CULTURA
La scienza nascosta nei luoghi di Padova: gli Scrovegni e la cometa di Natale
Foto: Archivio fotografico del Comune di Padova
La Cappella degli Scrovegni di Padova è uno scrigno pieno di bellezza assoluta, sospeso nel tempo e custode da oltre 700 anni del capolavoro di Giotto, un ciclo di affreschi – fra i più belli ancora esistenti – che narra le storie dell’Antico e del Nuovo Testamento in 38 riquadri, disposti in tre fasce. È la storia della salvezza, a partire da Gioacchino e Maria fino al Giudizio Universale.
Nella Cappella si cela però anche un piccolo enigma natalizio che si è cercato di svelare in tempi recenti.
Forse non tutti notano, appena entrati, in un riquadro in alto la Natività di Nostro Signore, sopraffatti dal meraviglioso cielo blu pieno di stelle sulla volta o dal tremendo e severo Giudizio Universale. La dolcissima rappresentazione invece se ne sta lì come una piccola e perfetta oasi di pace e amore, con il Bambino in braccio alla Vergine Madre e il più vecchio dei Magi che può rendere finalmente omaggio al Signore del creato, chiamato alla capanna tramite la “stella”.
Ed è proprio questa “stella” a presentare l’enigma, perché sopra la raffigurazione della Natività c'è una palla rossa che si trascina dietro una striscia conica dello stesso colore che termina sfumando in nero. È sotto gli occhi di tutti, da secoli, ma solo nel 1979 la studiosa americana di arte Roberta Olson ha avanzato l'ipotesi che si tratti di una cometa, e non di una qualunque ma della cometa di Halley. Probabilmente Giotto la vide con i propri occhi dato che passò nei cieli nel 1301, poco prima che lui iniziasse a dipingere la Cappella degli Scrovegni.
L’ipotesi è suggestiva anche perché la Halley è una cometa importante storicamente: il grande astronomo inglese che le diede il nome, scoprendola nel 1758, capì per primo che alcune comete orbitano intorno al Sole catturate dalla sua gravità e ritornano quindi a farsi vedere da noi umani periodicamente. Proprio la cometa di Halley si vide deboluccia nel 1986 e tornerà nel 2061, dopo 75 anni, più o meno il tempo di una buona vita umana.
Rimane però qualche perplessità: se Giotto scelse la rappresentazione naturalistica della cometa, il colore rosso non sembra il migliore per la Halley, che viene descritta come bianca nelle antiche cronache cinesi. Inoltre, sembra che un’altra cometa passò nello stesso anno e occorre aggiungere che le code di questi astri, osservati a occhio nudo negli ultimi 100 anni, proprio non assomigliano alla cometa dipinta da Giotto.
Ma torniamo ai meravigliosi affreschi degli Scrovegni, fiore all’occhiello del progetto “Urbs Picta” con cui il Comune di Padova porta avanti la candidatura per entrare nel Patrimonio dell’Umanità Unesco. La cometa dipinta qui da Giotto è solo uno dei tanti “segni del cielo” che tappezzano Padova e risalgono soprattutto al Trecento, il secolo d’oro della città. Certo il cielo degli Scrovegni è meraviglioso e si stende come un mare di azzurro teso a testimoniare l’opulenza del committente, ma tutta Padova è piena di rappresentazioni celesti. Affreschi, stemmi, orologi che ci riportano a un’epoca in cui il cielo non solo si vedeva normalmente ma si usava come bussola, orologio, calendario, agenda per i lavori: era, insomma, un compagno di viaggio durante la vita terrena, quasi un amico a cui rivolgersi e con cui confidarsi silenziosamente. Nel cielo abbiamo messo da sempre i presagi, i castighi, gli dei, il nostro Dio e le speranze di salvezza dai pericoli della nostra vita fragile e insicura.
Quella palla di fuoco dipinta da Giotto sopra la capanna di Betlemme ci pone, quindi, vari problemi di interpretazione, tra cui il fatto che la presunta cometa rappresenta il cielo del caos e non quello “ordinato”, aristotelico e grato alla Chiesa. Una specie di licenza che fu concessa a Giotto o nessuno sollevò il problema? In fondo, andava contro la teologia di quel tempo e non era cosa trascurabile, nonostante Giotto fosse un pittore affermato, lo Scrovegni uomo ricco e i frati degli Eremitani, cui la cappella era di fatto annessa, potenti e rispettati.
“ La raffigurazione della cometa di Natale nasce a Padova, è un'intuizione di Giotto
Difficile da dire. Certo è che nessuno mai fino ad allora aveva parlato di comete sulla capanna di Betlemme, tranne Matteo che cita la “stella” nel suo Vangelo (12.1-12.16) e parecchi vangeli apocrifi, scartati dalla dottrina ufficiale, in cui si parla di “stelle brillanti”.
Fin dalla prima rappresentazione, nelle Catacombe di Priscilla a Roma, quello che si vede è una piccola stellina che spesso, nel corso del tempo, è raffigurata anche con i raggi che scendono a stretto cono verso la capanna o sul bambino.
La raffigurazione della cometa però è solo padovana e la stella ha forme stilizzate anche in altre opere riferibili a Giotto, come la Basilica inferiore di Assisi e l’Adorazione dei Magi oggi al Metropolitan Museum di New York. Qualcuno, infine, vede lo zampino del grande Pietro d’Abano, che avrebbe potuto convincere il pittore ad eseguire questa rappresentazione unica.
Ma Giotto e Halley ci hanno fatto, molto più recentemente, un altro grandissimo regalo. Stiamo parlando della sonda Giotto dell'ESA-Agenzia spaziale europea che nel 1985 è andata a intercettare la cometa di Halley nel suo passaggio. La camera fotografica montata sulla sonda era molto padovana, progettata e seguita da scienziati e tecnici della nostra università e dell'osservatorio astronomico, e ci ha fornito una foto del nucleo della cometa. Una foto di certo brutta e sfocata ma epocale, in cui per la prima volta nella storia dell'umanità abbiamo visto come è veramente fatto il nucleo di una cometa: un grande sasso, un agglomerato di polvere e ghiacci di acqua e altre sostanze, che quando arriva vicino al Sole emette per il calore e per l'azione del vento solare vapori e polvere; sono proprio questi a formare la coda, elemento caratterizzante di questi corpi celesti.
Ed è così che per centinaia di anni ci si è chiesti come era fatta una cometa e ora, grazie a Giotto e Halley, lo sappiamo.
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