L’Australia è una potenza mondiale nell’economia del carbone ed è il terzo Paese esportatore di combustibili fossili. Il primo ministro Scott Morrison è noto per adottare un approccio “tecnologico” al cambiamento climatico, secondo cui le emissioni vanno sì ridotte, ma modificando il meno possibile i sistemi produttivi e lo stile di vita, e puntando su tecnologie di mitigazione come la cattura dell’anidride carbonica o la geoingegneria.
Prima della Cop26 di Glasgow di novembre 2021, gli impegni climatici dell’Australia erano ritenuti altamente insufficienti. A fine ottobre 2021 per la prima volta l’Australia ha dichiarato di volersi allineare alla decarbonizzazione completa entro il 2050, ma sembrerebbe volerlo fare investendo appunto in soluzioni tecnologiche (che devono ancora dimostrare la loro efficacia) e in poco altro.
Nonostante ciò l’Australia è un Paese particolarmente vulnerabile ad alcuni effetti del riscaldamento globale e del cambiamento climatico, su tutti gli incendi.
Il riscaldamento globale in atto si tradurrà in tutta l’Oceania in un maggior numero di giorni caldi e un minor numero di giorni freddi, ma anche ritiro dei ghiacciai, aumento del livello del mare e acidificazione degli oceani. Più incendi si verificheranno nel sud e nell’est dell’Australia, nel nord e nell’est della Nuova Zelanda. L’intensità delle precipitazioni aumenterà, ma allo stesso tempo saranno di più anche i fenomeni di siccità nel sud e nell’est dell’Australia e nel nord della Nuova Zelanda.
Gli impatti climatici avranno effetti a cascata in tutti i settori socio-economici e sui sistemi naturali. Le interconnessioni tra i vari settori sono complesse e a loro volta genereranno nuovi tipi di rischio, restringendo le opzioni di adattamento. Un esempio sono le conseguenze che hanno subito diversi settori e le relative infrastrutture in seguito agli incendi del 2019-2020 nel sud-est dell’Australia.
Il rapporto redatto dal secondo gruppo di lavoro dell’IPCC Intergovernmental Panel on Climate Change, AR6 WG2), a proposito delle vulnerabilità di sistemi sociali e naturali all’impatto del cambiamento climatico e delle loro capacità di adattamento, ha individuato in particolare 9 rischi fondamentali per l’Oceania.
Gli eventi meteorologici estremi resi più frequenti e più intensi dal cambiamento climatico hanno già causato morti e danni in Oceania: ondate di calore, alluvioni, tempeste, incendi, oltre ad aver impattato sugli ecosistemi, hanno messo in difficoltà infrastrutture, servizi essenziali, produzione di cibo, intere economie nazionali e compromesso posti di lavoro.
Ecosistemi
Uniti ad alcuni punti di vulnerabilità, il cambiamento climatico e gli eventi estremi hanno generato gravi impatti sugli ecosistemi australiani e neozelandesi, alcuni dei quali irreversibili. Un roditore endemico di Bramble Cay (piccola isola corallina) noto come Melomys rubicola è stato dichiarato estinto nel 2016 a causa di perdita dell’habitat dovuta a un aumento del livello del mare e a tempeste che hanno colpito lo stretto di Torres. Si tratterebbe della prima estinzione documentata di una specie di mammifero causata da cambiamenti climatici.
Ampi fenomeni di sbiancamento delle barriere coralline e perdita di ecosistemi marini noti come foreste di laminarie (kelp) sono già stati causati da riscaldamento degli oceani e ondate di calore marine.
Società umana
Allo stesso modo, cambiamento climatico ed eventi estremi hanno impattato su alcune vulnerabilità della società umana. I costi socio-economici pagati a causa della variabilità climatica sono cresciuti. Ondate di calore hanno accresciuto i tassi di mortalità e di molte malattie. La siccità ha causato stress finanziari in tenute agricole e zone rurali. Le alluvioni costiere sono aumentate per via dell’innalzamento del livello del mare e si sono aggiunte ad alte maree e tempeste. Anche il turismo è stato colpito dallo sbiancamento delle barriere coralline, dagli incendi e dal ritiro dei ghiacciai.
Nove rischi fondamentali
1. Perdita e degradazione delle barriere coralline in Australia, dell’associata biodiversità e servizi ecosistemici, dovuta a riscaldamento dell’oceano e delle ondate di calore marine.
2. Perdita della biodiversità alpina in Australia dovuta alla carenza di neve.
3. Transizione o collasso della cosiddetta cenere alpina (Eucalyptus delegatensis), di boschi dell’eucalipto delle nevi (Eucalyptus pauciflora), di cipresso (Athrotaxis cupressoides) e delle foreste di jarrah (Eucalyptus marginata) nell’Australia del sud, a causa di condizioni più aride e più calde e maggiori incendi.
4. Perdita delle foreste di laminarie (kelp) nell’Australia meridionale e nel sud-est della Nuova Zelanda a causa di riscaldamento oceanico, ondate di calore marine e di pascolo eccessivo dovuto a un ampliamento di areale (anch’esso dovuto al clima che cambia) di specie erbivore di pesci e ricci marini.
5. Perdita di sistemi naturali e umani in aree costiere poco elevate per l’innalzamento del livello del mare.
6. Interruzione e declino della produzione agricola e maggior stress delle comunità rurali nel sud-ovest, nel sud e nell’est dell’Australia continentale, a causa di condizioni più calde e più aride.
7. Aumento della mortalità dovuta a calore e della presenza di malattie, sia tra le persone sia tra la fauna selvatica dell’Australia.
8. Impatti a cascata sulle città, sugli insediamenti, sulle infrastrutture, sulle catene di produzione e sui servizi a causa di incendi, alluvioni, siccità, ondate di calore, tempeste e aumento del livello del mare.
9. Incapacità delle istituzioni e dei sistemi di governo di affrontare i rischi climatici.
Figura 1 IPCC AR6 WG2 Fact Sheet Oceania
Ostacoli all’adattamento
Sebbene l’ambizione ad implementare soluzioni di adattamento sia già cresciuta tra governi, organizzazioni non governative, imprese e comunità, il progresso compiuto non è uniforme per via di diverse barriere, tra cui una mancanza di continuità nella direzione politica, obiettivi contrastanti, valori e percezione del rischio divergenti, limiti conoscitivi e informazioni incomplete, timore di contenziosi, mancanza di coinvolgimento, fiducia e risorse.
Per alcuni ecosistemi prossimi a soglie critiche, ulteriore cambiamento climatico potrebbe condurre a danni irreversibili, riducendo al minimo le possibilità di adattamento. Per quanto riguarda i sistemi umani, i limiti all’adattamento includono soglie di temperatura critiche, disponibilità di acqua potabile e l’incapacità di alcune aree costiere basse ad adattarsi.
Opzioni di adattamento
Risposte che sottovalutino l’attuale rischio climatico possono generare maladattamenti e minare la capacità di risposta della società a futuri impatti. Gli strumenti già disponibili consentono di consolidare decisioni che facciano fronte al cambiamento climatico: questi includono la pianificazione (anziché la reazione), il coordinamento dei diversi livelli di governo e settori, accordi istituzionali, leadership governativa, allineamento politico, informazione accessibile a livello nazionale, fondi per l’adattamento.
È fondamentale concentrarsi sul ruolo che le diseguaglianze sociali e la degradazione degli ecosistemi giocano nel generare vulnerabilità. Gli isolani e gli aborigeni dello stretto di Torres e i Maori Tangata Whenua (popolo della terra) possono contribuire a un adattamento efficace grazie alla trasmissione delle loro conoscenze a riguardo di una pianificazione che promuova l’azione collettiva e il supporto reciproco tra regioni.
Il riscaldamento globale previsto a partire dalle attuali politiche di riduzione delle emissioni esporrebbe molte parti dei sistemi naturali e umani dell’Oceania ad alti livelli di rischio, al di là delle loro capacità di adattamento. Ritardi nell’implementazione di soluzioni per la riduzione delle emissioni impediranno uno sviluppo economico sostenibile e resiliente, generando ulteriori impatti e innalzando i costi dell’adattamento. La riduzione dei rischi climatici avrebbe bisogno di una rapida riduzione delle emissioni per tenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C e rapide e solide misure di adattamento.
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