CULTURA

La scienza nascosta nei luoghi di Padova: Palazzo della Ragione

Stupore, meraviglia, a volte addirittura sconcerto. È quello che si prova entrando nella sala grande del Palazzo della Ragione, 2.000 metri quadri sospesi sopra i corridoi a piano terra pieni di negozi di tutti i tipi: formaggi, prosciutti, carni, pesce. Un insieme unico che i padovani negli anni ‘60 del secolo scorso, quelli del miracolo economico, chiamavano con orgoglio “il primo supermercato della storia”.

Su questo edificio che era la sede dei tribunali cittadini, vecchio di otto secoli (li “compie” proprio in questo 2019), i rimaneggiamenti sono stati tanti, ma resta meraviglioso: basta mettersi a spiare la faccia di chi entra per la prima volta per capire i sentimenti che provano i visitatori. La sala è leggermente trapezoidale, arriva agli 80 metri sui due lati più lunghi e ai 27 su quelli corti, coperta da un soffitto-tetto di 27 metri di altezza a forma di carena di nave rovesciata, rifatto come lo vediamo oggi dopo varie vicissitudini: incendi, turbini, lento deperimento dovuto al tempo e cattiva manutenzione.

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L’impianto generale del ciclo pittorico era stato originariamente dipinto da Giotto ma poi disgraziatamente andò perso e si pensa fosse ispirato a Pietro D'Abano: grande medico, filosofo astrologo-astronomo, dedito anche alle pratiche magiche di allora. Per la sua curiosità e ansia di conoscere fu processato più volte dalla Santa Inquisizione e la terza volta morì durante il processo, ma ne fu comunque riesumato il cadavere per bruciarlo. Non erano tempi, quelli, favorevoli al dubbio che da sempre la conoscenza porta dietro a sé.

Già questo – le dimensioni, la volta, il fatto che siamo nella più grande sala sopraelevata esistente al mondo, la presenza di Giotto – basterebbe per meritare una visita attenta, ma ancor più stupore lo genera l’incredibile affresco che si svela una volta entrati: centinaia di riquadri su una superfice dipinta di 2500 metri quadrati e oltre. Un record, almeno europeo. Un racconto per immagini, su tre livelli e senza soluzione di continuità, in cui troviamo elementi che mescolano il sacro e il profano, componenti fondamentali, nei secoli fra il 1300 e il 1500, della concezione del Cosmo.

Impossibile separare la scienza del tempo dalla religione e dalla superstizione, ma non è da biasimare

Il Salone è infatti il regno dell’astrologia-astronomia, quella disciplina che studiava il cielo visibile a occhio nudo, i suoi ritmi e i suoi fenomeni, cercando di inserirli in un unico razionale e divino disegno: il sorgere e tramontare del Sole nelle varie stagioni, il mutevole ciclo della Luna, il percorso dei pianeti nella volta celeste, le stelle “fisse” che comunque si vedevano girare attorno alla Terra. Il resto, quello che turbava quest’ordine, creava scompiglio e paura: eclissi, comete, meteore.  Era il cielo che impauriva i nostri progenitori, che ci vedevano presagi, castighi, premi, premonizioni: era insomma lo specchio della vita fragile, breve, insicura del tempo. Per questo per secoli lo avevano riempito di dèi, enigmi e misteri.

Ora possiamo capire meglio come mai troviamo nei 333 magnifici riquadri anche apostoli, santi e pianeti, a volte difficili da distinguere nelle loro rappresentazioni. In un mondo in cui il cielo era tanto presente nella vita degli uomini, al contempo come incontro ineludibile e come strumento –calendario, orologio, bussola – quella specie di gigantesca biblia pauperum laica all’interno del Palazzo della Ragione svolge come filo conduttore lo scorrere del tempo, uno dei grandi temi dibattuti in quei secoli, certamente caro a Pietro d’Abano.

Quando entriamo dalla parte della Piazza delle Erbe ci troviamo davanti il Sagittario, metà cavallo e metà ominide, che scocca dall’arco la sua freccia. E poco distante, stretto fra due apostoli o santi, riconoscibili dall’aureola, ecco Giove, il pianeta di questo segno, coi grandi raggi che stanno alle sue spalle, quasi un Papa e tremendamente simile al Sole della Chiesa degli Eremitani. Lo stesso Giove di cui si riconosceva il moto apparente nella volta celeste diventa un dio tremendo per le sue vendette e al tempo stesso, oltre che al giorno della settimana che porta il suo nome, sovrintende anche al benessere e alle caratteristiche dei nati sotto il segno del Sagittario, all’epoca della pittura spostato di 13 giorni rispetto ad oggi.

Da lì, andando verso il mese di dicembre, incontriamo il Capricorno, e la raffigurazione di un macellaio che squarta il povero maiale appeso, pratica contadina che ha luogo di norma nello stesso periodo. E via così per tutti gli altri segni in sequenza, in un gioco che rapisce l’immaginazione e ci dà una lettura su più livelli del cielo: dalle sue ripercussioni nella quotidianità agricola alla conoscenza delle costellazioni o dei fenomeni astronomici, fino alla sua interpretazione più spirituale, con le raffigurazioni di figure sacre da sempre collocate “nei cieli”.

Ed è così che in corrispondenza dell’Ariete troviamo il bellicoso Marte e la raffigurazione delle varie inclinazioni di chi nasce sotto il segno, compreso un ammonimento che potremmo riportare ai giorni nostri: un cavaliere investe un uomo, probabilmente un monito alla presunta irruenza di questo segno. E se provassimo a trasferire questa riflessione sulle strade odierne, sostituendo il nobile animale con una più prosaica automobile?

Impossibile separare la scienza del tempo dalla religione e dalla superstizione, ma non è da biasimare. Ricordiamo invece come l’osservazione e lo studio di fenomeni celesti era alla base di tutto questo, come indusse la costruzione di strumenti sempre più perfezionati, astrolabi, strumenti per misurare le coordinate apparenti, studi di matematica e geometria per rappresentare la volta celeste. Solo calandoci in quegli antichi panni possiamo pensare di districare la complessa visione del mondo che quegli affreschi ci raccontano.  

Anche la fascia inferiore del Salone, più vicina al pavimento, contribuisce a destare stupore: vi troviamo rappresentati grandi animali veri o di fantasia, dal drago all’aquila, dal porco all’unicorno, al cervo. In una società dove i più non sapevano né leggere né scrivere, i grandi animali consentivano di identificare velocemente il tribunale di riferimento, svolgendo un ruolo funzionale oltre che artistico: lì infatti sedevano i giudici per i processi, legati soprattutto alle frodi in commercio. E non è un caso che proprio alla base dell’edificio, nell’angolo del Volto della Corda che si affaccia sulla Piazza dei Frutti, troviamo la pietra di riferimento per i commerci, con le unità di misura: forme scolpite nella parete dell’edificio da usarsi per misurare la quantità di prodotti venduti ed evitare imbrogli. Siamo ancora lontani dalla unificazione delle misure imposta da Napoleone, ma il lungo cammino del confronto fra campioni, essenziale per lo studio della Natura, passa anche dai nostri mercati del ‘300, pulsanti di vita e teatro di continue piccole truffe commerciali.

Un grande privilegio per Padova ospitare questa meraviglia.      

Grazie a Federica Millozzi, Museo Civico di Padova, per i dati forniti

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  1. Il Liston
  2. Palazzo Bo
  3. Il teatro anatomico
  4. La Basilica di Palazzo Bo
  5. Le piazze del mercato e la scienza delle misure
  6. La Cappella degli Scrovegni
  7. L'orologio di Piazza dei Signori
  8. La Torre di Palazzo Bo
  9. La Specola
  10. Le mura
  11. L’Ospedale di San Francesco Grande
  12. La casa di Galileo
  13. L'Accademia galileiana
  14. L'Ospedale Giustinianeo
  15. L'Orto botanico
  16. Il Giardino della biodiversità
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  18. L'Orto agrario
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