CULTURA

La scienza nascosta nei luoghi di Padova: la fisica di via Marzolo

Una scalinata al numero 8 di via Francesco Marzolo, conduce al suo ingresso e alzando lo sguardo salta subito agli occhi, scritto lassù a grandi lettere, il nome del grande scienziato Galileo Galilei: è il dipartimento di Fisica e Astronomia (DFA), sede della fisica padovana. Dentro quelle mura sono custodite storie di scienza, di uomini e di donne che hanno contribuito al progresso della fisica italiana e internazionale e hanno vissuto alcune delle vicende storiche che hanno segnato l’Italia del ‘900.

Nasce lì, nel 1937, come Istituto di Fisica per poi prendere il nome di “dipartimento di Fisica” e unirsi, nel 2012, al dipartimento di Astronomia. La combinazione di enti, ambiti di ricerca, strumentazione e competenze differenti sono le caratteristiche che negli anni hanno portato il dipartimento ad essere centro di eccellenza per la ricerca, la didattica e la divulgazione in ambito fisico e astronomico.

Sono infatti attive strette collaborazioni tra il dipartimento e la Sezione di Padova dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), i Laboratori Nazionali di Legnaro, l'unità di Padova del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze Fisiche della Materia (CNISM), il Dipartimento di Scienze Fisiche e Tecnologie della Materia del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e l’Osservatorio Astronomico di Padova dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (OAPD-INAF). Il dipartimento conta anche il Museo di Storia della Fisica che, grazie alle sue collezioni, offre un panorama della storia della fisica su scala internazionale e non solo padovana. Oltre a questo, il DFA gestisce l’Osservatorio Astrofisico di Asiago dell'Università di Padova. Infine l’ex-dipartimento di Astronomia ha fatto parte, fin dall’inizio dell’attuale Centro di Ateneo di Studi e Attività Spaziali “Giuseppe Colombo” dell’Università di Padova.

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A Padova è dal 1300 che si insegna astronomia. Pietro d’Abano con i suoi insegnamenti dal 1306, Johannes Müller (detto “Regiomontano” dal suo luogo di nascita Königsberg - Regiomontum) nel 1500, o ancora, sempre nel 1500, il matematico Giuseppe Moletti fino a Galileo Galilei nel '600. 
L’edificio a cui ci riferiamo oggi quando parliamo dell’ex-dipartimento di Astronomia, non è in via Marzolo: è quell’edificio lungo e stretto a nord della Specola, costruito nel 1800 come fabbrica fluviale a ridosso delle mura carraresi che difatti ne costituiscono tutta la lunga parete posteriore (come riportato in un articolo del 2000 scritto da Graziano Chiodini). Oggi, nonostante l’unione dei due ex-dipartimenti di fisica e astronomia, la sede dell’astronomia dell’Università di Padova resta l’edificio in fianco alla Specola.
Per quanto riguarda la fisica, invece, prima dell’edificio di via Marzolo, gli insegnamenti di questa disciplina si tenevano a Palazzo Bo dai tempi di Giovanni Poleni.  
Per la nuova sede bisognerà aspettare l’arrivo del fisico italiano, di famiglia ebraica, Bruno Benedetto Rossi, noto ai più semplicemente come Bruno Rossi, all’inizio degli anni ’30.
Rossi si trasferì a Padova nel 1932 per ricoprire la cattedra di fisica sperimentale. In quegli anni la fisica era nel pieno degli studi sui raggi cosmici e agli albori della fisica delle particelle. Tra gli anni ’20 e gli anni ’50, infatti, grazie a importanti lavori teorici e sperimentali, la fisica delle particelle raggiunse la maturità (il contributo italiano alla fisica delle particelle di quel periodo è descritto nel dettagli nell’articolo The Italian contributions to cosmic-ray physics from Bruno Rossi to the G-Stack. A new window into the inexhaustible wealth of nature di Giulio Peruzzi e Sofia Talas, pubblicato nel 2007 nella Rivista del nuovo cimento). E Rossi nei primi anni ’30 aveva già contribuito a proporre teorie sulla controversa natura dei raggi cosmici, anche se presto non gli fu possibile dedicare tutto il suo tempo alla ricerca: si occupò della progettazione e supervisione della costruzione del nuovo Istituto di Fisica. Il progetto del nuovo istituto è descritto dallo stesso Rossi in una nota pubblicata su La ricerca scientifica nel 1937. 

[…] lo scrivente è stato chiamato, fin dall’inizio, a collaborare con i progettisti ed i tecnici ad uno studio organico del fabbricato e degli impianti, che si volevano rispondenti alle numerose e specialissime esigenze di un moderno laboratorio di fisic Bruno Rossi, Nuovo Istituto di Fisica della R. Università di Padova, La ricerca scientifica, 1937

Così nacque l’edificio a noi oggi noto, con pianta a forma di pettine a tre bracci, di cui uno, quello occidentale, dedicato al reparto scientifico; una parte del corpo centrale e il braccio orientale dedicati al reparto didattico e infine il braccio centrale dedicato ai servizi tecnici. Tutto sviluppato su tre piani, su una superficie di 2200 metri quadrati e con una torre alta 29 metri. 

Nel progetto di Rossi c’erano poi tutta una serie di accorgimenti sui voltaggi necessari ai laboratori, le batterie, gli accumulatori... Ma vi erano anche altri accorgimenti riguardanti il colore dei muri delle aule per le esercitazioni degli studenti o le lezioni. Rossi aveva pensato a tutto, anche ai locali per l’officina meccanica situati al pian terreno. Nel nuovo Istituto c’erano laboratori “generici” e laboratori “speciali”, camere oscure, aule, sale per le esercitazioni, i locali per la direzione e l’amministrazione, la biblioteca e anche i locali per l’abitazione del custode. 

L’inaugurazione del nuovo Istituto di Fisica nel 1937, insieme all’ingresso nella vita di Rossi, nel 1938, della moglie Nora Lombroso, portarono sollievo nelle preoccupazioni che, con l'avanzare degli anni '30, caratterizzarono la vita dei due coniugi. 

Nel giro di pochi anni in Italia furono attuate le politiche antisemite, provvedimenti che colpirono anche i settori dell’istruzione e della ricerca a tutti i livelli e in tutti gli ambiti. E il dipartimento di fisica, insieme a Bruno Rossi, sono custodi e memoria storica proprio di quelle difficoltà.

La pace e la serenità per i coniugi Rossi, infatti, durarono poco: nel settembre del 1938 Rossi fu allontanato dall’Università di Padova con una triste dipartita che lui mai dimenticherà. 

[…] ai primi di settembre appresi che, per effetto di questi decreti, non ero più un cittadino del mio paese e che, in Italia, la mia attività di insegnante e di scienziato era terminata "Momenti nella vita di uno scienziato", autobiografia di Bruno Rossi, Zanichelli 1987

Ci fu solo il portiere Mario Calore a salutare, in lacrime, il grande scienziato: “Professore, non lasci: perché? Perché? Non è giusto, non è giusto”. Un saluto definito da Nora come “il più dolce saluto ricevuto dal popolo del nostro paese natio” (da un articolo di Luisa Bonolis pubblicato sulla rivista Sapere nel 2010).
Nel dopoguerra fu Antonio Rostagni a far ripartire la ricerca nel campo della fisica a Padova. Insieme ad altri fisici come Nicolò Dallaporta e successivamente Michelangelo Merlin, tornato dai campi di prigionia tedeschi, e poi ancora Massimilla (per gli amici “Milla”) Baldo Ceolin e molti altri, la fisica padovana conobbe una rinascita. Nel 1951, poi, nasce anche l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Rossi tornò a Padova solo nel 1987 ma non volle mettere piede nel “suo” Istituto. 
E oggi, lì in via Marzolo 8, dentro le mura dell’edificio che porta il nome di Galileo Galilei, sono conservate tutte queste storie ricordate anche dall’aula dedicata a Rostagni, la sala riunioni dedicata a Milla e la biblioteca che porta il nome di Bruno Rossi.
 

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  1. Il Liston
  2. Palazzo Bo
  3. Il teatro anatomico
  4. La Basilica di Palazzo Bo
  5. Le piazze del mercato e la scienza delle misure
  6. La Cappella degli Scrovegni
  7. L'orologio di Piazza dei Signori
  8. La Torre di Palazzo Bo
  9. La Specola
  10. Le mura
  11. L’Ospedale di San Francesco Grande
  12. La casa di Galileo
  13. L'Accademia galileiana
  14. L'Ospedale Giustinianeo
  15. L'Orto botanico
  16. Il Giardino della biodiversità
  17. La fisica di via Marzolo
  18. L'Orto agrario
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