CULTURA

La Duse della pedagogia e il metodo del cuore

Feltre dista quattro chilometri dalla frazione di Vellai, e la giovane li percorre a piedi, ogni giorno, per raggiungere la scuola dove ha iniziato a insegnare. Deve raggiungere i suoi 140 alunni, in una“stamberga malsana, senza luce e senza aria”, come la descrive lei stessa. Ida Pilotto Sottini, educatrice capace di far breccia nel cuore e nella mente dei suoi alunni, con passione, intelligenza e dedizione, è la riprova che una maestra di umili origini e con pochi mezzi, attraverso il suo ingegno e la sua sensibilità, può fare fronte alla povertà dei materiali, alla miseria dei locali, tramutando il giardino d’infanzia in un luogo festoso e felice per i suoi bimbi.

Nata il 5 gennaio 1858 a Feltre, trascorre un’infanzia e un’adolescenza serene, in una famiglia da cui ha avuto in dote una rara propensione artistica. Ida riuscirà poi a mettere a frutto nell’insegnamento quel talento per la scena e per la musica condiviso anche dai fratelli Libero (poi commediografo) e Vittorio (musicista). Diplomata a pieni voti, nel 1877 ottiene l’abilitazione che le permette, l’anno successivo, di insegnare nella scuola elementare mista di Vellai. Nove ore al giorno con i bambini, cui vanno aggiunte le due ore di corsi serali riservati agli adulti, i “montagnardi” come lei stessa li definisce. In questa scuola rurale Pilotto rimane con entusiasmo e soddisfazione per due anni.

Dopo aver conseguito la patente nel metodo froebeliano, nel 1882 si trasferisce a Verona: nella città scaligera Ida fa lezione in un “povero, misero giardino” che lei stessa identifica come luogo fondante della sua vita. Si tratta del giardino d’infanzia della Lega d’Insegnamento, che nel 1869 si era conteso con Venezia il primato in Italia. La maestra, dotata di un’eccezionale creatività, si ingegna continuamente per abbellire le aule spoglie con giochi e materiali didattici acquistati, recuperati o appositamente ideati. Anche a Verona rimane due anni, durante i quali inizia a esplorare la natura dei più piccoli e a concepire un programma educativo che ne coinvolga il corpo, la mente e il cuore. Ida infatti non sposa totalmente il metodo froebeliano, che trova “poco confacente alla natura del bambino italiano”, ma utilizza in modo personale i “doni” (strumenti educativi inventati da Froebel) e li integra con altri oggetti che per affinità li richiamano. L’obiettivo è creare maggiori opportunità di fare esperienza, memorizzare e sviluppare i sensi, pur sempre in modo divertente e creativo, per non stancare i bambini. Ampio spazio viene dato al gioco, da lei inteso come attività espressiva libera, spontanea, in cui far correre la fantasia, e non secondo i dettami dell’insegnante. Come per le altre maestre del tempo, il ruolo dell’educatrice è considerato fondamentale, perché deve saper guidare l’osservazione e l’azione del bambino seguendo la sua natura e senza forzature. In questo approccio la figura dell’educatrice viene assimilata a quella della madre, e il percorso educativo segue la “via del cuore”, cioè degli affetti. Nel 1884 la fama di Ida Pilotto raggiunge Padova, dove dieci anni prima Stefania Omboni con Lucrezia Cicogna Vanzetti e altre donne aveva aperto un giardino d’infanzia.

Intervista alla professoressa Donatella Lombello, studiosa di letteratura per l'infanzia, registrata all'interno del Museo dell'Educazione, Padova - Riprese e montaggio di Elisa Speronello

Pilotto diventa direttrice del giardino d’infanzia agli Eremitani, con i suoi 200 piccoli allievi, e lo rimane fino al 1887, quando i locali vengono donati all’Istituto Rachitici. Ida assume quindi la guida di quest’ultimo e si prende cura dei 40 “poveri martiri accolti dalla filantropia di alcune dame e di alcuni cavalieri”. Sono ragazzi che, sofferenti per mancanza di cibo, affetti da scoliosi, anemia e rachitismo, vengono tolti dalle loro abitazioni malsane e accolti, puliti e ricostituiti. Questo segna un momento fondamentale nella carriera di Ida, nonostante duri solo un anno: le permette infatti di avvicinarsi, per la prima volta, alla psicologia del bambino meno dotato, maturando un approccio più rigoroso e scientifico.

Nel 1890 vince il concorso di maestra direttrice del giardino comunale “Lucrezia degli Obizzi”, dove rimane per otto lunghi anni. Qui la sua popolarità aumenta e le procura le invidie di colleghe e insegnanti. Ida ne è ferita, ma non permette alle malelingue di fermarla. Al lavoro di educatrice infantile Pilotto aggiunge presto incarichi come ispettrice degli asili di Padova e provincia, come docente in corsi pratici nelle scuole normali di altre città italiane e come relatrice in conferenze pedagogiche. Proprio in una di queste, a Vicenza, il poeta Antonio Fogazzaro conia per lei l’epiteto di “Duse dell’educazione”.

Nel 1891 ottiene il diploma di grado unico per la mostra didattica che le permette di partecipare all’Esposizione internazionale dei giocattoli di Milano. In questa occasione Pilotto presenta una collezione inedita di oggetti che avevano l’obiettivo di sviluppare i cinque sensi. Si tratta principalmente di tavole in cui sono disegnati alcuni strumenti educativi; solo uno di questi, quello per la fusione dei colori, è stato realizzato, e l’unico esemplare prodotto è oggi conservato al Museo dell’Educazione di Padova. 

La sua attività prosegue instancabilmente: il 20 agosto 1895, insieme alla collega padovana Fanny Faifofer, tiene un corso di educazione infantile a cui sono iscritte numerose maestre di Padova e del Veneto, tra le quali alcune suore degli asili d’infanzia. Per la sua incessante attività educativa le vengono consegnati premi, onorificenze e promozioni. Il ministero le conferisce la medaglia d’argento dei benemeriti dell’educazione e dell’istruzione popolare nel 1895, e l’anno successivo, vincendo il concorso di maestra direttrice dei giardini infantili annessi alle scuole normali del regno, prende ruolo presso il giardino della Scuola normale femminile “Erminia Fuà Fusinato” di Padova, dove rimane fino al pensionamento. Nel 1899 ottiene anche il diploma superiore di abilitazione all’insegnamento del lavoro manuale, e sarà infatti in diverse città italiane con questo ruolo. Nel 1903, all’età di 45 anni, sposa il professor Giuseppe Sottini, ispettore scolastico, vedovo e con una figlia dal precedente matrimonio. I due non avranno mai bambini insieme, nonostante li desiderino. Nel 1915 Ida viene nominata direttrice del ricreatorio comunale di Padova per i figli dei richiamati.

Nemmeno durante la Grande guerra rimane a guardare: entra nel Comitato di Preparazione civile, diventa l’addetta all’Ufficio notizie e va ogni giorno a visitare i feriti e i convalescenti dell’Ospedale Orfanotrofio di Santa Croce, organizzando anche concerti e spettacoli insieme ai suoi allievi per dare loro conforto. Le viene quindi assegnata un’altra medaglia, questa volta come benemerita di guerra. Nel 1928 infine, dopo 50 anni di carriera, il ministero la decora con il diploma di benemerenza di prima classe e una medaglia d’oro per l’educazione infantile. Una volta lasciate le aule, Pilotto Sottini continua a scrivere su giornali e riviste di pedagogia, e a tenere conferenze in varie città. Nel 1941, ormai più che ottuagenaria, la morte la coglie nel sonno. La salma viene portata a Feltre, nella cappella di famiglia, dove si trova tuttora.

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