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Enrico Catellani: un ricordo nel giorno della memoria 2023

È il 7 gennaio del 1945 quando Enrico Catellani, insigne giurista di origini ebraiche, viene trovato agonizzante sul pavimento della sua casa e nell'oblio del mondo, poche settimane prima della Liberazione, all'età di 89 anni. Accanto il corpo della moglie, Lina Bahy, che non lo ha mai abbandonato durante gli anni bui del regime. Non essendo ebrea, le sono stati affidati i beni del marito confiscati a seguito dell'applicazione delle leggi razziali: per questo motivo hanno potuto rimanere nella casa, anch’essa data in custodia alla moglie.

Così sono rimasti chiusi per cinque anni nella loro casa in Via Marsala – all’epoca al civico 29b, attualmente Palazzo Nalin, civico 49 – durante l’occupazione delle truppe tedesche. Oscura la loro morte, come oscura è la data del 7 gennaio 1945 per la città di Padova, quando i fascisti della Banda Carità– a seguito del rastrellamento in alcune case padovane – arrestano Egidio Meneghetti assieme a numerosi altri partigiani, a causa del tradimento di un collaboratore infiltrato, certo Marco Santoro, nome di battaglia Leonida.

Uomo di scienza e di ingegno, ma anche di grande fascino intellettuale, Catellani ha anche amato e coltivato la musica e la letteratura. Ottimo conversatore, è stato per anni richiesto come ospite d’onore nei salotti più rinomati della città: lo ritroviamo ad esempio nei registri degli ospiti della casa di Luisa Cittadella, a primi del ‘900 fulcro assieme a Lina Bahy Catellani del Comitato delle Signore di Padova, attivo nell’organizzare eventi e serate culturali, oltre ai festeggiamenti per i 700 anni dell’università di Padova.

Negli anni del regime, ormai vecchio e malato, Catellani è stato però travolto dalle leggi razziali. La stampa dell'epoca è costretta a tacere la notizia del decesso: solo mesi dopo, il 25 giugno 1945, si apprende della sua morte in un breve articolo di un quotidiano locale, dove se ne delinea un commovente ritratto: “La piccola statura pareva allora crescersi e tutta la persona si illuminava di quel sorriso che era quasi sempre di ironia bonaria e che non cedeva a risentimento, se non quando fosse necessaria la fierezza che difende la dignità dell'uomo […]. La bonomia sapeva diventare sdegno, e l'apparente condiscendenza sapeva non dissociarsi da un fermo coraggio”.

Non vi è traccia di cartelle cliniche dell'epoca. Le relazioni di morte sono documenti inaccessibili, essendovi contenuti dati sensibili correlati a persone identificate, e non possono essere nemmeno visionate se non per indagini e atti della magistratura. Del resto dice poco una relazione di morte redatta da un medico, che riporta quello che sembra essere al momento la causa di morte, in altri termini "l'evento finale", che può essere per esempio un arresto cardiaco ma che non chiarisce quello che può realmente essere successo prima. Ancor peggio se collochiamo tale relazione di morte in quel momento storico preciso, alla giornata nera del 7 gennaio 1945, nel palazzetto di Via Marsala occupato dai nazisti.

Studioso insigne, intellettuale raffinato

Ma chi è Enrico Catellani? Nato a Padova il 12 giugno 1856 come Enrico Abram Jechiel Levi Cattelan da Giacomo Levi Cattelan, noto avvocato patavino, e Rachel Carlotta (detta Carolina) Luzzatto, viene educato secondo tradizione e fede israelitica. Come molti giovani ebrei del tempo, a fine ‘800, esce dalla comunità ebraica ancora in giovane età e in seguito effettua già nel 1900 formale variazione del cognome (due anni dopo il suo matrimonio), come risulta dagli archivi anagrafici del Comune di Padova, togliendo il primo cognome Levi e modificando Cattelan in Catellani. Ancor prima del cambio ufficiale del cognome Enrico usa comparire con la nuova forma del nome come autore di libri, saggi e articoli scientifici. Teodoro Rovito lo definisce fecondissimo scrittore di opere riguardanti le sue attività di giurista e docente. Lo stesso Enrico Catellani cura l'edizione di un elenco delle sue opere nel 1914. Poiché queste sono ormai nel pubblico dominio, è possibile accedere liberamente alle sue opere digitalizzate e pubblicate in Phaidra, la piattaforma per la biblioteca digitale del Sistema Bibliotecario di Ateneo (Sba). Nel catalogo del sistema bibliotecario padovano compaiono oltre 100 titoli, mentre il catalogo SBN nazionale indica Enrico Catellani con 239 documenti. Una curiosità riguarda l’equivoco sulla sua data di morte. Ci siamo accorti all’inizio del nostro percorso di ricerca su questo grande giurista che tutti i cataloghi di biblioteca, sia nazionali sia stranieri, riportavano la data di morte errata al 1940, che invece corrisponde alla sua espulsione: quasi un’uscita dalla vita, una chiusura di sipario, come se l’uscita dal mondo professionale corrispondesse aduna specie di morte pubblica.

Il pensiero di Catellani, esperto di diritto coloniale, muove trasversalmente toccando più ambiti della vita umana. Così lo descrive lo storico, giurista e presbitero Anton Maria Bettanini (1884-1964): "Enrico Catellani persegue un grande miraggio: quello di inculcare ai popoli l'idea della pace che trova fondamento sulle norme del diritto internazionale assiso sulle granitiche basi della vera giustizia".

Da ragazzo Enrico è amico di Giorgio Colabich (1835-1897), bibliotecario e sotto-conservatore dei manoscritti nella R. Biblioteca Universitaria di Padova. Questi, a quanto scrive Bettanini, ha un ruolo nell’orientare il giovane Enrico, già appassionato di cultura classica, allo studio del diritto. Molti suoi scritti sono permeati di questa cultura classica di fondo. Studia così Giurisprudenza a Padova, trovando maestri del calibro di Antonio e Giambattista Pertile, Angelo Messedaglia, Francesco Schupfer, Luigi Bellavite e Francesco Bonatelli. Consegue la laurea in Giurisprudenza il 16 dicembre del 1875 con una tesi in diritto amministrativo che reca il titolo, premonitore del suo futuro destino, “Dell’espropriazione forzata per causa di pubblica utilità; i diversi tipi legislativi. Analisi delle principali norme della nostra legge”. Inizia la carriera universitaria come libero docente nell’anno accademico 1883-1884 negli ambiti del diritto internazionale, della diplomazia e della storia del trattati. Titolare per oltre 45 anni della cattedra di Diritto Internazionale della Facoltà di Giurisprudenza, oltre che un grande maestro è anche un grande intellettuale, contribuendo in maniera profonda al prestigio dell'Ateneo patavino negli anni successivi all'Unità d'Italia. Diviene professore straordinario nel 1885, dopo la dipartita di Giambattista Pertile. Dall'Annuario del nostro ateneo del 1931 si legge: "Nominato professore a Padova nel 1885, non volle mai allontanarsene, nonostante le lusinghiere chiamate di altri Atenei".

Laura Picchio Forlati lo ricorda in occasione della Giornata della Memoria del 2021 in un toccante articolo dall’emblematico titolo Un incontro troppo a lungo mancato: Enrico Catellani. In effetti si sta ancora aspettando una cerimonia postuma di riabilitazione dopo la vergognosa radiazione dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, istituzione in cui partecipò a vario titolo per decenni, arrivando a presiederlo tra il 1919 e il 1921.

Presidente dal 1921 al 1923 dell'Accademia Patavina di Scienze Lettere ed Arti, ora Galileiana, cessa di farne parte il 16 ottobre 1938 sempre per effetto del D.L. 5 settembre 1938 “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”: anche qui non è mai stato riabilitato. È inoltre membro dell'Istituto Americano di Diritto Internazionale, della International Law Association, dell'Istituto Coloniale Internazionale e dell'Istituto Coloniale Italiano, tra i primi studiosi di diritto internazionale a occuparsi di problematiche coloniali. È a Washington nel 1929 tra i membri fondatori della Lega delle Nazioni, futura ONU. Nel 1931 riceve la laurea honoris causa dall'università Cambridge e nel 1933 tiene un corso all'Accademia dell'Aja, oltre a collaborare con i Ministeri degli Esteri, di Grazia e Giustizia e degli Interni.

Convinto sostenitore della necessità di un "disarmo degli animi", è costretto a reindirizzare il suo pensiero quando il suo spirito altamente patriottico lo spinge ad impugnare le armi nella guerra 1915-1918 assieme a migliaia di ebrei: Prima di tutto italiani, recita il titolo della mostra organizzata nel marzo del 2015 al Museo Ebraico di Roma. Sono 5.000 su una popolazione totale di 35.000 in Italia, metà dei quali ricoprono il grado di ufficiali: 420 cadono nel conflitto e circa 700 vengono decorati. Nonostante questo servizio reso alla nazione, gran parte dei reduci (le eccezioni furono pochissime) subiranno l’onta della persecuzione.

A 59 anni Catellani partecipa dunque alla Grande Guerra con il grado di tenente colonnello, divenendo nel 1920 prezioso consulente specializzato nelle questioni di diritto bellico al Comando supremo. È testimone delle atrocità della guerra e le tramanda ai posteri in un volume, L’Italia e l’Austria in guerra, pubblicato anche in lingua inglese e francese per consentirne una più ampia diffusione. Per le numerose onorificenze ricevute nel perorare la causa della Patria, viene investito della carica di Senatore del Regno.

Il riemergere della memoria

Raramente menzionato nelle memorie del secolo scorso, il suo nome si perde tra gli elenchi degli uomini che lottano negli anni bui dell'Italia. Integerrimo nei suoi ideali, non si iscrive mai al partito fascista, nemmeno nei momenti più difficili correlati alla vicenda dei nove senatori ebrei nella Camera Alta, che si trovano a far fronte alle pressioni del regime sulla questione razziale alle porte dell’approvazione delle leggi antisemite. Nell’agosto del 1938 il clima si fa insostenibile anche all’interno dell’università patavina e in città. Dal censimento voluto dal Ministro Bottai, risultano appartenenti alla fede ebraica 48 professori dell’Università di Padova, dei quali nove dichiarano di non professare alcuna religione e tre non sono neppure iscritti alla Comunità ebraica. Tra i 48 compare anche Enrico Catellani, il quale è uscito dalla comunità ebraica e si professa protestante unitariano.

Catellani è stato posto in quiescenza nel 1931 ed è annoverato tra i docenti della Facoltà di Giurisprudenza del nostro ateneo come “professore a titolo privato”; fino alla sua espulsione continua a sollecitare gli studi di diritto internazionale mettendo a disposizione, anche successivamente al suo pensionamento, premi per gli studenti per le migliori tesi della materia. Angelo Ventura lo ricorda appena (L'Università dalle leggi razziali alla Resistenza, riedito nel 2014 dalla Padova University Press).  Un buco nero nella storia personale e professionale di Catellani, tanto che nemmeno nel numero speciale de “il Bo” dedicato alla storia dell’Ateneo dal 1935 al 1968, compare mai il nome di Catellani, forse a causa degli errori di trascrizione legati al suo nome.

Va comunque sottolineato che al momento della morte nel gennaio del 1945 l’università, nonostante si fosse in pieno periodo di occupazione e sfidando le autorità fasciste, rende gli onori ai coniugi incaricandosi della spesa per i funerali civili e per la sepoltura nel Cimitero Maggiore. Una minuta del rettore dell'epoca Giuseppe Gola, datata 15 gennaio 1945 e destinata al Ministero dell'Educazione Nazionale, comunica il decesso del professore e informa che, per accordi intervenuti con l'ente per l'amministrazione dei beni ebraici, la sua ricca biblioteca composta da oltre 5000 prestigiosi volumi, posta sotto sequestro, "è stata affidata alla facoltà di Scienze politiche di questa Università". Parte di questa biblioteca, apparentemente scomparsa, è stata successivamente recuperata grazie al lavoro delle biblioteche del Polo Giuridico del Sistema Bibliotecario di Ateneo: una percorso che è anche alla base della mostra virtuale su Catellani. Il recupero è stato possibile in quanto alla confisca del febbraio 1944 – il cui inventario comprende anche oggetti mobili e opere d'arte confiscati da casa Catellani – non fa immediatamente seguito la dispersione del patrimonio librario. Altri beni appartenenti ai coniugi seguono una sorte diversa, cadendo nelle mani dei tedeschi. Colpisce in particolare la vicenda del pianoforte di proprietà di Lina che il maggiore Von Weiss “prende in consegna” nel 1944 assieme a molti spartiti musicali, determinato a portare tutto con sé in un suo imminente trasferimento. Toccanti sono le letture delle liste dei materiali sequestrati alla famiglia. L’unica erede rimasta Clotilde Levi Cattelan tenterà di recuperare, a Liberazione avvenuta, gli oggetti più cari dai soggetti preposti alla custodia attraverso la mediazione dell’Ing. Angelo Limentani, esponente della Comunità ebraica e marito di Clotilde.

La digitalizzazione delle opere di Enrico Catellani è stata l’occasione per riportare all’attenzione di un pubblico più vasto gli scritti di un grande e, per lungo tempo, dimenticato giurista, scrive Mirko Sossai, docente di diritto internazionale presso l’università Roma Tre. Dalle sue opere emerge ancora oggi una profonda sensibilità umana, una fede che va oltre i confini di ciascuna religione per indagare in quei territori del limes laddove l’immortalità dell’uomo nei confronti dell’umanità va oltre la morte fisica. “Sentire che l'uomo, mortale nell'individuo, è immortale nell'umanità – scrive lo stesso Catellani ne I pregi di un difetto, 1907 p. 24; e che una generazione ha l'obbligo di trasmettere aumentato a quelle che la seguiranno il patrimonio trasmessole da quelle che l'hanno preceduta”.

---- SPECIALE GIORNATA DELLA MEMORIA

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