SOCIETÀ

Primarie Usa: il Partito Democratico si conferma diviso

Dopo i sofferti caucuses in Iowa, che come da tradizione hanno segnato l’inizio del cammino delle primarie, anche in New Hampshire Bernie Sanders si conferma l’uomo da battere in campo democratico con il 25,7%, tallonato da Pete Buttigieg con il 24,4%. Seguono la senatrice del Minnesota Amy Klobuchar con un sorprendente 19,8% e più indietro Elizabeth Warren (9,2%) e Joe Biden (8,4%). Alla prossima convention democratica Sanders e Buttigieg porteranno quindi 9 candidati ciascuno, mentre 6 ne spetteranno a Klobuchar.

Sul fronte repubblicano continua invece la marcia trionfale, per quanto scontata, di Donald Trump, che nel piccolo Stato del nordest (conta meno abitanti di Milano) ha rastrellato oltre l’85% dei voti. Termina così una settimana da incorniciare per il presidente uscente, che il 5 febbraio è stato assolto dalla procedura di impeachment per poi scatenarsi in un veemente discorso sullo stato dell’Unione, dove davanti ai parlamentari che poco prima avevano votato sul suo destino giudiziario ha rivendicato a sé numerosi successi, soprattutto in campo economico. Con un corollario polemico con la Speaker della Camera dei rappresentanti Nancy Pelosi, a cui Trump ha palesemente rifiutato di stringere la mano, e che poi si è ‘vendicata’ stracciando pubblicamente il suo discorso. Le schermaglie sono poi proseguite anche durante un appuntamento tradizionalmente bipartisan e ‘distensivo’ come il National Prayer Breakfast.

Ascolta il commento di Fabrizio Tonello

Un clima da vera e propria guerra civile strisciante in cui il presidente ha finora mostrato di trovarsi assolutamente a suo agio, tanto più che i Democratici al momento si dibattono alla ricerca di un leader da contrapporgli. “L’establishment del partito è ancora ferocemente contrario alla candidatura di Bernie Sanders”, commenta il politologo Fabrizio Tonello, che ci sta accompagnando durante il cammino che ci condurrà alla prossime elezioni presidenziali. “Non dobbiamo dimenticare che nell’oligopolio politico americano e i democratici rappresentano sì una serie di spinte anche molto progressiste, ma sono comunque un partito saldamente legato a Wall Street e alla tradizione politica mainstream. Quando Bernie Sanders, dice ‘la nostra non è una campagna elettorale, è una rivoluzione’ sta minacciando immediatamente i vertici democratici, che quindi faranno di tutto per contrastarlo”.

Bernie Sanders minaccia l'influenza dell'establishment democratico, che quindi farà di tutto per contrastarlo

A sua volta anche Pete Buttigieg, che incarna la parte più centrista dell’elettorato progressista, potrebbe aver vita difficile in una campagna senza esclusione di colpi contro Trump: certo può contare su brillanti studi ad Harvard e ad Oxford ed è stato militare in Afghanistan, ma a 38 anni la sua esperienza politica più importante è aver guidato il comune di South Bend, 100.000 abitanti nell’Indiana. Alla sua età, per dire, Barack Obama era già senatore. E poi: alla prova dei fatti come reagirebbe l’elettorato statunitense di fronte a un candidato dichiaratamente gay, il primo sposato con un altro uomo?

Intanto se da una parte in campo democratico il quadro si semplifica e i candidati minori iniziano a ritirarsi – come ha fatto ad esempio Andrew Yang – dall’altra sullo sfondo rimane la candidatura di Michael Bloomberg. Il magnate americano, già sindaco di New York, per il momento resta alla finestra ma pare pronto a scendere in campo, soprattutto se la candidatura di Sanders si rafforzerà nei prossimi giorni. “Bloomberg conta su una situazione in cui si cercherà un terzo incomodo – conclude Tonello –. Ha tutti i soldi per fare la campagna elettorale che vuole e cercherà di essere molto rassicurante: resta solo da vedere se gli elettori democratici sarebbero d'accordo con questa prospettiva”.

SPECIALE Elezioni Usa 2020

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