Post, che di musei si intende davvero: mineralogista, da quasi quarant’anni lavora al National Museum of Natural History di Washington, dove attualmente è il curatore della sezione dedicata ai minerali e alle gemme. È lui il custode del celebre diamante Hope, il quale dà un importante contributo per attirare quasi sette milioni di visitatori ogni anno nel grande edificio neoclassico che si affaccia sul National Mall.
È forse paradossale che un’istituzione scientifica punti sulla fama sinistra di un diamante blu, appartenuto tra gli altri a Maria Antonietta, ma da buoni pragmatici a Washington sanno che a volte il fine giustifica i mezzi: “Molti sentono parlare della sua storia e vengono al museo per vederlo; quando però alla fine chiediamo cosa li abbia impressionati di più, sorprendentemente la risposta è la collezione dei minerali – conferma Post –. Penso che tanti rimangano affascinati dai cristalli, dal fatto che la perfezione delle loro forme non sia il frutto dell’opera dell’uomo: all'improvviso la Terra sembra molto più ‘magica’ e ci piace pensare che questo stimoli la curiosità e la voglia di approfondire”.
Secondo lo studioso americano il primo compito di un museo scientifico è infatti quello di fornire un modo per trovare informazioni “sicure e imparziali” (safe and unbiased), avendo la possibilità di vedere “dal vivo e in 3D”, persino di toccare gli oggetti che di solito possiamo vedere solo sullo schermo di un computer o di uno smartphone.
Il segreto sta insomma nel trasformare l’apprendimento in un’esperienza che coinvolga tutti i sensi, ricca e allo stesso tempo divertente. Eppure all’inizio la Smithsonian Institution, alla quale afferisce il museo di Washington, si dedicava solamente alla ricerca. Fondata nel 1846 dal governo degli Stati Uniti in seguito al lascito testamentario dello scienziato e filantropo britannico James Smithson (1765–1829), oggi la Smithsonian è una delle maggiori istituzioni al mondo “per la crescita e la diffusione della conoscenza” (come recita lo statuto), con una rete che comprende 19 musei e 21 biblioteche, oltre a nove centri di ricerca e addirittura a uno zoo.
Chiamata “la soffitta della nazione” per la sua eclettica, incredibile collezione da oltre 150 milioni di oggetti, ogni anno attraverso gli istituti affiliati – quasi tutti collocati a Washington DC – riceve circa 30 milioni di visitatori, la maggioranza dei quali a titolo gratuito. Il museo di storia naturale, spiega Jeffrey Post, fu però aperto solo nel 1911, divenendo da allora non solo una meta imprescindibile per scolaresche e turisti, ma un vero e proprio centro di irradiazione per la cultura scientifica e il pensiero razionale. “Una delle cose che ci chiediamo sempre quando pianifichiamo un percorso o un’esposizione è l’effetto che vogliamo creare, e come questo cambierà le persone che entrano nel museo – conclude Post –. Altrimenti perché farlo?”.
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